di Marco Invernizzi
Non conosco lo scrittore Antonio Scurati, che da settembre ha cominciato a
collaborare con il Corriere della Sera. Cercherò di leggerne il romanzo più recente, su Benito Mussolini. Ma il suo articolo sul suicidio demografico comparso sul “CorSera” del 15
ottobre merita di essere
“ritagliato”, come si faceva una volta, oppure salvato e conservato sul computer,
come si fa oggi.
Scurati ha 50 anni e l’articolo è un’analisi impietosa del fallimento della sua
generazione, quella che aveva vent’anni quando veniva abbattuto il Muro di
Berlino e che è la principale imputata per il tracollo demografico in corso. Le
cause sono diverse e lo scrittore ne elenca le principali, fra cui
l’infertilità maschile, la diminuzione del numero di donne in età fertile e il
mancato sostegno politico ed economico alla famiglia. Tuttavia Scurati invita i
coetanei a non crearsi alibi e a riconoscere che la colpa della sua generazione
ha ragioni culturali, addirittura parlando della necessità di una “rinascita
spirituale” che inverta la rotta.
Non intendo riassumere l’articolo perché merita davvero di essere letto, e riletto, soprattutto perché è stato pubblicato sul principale quotidiano italiano, il cui direttore, Luciano Fontana, il giorno precedente aveva anticipato conclusioni analoghe rispondendo a una lettera di un lettore. Leggetelo tutto, dunque, mentre qui provo una riflessione.
Che il tema venga affrontato dal Corriere della Sera è importante, ma ancora più lo è l’indicazione della vera causa del suicidio demografico in atto, quella di natura culturale. Molti parlano oramai del problema demografico, perché i numeri sono drammaticamente sotto gli occhi di chi vuole vederli, ma pochi arrivano al nocciolo della questione. Farlo significherebbe mettere in questione il proprio modo di vivere e soprattutto il modo di pensare la propria vita. Persino il Forum delle associazioni familiari, nel suo encomiabile sforzo per rilanciare la natalità, non riesce a mettere al centro del tema la questione culturale, concentrando la propria azione sulla necessità di aiutare economicamente la famiglia, per esempio con l’assegno unico per ogni figlio, che sarebbe certamente un ottimo provvedimento, ma che mette in secondo piano il tema antropologico. Infatti, se non si comincia a riflettere su chi sia l’uomo e su quale ne sia il fine, difficilmente usciremo dalla situazione in cui ci troviamo.
Certo, la cultura non s’impone né si diffonde con iniziative legislative. Tuttavia, se i media, l’editoria, la scuola e l’università mettessero a fuoco il tema forse si potrebbe invertire la rotta. Scurati lo ha fatto, e gliene siamo grati. Parlando di rinascita spirituale ha addirittura indicato, non so se consapevolmente, la strada della conversione come quella determinante per una rinascita del nostro Paese, che nella classifica per nascite in Europa è all’ultimo posto.
Anche le conversioni spirituali non si possono organizzare a tavolino. Ma si possono favorire, creando un clima che metta la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna al centro della vita pubblica e delle attenzioni legislative, dando a essa almeno lo stesso rilievo che viene tributato alla cosiddetta questione omosessuale.
La generazione di cui scrive Scurati ha sbagliato perché ha avuto cattivi maestri, come ricorda lo scrittore stesso, citando un suo collega statunitense, David Leavitt: «Era sempre sabato sera e stavamo sempre andando a una festa». In questo modo quei cinquantenni non sono andati da nessuna parte e nemmeno hanno fatto figli. Né chi è venuto dopo ha fatto o sta facendo meglio.
Ma ancora peggio sarebbe disperare. Alleanza Cattolica ha cercato di mettere la questione demografica al centro dell’impegno dei leader politici prima delle ultime elezioni politiche nazionali, nel 2018, invitandoli a parlarne in un convegno a Roma. Nei mesi successivi non è successo molto, e tuttavia il tema non è stato definitivamente accantonato. Cerchiamo quindi di tenerlo vivo, ciascuno secondo le proprie possibilità. Il nostro contributo oggi è questo, nella speranza che qualcuno cominci a riflettere e a cambiare stile di vita. Non solo per salvare i pinguini, ma per dare una speranza di futuro alla nostra patria.
Venerdì, 18 ottobre 2019