Marco Invernizzi, Cristianità n. 385 (2017)
Fatima e la conversione della Russia
«Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità» (1).
I sette anni sono passati. Quest’anno, il 13 maggio 2017, nel centenario delle apparizioni Papa Francesco ha canonizzato a Fatima due dei tre veggenti, i fratelli Francisco de Jesus Marto (1908-1918) e Jacinta de Jesus Marto (1910-1920), che ricevettero il messaggio insieme con la cugina Lúcia de Jesus Rosa dos Santos (1907-2005). La sua omelia nella Messa di canonizzazione è un invito alla speranza nella certezza che «abbiamo una Madre! Aggrappati a Lei come dei figli, viviamo della speranza che poggia su Gesù […]. Questa speranza sia la leva della vita di tutti noi! Una speranza che ci sostiene sempre, fino all’ultimo respiro» (2). Questa speranza ha accompagnato la Chiesa e l’umanità nei cento anni trascorsi e continua a rivolgersi a noi per «vincere le tenebre del male e riportarci verso la Luce» (3) e per invitarci all’apostolato, a uscire da noi stessi per portare a tutti, partendo dai più infelici, il dono dell’amore di Dio: «Non vogliamo essere una speranza abortita! La vita può sopravvivere solo grazie alla generosità di un’altra vita» (4). Una speranza che aiuta l’uomo a stare o a ritornare sulla via della Luce, allontanandosi dal rischio di imboccare la strada che conduce all’inferno: «Ma Ella, presagendo e avvertendoci sul rischio dell’inferno a cui conduce una vita — spesso proposta e imposta — senza Dio e che profana Dio nelle sue creature, è venuta a ricordarci la Luce di Dio che dimora in noi e ci copre» (5).
Fatima, passato e futuro
Nel 2010, tornando a Fatima nel decimo anniversario della rivelazione della terza parte del «segreto», Papa Benedetto XVI indica quest’ultimo come chiave di lettura del futuro della Chiesa e del mondo, mentre dieci anni prima lo aveva indicato come spiegazione del Novecento. Le due letture sono complementari, come cercherò di dimostrare, ed è fuorviante leggerle in contrapposizione dialettica. Ma ascoltiamo le sue parole. «Innanzitutto — disse nel 2000 l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede — dobbiamo affermare con il Cardinale [Angelo] Sodano: “… le vicende a cui fa riferimento la terza parte del ‘segreto’ di Fatima sembrano ormai appartenere al passato”. Nella misura in cui singoli eventi vengono rappresentati, essi ormai appartengono al passato. Chi aveva atteso eccitanti rivelazioni apocalittiche sulla fine del mondo o sul futuro corso della storia, deve rimanere deluso» (6).
Le apparizioni a Fatima del maggio-ottobre 1917 aiutano a comprendere la Via Crucis della Chiesa nella storia del secolo XX e il ruolo speciale del Pontefice in questa Via Dolorosa, come spiega sempre il card. Ratzinger (7). Una via dolorosa costellata da persecuzioni drammatiche, che però non hanno l’ultima parola perché la Madonna è venuta a indicare all’umanità una via di salvezza, segnata dalla preghiera e dalla penitenza, che apre alla speranza, non soltanto nella vita eterna dei singoli ma anche in una situazione storica che vedrà il trionfo del Cuore Immacolato della Madre: «il Cuore aperto a Dio, purificato dalla contemplazione di Dio è più forte dei fucili e delle armi di ogni specie» (8).
Dieci anni dopo, il cardinale eletto Pontefice legge le apparizioni anche come guida per il futuro: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa». E aggiunge una frase che dovrebbe fare riflettere: «L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo» (9).
