L’opera teatrale di Cristicchi è una lezione di storia raccontata però con la sensibilità di un artista credibile e appassionato, con una recitazione accorata e musiche commoventi.
di Susanna Manzin
Sono figlia di un esule da Pola, la mia famiglia ha conosciuto il dramma delle foibe, l’abbandono della propria patria, e poi l’oblio del quale io stessa sono testimone: quando da ragazzina parlavo della tragedia dell’esodo e delle foibe ai miei amici, mi ascoltavano stupiti, nel migliore dei casi, ma più spesso increduli, diffidenti. D’altronde non c’è da meravigliarsi, considerando che su queste vicende è caduta per molti decenni la cortina di un silenzio imbarazzato e complice. Poi, dopo settant’anni, a poco a poco la verità ha iniziato a venire a galla, anche se ogni anno, in occasione del Giorno del Ricordo il 10 febbraio, si sentono ancora vergognose tesi negazioniste.
«La verità è la sola carità permessa alla storia», diceva il grande storico contro-rivoluzionario Jacques Crétineau-Joly (1803-1875), e sono grata a tutti coloro che si dedicano alla diffusione della verità a proposito di questi avvenimenti con libri, opuscoli, articoli, servizi giornalistici, mostre, commemorazioni, convegni e conferenze, monumenti e intitolazione di piazze e giardini. Una delle iniziative più efficaci e coinvolgenti è sicuramente quella di Simone Cristicchi, musicista, attore, artista eclettico e pieno di creatività, che fin dal 2013 porta in scena in tutta Italia la tragedia delle foibe e dell’esodo istriano e giuliano-dalmata dapprima con lo spettacolo “Magazzino 18”, e adesso con “Esodo”. Nelle sue rappresentazioni teatrali i fatti sono raccontati con precisione storica, con grande attenzione alle vicende geopolitiche dell’Europa del Secondo dopo guerra ma presentando anche tanti aneddoti toccanti che lo stesso Cristicchi ha raccolto dalla viva voce dei testimoni di quella tragedia. Ne risulta una sorta di lezione di storia raccontata però con la sensibilità di un artista credibile e appassionato, con il linguaggio coinvolgente dell’arte, con l’efficacia di una recitazione accorata e di musiche commoventi, unendo ragione e sentimento, verità e umana partecipazione ai drammi dei protagonisti. Più volte nel corso dello spettacolo Cristicchi definisce senza timore i principali responsabili di questa pagina storica come “comunisti”, con un coraggio che purtroppo pochi hanno.
E’ toccante vedere tra il pubblico in sala tanti volti di anziani esuli che commossi esprimono la loro riconoscenza per chi finalmente rende giustizia alla loro tragedia. Ancora più consolante vedere in platea tanti giovanissimi che probabilmente ascoltano per la prima volta questo racconto: il linguaggio toccante e coinvolgente dell’arte sicuramente aiuta a tenere viva l’attenzione per tutta la durata dello spettacolo e ad imprimere i fatti nella mente e nel cuore. È importante fare memoria, perché la sorte degli italiani della costa orientale adriatica è un paradigma della barbarie ideologica del Novecento, perché conoscere questa tragedia significa acquisire consapevolezza di che cosa è capace l’ideologia comunista.
Come canta Cristicchi nel brano che conclude lo spettacolo: “Non è un’offesa che cede al rancore, Non è ferita da rimarginare. È l’undicesimo comandamento: Non dimenticare“.
Sabato, 10 febbraio 2024