di Stefano Chiappalone
In attesa di un treno, che ovviamente è in ritardo, volo con la mente alla poetica stazione ferroviaria di Brescello, immortalata nella celebre trasposizione cinematografica dei romanzi di Giovannino Guareschi (1908-1968). Chi è nato, come il sottoscritto, negli anni 1980 ha avuto la fortuna di essere forse l’ultima generazione ad avere visto ancora qualche frammento di quei «mondi piccoli» di tutta Italia, incluse le stazioncine vissute e curate dal capostazione che, dopo avere alzato o abbassato le sbarre con la manovella – uno spettacolo che da bambino godevo più volte al giorno, abitando di fronte alla stazione –, andava a innaffiarne le aiuole. Era quasi il custode dell’ordine e dell’estetica di quei luoghi, ancora non automatizzati e quindi ridotti a deserti bivacchi, se non a centri di spaccio, e, in definitiva, a “non luoghi”.
Riaprendo gli occhi, infatti, il «mondo piccolo» guareschiano è svanito insieme al capostazione e la poesia s’infrange contro la sporcizia del binario, le scritte che tappezzano il sottopassaggio e l’inevitabile slalom tra le chiazze e gli effluvi dell’altrui minzione. Va da sé che, in questi avamposti della tolkieniana Terra di Mordor, oltre al brutto, si sperimenta l’insicurezza e talvolta il “fattaccio” vi accade davvero, specialmente a tarda ora.
Degrado estetico e degrado antropologico convergono negli snodi ferroviari, o metropolitani, come in certe tetre foreste medioevali, scenario privilegiato di assalti e di rapine. Ogni epoca ha i propri “sotterranei” che hanno, se non altro, il pregio di esporne le tendenze più oscure, costituendone uno spiacevole, ma prezioso campanello d’allarme. Il rapinatore medioevale e il teppista odierno che urina, imbratta e borseggia non saltano fuori dalla preistoria, ma sono contemporanei rispettivamente del costruttore di cattedrali e del costruttore di grattacieli. Ne costituiscono, per così dire, il negativo fotografico, perché il “brutto” di questi “non luoghi” non è un problema solo estetico, ma è “sintomo e simbolo” di quel tribalismo di ritorno che si affaccia in ogni tempo, e in ogni uomo.
Sabato, 23 novembre 2019