Queste parole inducono a credere in un collegamento fra i due periodi; il Novecento, che termina con la rimozione del Muro di Berlino nel 1989 e soprattutto con la fine dell’Unione Sovietica (URSS) nel 1991, quando la Russia «smette di diffondere i suoi errori nel mondo»; e il mondo post-moderno, quello attuale, successivo all’epoca delle ideologie, dominato dalla «dittatura del relativismo» (10), come disse il cardinale Ratzinger nell’omelia della Messa «Pro eligendo Romano Pontifice», celebrata come decano del Sacro Collegio, prima del conclave dal quale sarebbe uscito Papa con il nome di Benedetto XVI.
La storia, quindi, non finisce, come aveva invece previsto qualcuno (11), ma continua drammaticamente, seppure in un contesto cambiato. Dalla fine della capacità di seduzione e di espansione del comunismo non nasce un mondo pacificato, tutt’altro. Il ciclo di morte e di terrore non è stato fermato.
Le guerre balcaniche, il genocidio nel Ruanda e il terrorismo islamico
Infatti, nello stesso 1991 in cui finisce l’URSS con la dichiarazione formale dell’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, e viene ammainata dal Cremlino la bandiera rossa dello Stato sovietico nella data, altrettanto simbolica, del 25 dicembre, scoppiano le guerre balcaniche, che producono centinaia di migliaia di vittime, lo smembramento della Iugoslavia già comunista e la nascita di molti piccoli Stati nazionali: la Slovenia, la Croazia, la Bosnia-Erzegovina, la Macedonia, la Serbia, il Montenegro e il Kosovo (12).
Nel 1994, in soli tre mesi, in Ruanda, nell’Africa Centrale, si verifica un genocidio che provoca la morte di circa ottocentomila persone, in prevalenza di etnia tutsi. Tredici anni prima, nel villaggio di Kibeho, nell’Africa Centro-Orientale, nel sud del Ruanda, la Madonna era apparsa a tre ragazze. Alphonsine Mumureke, nata nel 1965, Nathalie Mukamazimpaka e Marie-Claire Mukangango, tutte e tre alunne del collegio di Kibeho, ricevono le apparizioni — le ultime due ragazze dopo un mese e mezzo dalla prima — nel loro edificio scolastico. Verificatesi dal 28 novembre 1981 al 28 novembre 1989, ricalcano apparizioni precedenti, come quella del Sacro Cuore a Paray le Monial, nella Francia centro-orientale, e quelle della Vergine a Fatima e a Medjugorje: tutte invitano alla preghiera e alla penitenza come requisiti fondamentali per la conversione del mondo, cui si associa necessariamente la sofferenza: «Nessuno arriva al cielo senza soffrire», dirà la Madonna alle tre veggenti (13).
Le apparizioni vengono riconosciute dall’autorità ecclesiastica con un decreto del 29 giugno 2001, letto dal vescovo di Gikongoro, mons. Augustin Misago, nel quale afferma: «In qualità di ordinario del luogo dichiaro che la Vergine Maria è apparsa a Kibeho il 28 novembre 1981 e durante i mesi seguenti» (14).
Il terrorismo, dopo la rivoluzione in Iran del 1979, dilaga nel mondo islamico contro governi che i fondamentalisti ritengono corrotti e asserviti all’Occidente, e culmina nella strage delle Torri Gemelle di New York nel 2001, per poi dare origine al cosiddetto califfato in parti dell’Iraq e della Siria nel 2014. La persecuzione dei cristiani porta a un numero di vittime elevato, nel Medio Oriente, in Africa e in Asia, mentre governi laicisti emettono leggi contro i princìpi del diritto naturale e cristiano in tutta l’Europa, al servizio di una nuova ideologia gender che vuole sovvertire il dato di realtà della natura sessuata della persona in nome del prevalere di una sessualità «liberata» dagli stereotipi di genere e fluida.
No, la storia non è proprio finita dopo il 1989 e il mondo non ha conosciuto la pace ma una guerra mondiale «a pezzi» (15), come ha detto Papa Francesco. Da un certo punto di vista una guerra meno facile da controllare rispetto al tempo della Guerra Fredda (1946-1991), quando esistevano sostanzialmente due attori principali della scena geopolitica mondiale.
