di Michele Brambilla
Nella solennità dell’Epifania la Chiesa celebra la manifestazione (questo significa il termine greco ephifaneia) di Cristo come Messia di tutte le genti, rappresentate dai Magi, sacerdoti persiani della religione di Zoroastro (vissuto in persia tra i secoli IX e VIII a.C.), i quali seppero comprendere i segni che annunciavano la venuta di Gesù e si spinsero fino a Betlemme per onorare il re dei re. Proprio per questo l’Epifania rappresenta la Giornata missionaria dei bambini e si carica inevitabilmente di un’attenzione speciale nei confronti delle comunità cristiane straniere presenti in Italia. Per alcune di esse, che seguono il calendario giuliano, il 6 gennaio è addirittura la vigilia di Natale, come ricorda Papa Francesco alla recita dell’Angelus dell’Epifania: «Alcune Chiese orientali, cattoliche e ortodosse, che seguono il calendario Giuliano, celebreranno domani il Santo Natale. Ad esse rivolgo il mio augurio cordiale e fraterno nel segno della comunione tra tutti noi cristiani, che riconosciamo Gesù come Signore e Salvatore».
Il Mistero celebrato da Occidente ad Oriente rimane, infatti, la Seconda Persona della SS. Trinità che si fa uomo per diventare luce sul cammino di ognuno di noi. «Nei testi profetici questa luce è promessa: si promette la luce. Isaia, infatti, si rivolge a Gerusalemme con queste parole: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1). L’invito del profeta – ad alzarsi perché viene la luce – appare sorprendente, perché si colloca all’indomani del duro esilio e delle numerose vessazioni che il popolo aveva sperimentato» a Babilonia. Tuttavia, «questo invito, oggi, risuona anche per noi che abbiamo celebrato il Natale di Gesù e ci incoraggia a lasciarci raggiungere dalla luce di Betlemme. Anche noi veniamo invitati a non fermarci ai segni esteriori dell’avvenimento, ma a ripartire da esso e percorrere in novità di vita il nostro cammino di uomini e di credenti».
Il messaggio di Cristo, sottolinea con vigore il Papa, è fuoco che “scuote” e non lascia inalterate le cose al proprio passaggio. «L’evangelista Matteo mostra diversi modi con cui si può incontrare Cristo e reagire alla sua presenza. Per esempio, Erode e gli scribi di Gerusalemme hanno un cuore duro, che si ostina e rifiuta la visita di quel Bambino. È una possibilità» tragica quella di «chiudersi alla luce. Essi rappresentano quanti, anche ai nostri giorni, hanno paura della venuta di Gesù e chiudono il cuore ai fratelli e alle sorelle che hanno bisogno di aiuto». Cristo, infatti, continua a venire a noi proprio sotto le spoglie del fratello in umanità e l’amore dimostrato verso i bisognosi continua ad essere un metro determinante nel giudizio di Dio.
E’ dopo aver detto questo che il Santo Padre vuole esprimere il suo parere sulla delicata vicenda delle navi messe in mare dalle due ong “Sea Eye” e “Sea Watch”, che vagano da giorni nel Mediterraneo nell’attesa di far scendere sul suolo dell’Europa il loro carico di immigrati africani. Contrariamente a quanto qualcuno già temeva e qualche altro auspicava, l’appello del Papa non si indirizza verso l’Italia, ma si rivolge «[…] ai Leader europei perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone».