
Cinquant’anni della riforma del diritto di famiglia, il mondo del cinema batte cassa, Stalin ritorna in auge
di Luca Bucca
– Plinio Correa de Oliveira nel testo Rivoluzione e Contro-Rivoluzione identifica tre profondità della Rivoluzione: nelle tendenze, che cominciano a propendere per il disordine, nelle idee, che giustificano le tendenze disordinate, e nei fatti, che istituzionalizzano, anche attraverso le leggi, ciò che è sbagliato. Inoltre la Rivoluzione tende spesso a dare risposte sbagliate a problemi reali, in molti casi creati dalle fasi precedenti della stessa Rivoluzione. Seguendo questo schema, la riforma del diritto di famiglia, approvata cinquant’anni fa, il 19 maggio del 1975, fu l’esito finale di un processo già in essere da tempo nelle tendenze e nelle idee. Che nelle dinamiche familiari dell’epoca ci potessero essere dei caratteri disfunzionali è certamente plausibile ma, considerata l’odierna crisi dell’istituto familiare, sempre più segnato da individualismo, instabilità, marginalizzazione e carenze affettive ed educative, è lecito affermare che la soluzione legislativa non ha certo posto rimedio ai problemi ma li ha aggravati. Come rimediare oggi? Se la crisi inizia, come detto, nelle tendenze e poi nelle idee, ed è quindi un fenomeno innanzitutto culturale, dalla riscoperta e dalla proposta di un modello sano e ordinato bisogna ripartire, così da creare un terreno fertile anche per il recepimento di leggi più giuste.
– Ormai da mesi il Ministero della Cultura, prima nella persona del ministro Gennaro San Giuliano e adesso del suo successore, Alessandro Giuli, è oggetto di attacchi e critiche da parte di molte personalità del mondo del cinema, che lamentano una modalità di gestione di questo settore che non favorirebbe piú in maniera sufficiente la cinematografia come avveniva fino a qualche anno fa. Considerato che in passato sono stati investito soldi pubblici anche per opere mediocri, spesso ideologicamente indirizzate, con pochi spettatori o addirittura mai proiettate, è lecito chiedersi se non sia proprio la scelta più sensata quella di “chiudere i rubinetti” e lasciare che siano investitori privati, il pubblico, il talento artistico a determinare il successo di un film e non invece gli “aiuti di stato”, che certamente gonfiano le tasche di qualcuno, ma raramente in passato hanno contribuito al bene comune.
– Il comunismo che non vuole passare. Alla stazione Taganskaja di Mosca pochi giorni fa è stato inaugurato un bassorilievo rappresentante Josif Stalin, posto sotto il ritratto di Lenin, con la scritta La gratitudine del popolo per la sua guida e comando. Proprio Stalin, che attuò politiche di repressione che fecero non meno di 3 milioni di vittime, secondo le stime più prudenti, o addirittura alcune decine secondo altre fonti.
Mercoledì 21 maggio 2025