Dalla «questione sociale» a quella «bioetica»
Dopo la caduta del Muro nel 1989, san Giovanni Paolo II (1978-2005) aveva concluso in Vaticano, il 13 dicembre 1991, l’Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei vescovi, sia rivolta al passato, ossia a interpretare il Novecento alla luce dei «segni dei tempi» e in particolare dei fatti del 1989, sia proiettata al futuro, alla nuova evangelizzazione dell’Europa, in particolare di quell’Europa dell’Est dove la Chiesa era stata costretta al silenzio per tanti decenni (16).
«Tuttavia il simbolo di Velehrad porta oltre, diramandosi in due direzioni: una verso il passato, l’altra verso il futuro» (17), aveva detto il Santo Padre ricordando che dal santuario di Velehrad, nel sud-est della Repubblica Ceca, il 22 aprile 1990, era stato annunciato il Sinodo che ora si stava concludendo, finalmente con la presenza dei rappresentanti di tutti gli episcopati europei. La libertà, infatti, era stato il motivo dominante dei lavori sinodali, una libertà restaurata nei Paesi già comunisti, ma una libertà che, male interpretata, poneva già nuovi problemi alla nuova evangelizzazione che il Pontefice proponeva.
«In questo modo l’evangelizzazione si unisce strettamente all’antropologia», scriveva il Papa, anticipando il passaggio dalla questione sociale che aveva caratterizzato il Novecento e anche il secolo precedente, alla questione bioetica, che definisce con il termine «riduzione antropologica» e che avrebbe caratterizzato il terzo millennio. «Cristo, Figlio di Dio ha rivelato all’uomo proprio questa verità sull’uomo, soprattutto con la sua stessa vita. L’evangelizzazione è sempre il cammino secondo tale verità. Nell’attuale tappa della storia l’evangelizzazione deve prendere, come proprio compito, questa verità sull’uomo superando le diverse forme della “riduzione antropologica”. Questo è particolarmente attuale nel nostro continente» (18), cioè in Europa.
La Russia come protagonista
Il messaggio di Fatima continuava intanto ad accompagnare la vicenda terrena del Papa miracolosamente salvato dalla «Signora», il 13 maggio 1981. Il pellegrinaggio di ringraziamento a Fatima l’anno successivo, il 13 maggio 1982; l’atto di affidamento del mondo pronunciato a Roma davanti alla statua della Madonna di Fatima, fatta arrivare appositamente dal Portogallo, in comunione con i vescovi del mondo, il 25 marzo 1984; i fatti del 1989 e del 1991, che aprivano alla rivelazione della terza parte del «segreto», che avverrà nel 2000, in occasione della beatificazione di Jacinta e Francisco, sono le principali tappe del «segreto di Fatima» che continua ad accompagnare la storia, in particolare dopo l’attentato al Papa del 1981. Le apparizioni di Fatima precedono la Rivoluzione bolscevica di poche settimane: la Russia, da allora, rimane misteriosamente unita per cento anni, dal 1917 a oggi, al «segreto di Fatima», dalla Rivoluzione all’annunciata conversione.
Appare così chiaro come il messaggio profetico della Madonna affidato ai tre pastorelli non possa essere ridotto al solo aspetto spirituale, ma che la devozione riparatrice dei primi cinque sabati del mese al Cuore Immacolato di Maria vada collegata con le indicazioni che la Madonna aveva dato dei «segni dei tempi».
Il padre monfortano Stefano de Fiores (1933-2012), forse il maggiore mariologo italiano, ha scritto a questo proposito: «Contro un’interpretazione spiritualistica del messaggio di Fatima che intenderebbe astrarre dalla storia e dai risvolti politici, ho precisato che non ci è consentito ridurre tale messaggio a dei contenuti unicamente spirituali reputando bagaglio accidentale tutto il resto, cioè preoccupazioni concrete per le sorti del mondo, riferimenti alla Russia, profezie, segni, simbolismo e segreti» (19).
Il messaggio, dunque, è strettamente legato alle vicende della Russia e alla diffusione del comunismo nel mondo, ma anche, e particolarmente nel nostro tempo post-ideologico, al grande e importante tema della conversione della Russia. È cominciata? A suor Lucia la Vergine aveva detto: «Il Santo Padre mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo qualche tempo di pace» (20). È importante impostare correttamente la domanda e analizzare la situazione attuale della Russia.
La conversione della Russia
La domanda comincia dal messaggio: «Avete visto l’inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire [la Prima Guerra Mondiale] ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un’altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Infine, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace» (21).
La storia della consacrazione della Russia è lunga e complessa. Essa ha le sue radici nella storia profonda del popolo russo, che geograficamente e culturalmente appartiene sia all’Oriente sia all’Occidente, che è stato attraversato dal mito della Terza Roma dopo la caduta di Costantinopoli e contemporaneamente oggetto del desiderio di ritorno all’unità con la Roma dei Papi, sia da parte cattolica sia con la testimonianza di qualche scrittore cristiano ortodosso come Vladimir Solov’ëv (1853-1900). Dunque, la consacrazione che richiede la Madonna nel 1917 viene percepita, anche dalla Santa Sede, come una nuova tappa del percorso, assolutamente importante, del mistero della Russia nella prospettiva del suo ritorno alla piena comunione con Roma.
Nel 1929, suor Lucia ha un’altra visione della Madonna, trascritta dal suo direttore spirituale, padre José Bernardo Gonçalves S.J. (1894-1966), direttamente dagli appunti della veggente: «È arrivato il momento in cui Dio chiede che il Santo Padre faccia, in unione con tutti i vescovi del mondo, la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato, promettendo di salvarla con questo mezzo» (22). Siamo nel 1929, mentre la consacrazione della Russia ritenuta valida da suor Lucia avverrà il 25 marzo 1984, come dirà lei stessa in una lettera del 29 agosto 1989, pochi mesi prima della caduta del Muro di Berlino: «La consacrazione del mondo in conformità con quanto richiesto dalla Madonna è compiuta?
«Il 31 ottobre 1942 la fece Sua Santità Pio XII; in seguito mi fu domandato se era in conformità con quanto richiesto dalla Madonna: io risposi di no perché mancava l’unione con tutti i vescovi del mondo. Poi la fece Sua Santità Paolo VI il 13 maggio 1967. Mi fu domandato se era in conformità con quanto richiesto dalla Madonna. Io risposi di no per lo stesso motivo: mancava l’unione con tutti i vescovi del mondo.
«Infine la fece Sua Santità Giovanni Paolo II il 13 maggio 1982. Quando mi fu domandato se era conforme alle richieste della Madonna risposi di no, continuando a mancare l’unione con tutti i vescovi del mondo. Allora lo stesso sommo pontefice Giovanni Paolo II scrisse a tutti i vescovi del mondo chiedendo loro di unirsi a lui; fece portare a Roma la statua della Madonna di Fatima (quella della cappellina) e il 25 marzo 1984, pubblicamente, in unione coi vescovi che vollero unirsi a lui, fece la consacrazione così come la Madonna aveva voluto. In seguito mi fu domandato se era conforme a quanto richiesto dalla Madonna e io risposi di sì. Da quel momento, la consacrazione è compiuta.
«Perché dunque questa esigenza di Dio di celebrare tale consacrazione in unione con tutti i vescovi del mondo? Perché è un appello all’unione di tutti i cristiani — il corpo mistico di Cristo — a capo della quale sta il Papa, unico vero rappresentante di Cristo in terra, al quale il Signore affidò le chiavi del regno dei cieli. E da questa unione dipendono la fede nel mondo e la carità, che è il vincolo che deve unirci tutti quanti in Cristo come Egli chiese al Padre» (23).
Qualcosa è accaduto
La consacrazione di san Giovanni Paolo II del 25 marzo 1984 è stata ritenuta valida e accettata da Dio, secondo la testimonianza di suor Lucia, perché finalmente avvenuta dopo la richiesta del Pontefice a tutti i vescovi del mondo di affidare il mondo e la Russia a Maria. Così infatti san Giovanni Paolo II fece la richiesta ai suoi confratelli nell’episcopato: «Le parole dell’Atto di consacrazione e di affidamento, che allego, corrispondono, con piccoli cambiamenti, a quelle che pronunciai a Fatima il giorno 13 maggio 1982. Non posso sottrarmi alla convinzione che il ripetere questo Atto nel corso dell’Anno Giubilare della Redenzione corrisponda alle aspettative di molti cuori umani, desiderosi di rinnovare alla Vergine Maria la testimonianza della loro devozione e di confidarle le afflizioni per i molteplici mali del presente, i timori per le minacce che incombono sull’avvenire, le preoccupazioni per la pace e la giustizia nelle singole nazioni e nel mondo intero. La data più conveniente per questa comune testimonianza sembra essere la solennità dell’Annunciazione del Signore nel corso della Quaresima del 1984. Sarò grato se in tale giorno (il 24 marzo, a cui è anticipata liturgicamente la solennità mariana, oppure il 25 marzo, terza domenica di Quaresima), vorrete rinnovare questo Atto insieme con me, scegliendo il modo che ognuno di voi riterrà più adatto» (24).
La Russia dopo il 1991
Uno studioso e anche testimone della vita interna della Russia ha spiegato come effettivamente, dopo la fine dell’URSS nel 1991, la Russia abbia conosciuto un periodo di reale libertà religiosa, per tutte le confessioni cristiane e non soltanto per la Chiesa ortodossa (25). Era il periodo in cui la Russia era governata da Boris El’cin (1931-2007), che le diede una impronta filooccidentale ossia di grande apertura interna sia dal punto di vista religioso che politico. Fu in questo periodo che i cattolici poterono ritornare a fare apostolato anche nel cosiddetto territorio canonico degli ortodossi e fu in questi anni, all’incirca l’ultimo decennio del secolo XX, che la Russia conobbe realmente la libertà religiosa, dopo l’esperienza dell’ateismo marxista e quella precedente dell’Ortodossia come religione di Stato. Ma come spesso accade, con la libertà entrò di tutto dal resto del mondo, fra cui i nuovi movimenti religiosi, il consumismo e la corruzione, che portarono la Russia sull’orlo del collasso.
Fu anche in seguito a questa situazione che emerse la figura di Vladimir Putin (26). Uomo cresciuto nei servizi segreti sovietici, ritornò a Leningrado dopo la sua prima e unica esperienza nel controspionaggio a Dresda, dove si trovava quando avvenne la caduta del Muro e il conseguente ritorno in Russia di tutti gli agenti in servizio all’estero. A Leningrado cominciò la sua carriera politica, al servizio del sindaco della città, Anatolij Aleksandrovič Sobčak (1937-2000), prima di essere chiamato a Mosca nell’entourage dello stesso El’cin, che poi lo nominò primo ministro, nel 1999.
Da questo momento Putin si impadronirà progressivamente di tutto il potere politico della Russia, che non è mai stata una democrazia nel senso occidentale del termine, e lo farà appoggiandosi alla Chiesa ortodossa, in particolare dopo la nomina a Patriarca di Kirill I, nel 2009, restituendole un ruolo centrale nella vita del Paese, dopo i decenni di ateismo e dopo il breve periodo della libertà religiosa.
La sua visione, nazionalista e strettamente legata all’Ortodossia, nazional-ortodossa forse potremmo chiamarla, comportava una forte alleanza appunto con la Chiesa ortodossa e al contrario una forte competizione con la Chiesa cattolica, che si sviluppò in particolare sotto il pontificato di san Giovanni Paolo II, il Papa polacco che dopo la fine dell’URSS avrebbe favorito la penetrazione del cattolicesimo in Russia. La contrapposizione diminuì con il pontificato di Benedetto XVI, apprezzato dagli ortodossi per la sua grande attenzione alla centralità della liturgia, e culminerà nell’incontro storico fra il Patriarca di Mosca Kirill e Papa Francesco, avvenuto all’aeroporto dell’Avana, a Cuba, il 12 febbraio 2016, e nella conseguente dichiarazione comune in difesa dei princìpi cristiani contro il laicismo dell’Occidente e il fondamentalismo islamico (27).
Alla luce di quanto accaduto dopo la fine dell’URSS, annunciata a Fatima, risuona la domanda: la Russia si è convertita? E quando è cominciata questa conversione? E a che cosa? Alla restaurazione di una società imperiale, fondata sull’Ortodossia, legata al mito della Terza Roma in contrapposizione con la Roma cattolica? Oppure ci sarà un «ritrovarsi» nell’unità di tutti i cristiani, come profetizzato da Solov’ëv?
«Riuscirà la Russia a salvare il mondo?» si chiede don Stefano Caprio. Potrà il suo modello di sinfonia fra Chiesa e Stato superare «il cinismo laico degli occidentali e il fanatismo religioso dei vari stati islamici e non?» (28). Il problema è «passare dai roboanti proclami agli umili fatti e, nel caso della Russia contemporanea, offrire una prospettiva stabile e credibile alla grande illusione putiniana, sostenuta da una rinascita religiosa tanto decantata quanto ancora soltanto virtuale» (29).
Una prospettiva molto più negativa viene offerta da Vittorio Strada: «L’unico vestito è il retaggio glorioso degli imperi zarista e comunista, da Ivan il Terribile e Pietro il Grande e soprattutto a Stalin, che portò la potenza russa al suo apogeo in senso territoriale e ideale, e la cui opera va continuata rimediando al disastro provocato da “riformatori” come Chrusciov e Gorbaciov (e, peggio ancora, Eltsin). A foggiare il nuovo abito dell’imperatore sul modello dell’antico è un atelier di storici e ideologi che godono del monopolio dei mezzi di formazione (stampa, scuola, televisione, ecc.) e dell’apporto della Chiesa ortodossa russa, che tende a fare del cristianesimo orientale una religione nazionale di Stato. La veste è però fatta di materiale trasparente che vela a stento la nudità, a differenza dei paludamenti dei grandi imperi del passato. Che cosa riservi l’avvenire non c’è profeta o futurologo che possa predirlo» (30).
Sono state ricostruite le chiese, tanto che un numero così elevato non vi è mai stato nella storia russa, ma solo Dio sa se sono stati ricostruiti anche i cuori dei russi e se la loro attuale religiosità non sia una ideologia che vede la religione come un collante identitario necessario per portare il progetto dell’egemonia russa nel mondo. Per esempio, rimane la forte ambiguità di fronte al passato comunista, che non viene rifiutato interamente, ma accolto in parte — in particolare la figura di Iosif Vissarionovič Džugašvili «Stalin» (1879-1953) — dentro una ricostruzione nazionalista della propria storia: «La vera svolta del post-comunismo in Russia non si è risolta nel rifiuto del comunismo e nella scelta di altri sistemi e altri valori. Anche il comunismo russo fa parte dell’identità russa, è un elemento proprio e ineliminabile. Non si tratta di una nostalgia politica, ma di una profonda consapevolezza spirituale: a differenza degli altri popoli cristiani, la Russia non si fa cancellare dalla storia e dagli assalti di Satana […]. La santa Russia ha un compito escatologico, è l’ultima difesa contro la vittoria del nemico, laddove tutti gli altri si sono da tempo arresi» (31).
Da Fatima a Medjugorje
Ma, negli anni in cui san Giovanni Paolo II consacra la Russia a Maria, un’altra apparizione mariana era in corso: dal 1981, a Medjugorje, un piccolo villaggio dell’Erzegovina, la Madonna, come Regina della pace, appariva ogni 25 del mese a sei allora bambini e, tramite loro, alla parrocchia di questo piccolo paese, destinata a diventare la parrocchia modello per tutto il mondo cattolico. L’apparizione avveniva in un lembo di terra che sarebbe stato segnato da una guerra feroce fra ortodossi serbi, cattolici croati e musulmani bosniaci, una guerra (1992-1995) che provocherà circa novantaseimila morti fra soldati e civili, oltre a una radicale mutazione geopolitica della Penisola Balcanica. Un’apparizione legata a Fatima perché, in un messaggio del 25 agosto 1991, la Madonna dirà di essere venuta per continuare quanto aveva cominciato a Fatima: «Cari figli, anche oggi vi invito alla preghiera affinché con il vostro aiuto sia realizzato tutto quello che voglio realizzare attraverso i segreti che ho iniziato a Fatima» (32).
Le apparizioni di Medjugorje non sono state approvate dalla Santa Sede perché ancora in corso e perché rappresentano un caso assai complesso, trattandosi di apparizioni che si protraggono dal 1981, ininterrottamente; esse sono state studiate da un’apposita commissione dottrinale presieduta dal card. Camillo Ruini, voluta dalla Santa Sede, i cui risultati non sono ancora stati resi pubblici.
Pochi mesi fa, il Santo Padre ha inviato l’arcivescovo di Warszawa-Praga, mons. Henryk Hoser, come rappresentante della Santa Sede presso la parrocchia San Giacomo di Medjugorje, con un compito suppletivo rispetto alla commissione del card. Ruini ed esclusivamente pastorale. «Questo luogo di preghiera — ha detto l’inviato del Papa, le cui parole sono riportate dal sito Medjugorje.hr e riprese dall’Agenzia della Conferenza episcopale italiana Sir — è ora conosciuto nel mondo intero. Il Santo Padre è molto interessato allo sviluppo della pietà popolare che si svolge in questo luogo. Questo fa anche parte della mia missione: valutare la pastorale di questo luogo e proporre direttive che si dovranno realizzare in futuro. Vengo da un Paese che ha molta devozione verso la Madre di Dio. Maria è la Regina della Polonia. Auguro a tutti voi di fare di Maria la Regina della vostra vita. Per il momento bastano queste parole» (33). Pochi giorni dopo lo stesso presule ha detto durante una conferenza stampa nella piccola località in Bosnia-Erzegovina: «Medjugorje è una luce nel mondo di oggi. I pellegrini che vengono a Medjugorje sono attratti soprattutto dalla scoperta di qualcosa di eccezionale, dall’atmosfera di pace interiore e di pace dei cuori».(34). L’arcivescovo ha anche sottolineato il carattere «cristocentrico» del culto della Madonna di Medjugorje, ricordando la regolarità delle celebrazioni eucaristiche e delle adorazioni del Santissimo Sacramento. Inoltre, ha messo in risalto «la scoperta» da parte di numerosi pellegrini della preghiera del Rosario, nonché l’adesione da parte loro alla liturgia della Via Crucis. Mons. Hoser ha, infine, invitato tutti a salire sulla collina del Pod Brdo, il luogo dove è stata collocata una figura della Madonna e dove avverrebbero le apparizioni (35).
Il legame tra Fatima e Medjugorje non si trova soltanto nella citata frase della Madonna, ma anche nella preoccupazione del soprannaturale per la poca fede degli uomini e per il rischio della guerra; in entrambi i casi, così come a Kibeho, la Madonna annuncia una guerra ma indica la strada della conversione, ossia non lascia mai soli gli uomini. Proprio tornando da Fatima, il Papa ha risposto alla domanda di un giornalista sulle apparizioni di Medjugorje, ricordando come nel paesino dell’Erzegovina, come in quello portoghese, il miracolo più autentico, al di là delle rivelazioni e delle inchieste, rimane la stupefacente risposta d’amore di milioni di persone, la loro conversione e la loro perseveranza cent’anni dopo Fatima e trentacinque dopo Medjugorje (36).
Note:
(1) Benedetto XVI, Omelia durante la Santa Messa sulla spianata del Santuario di Nostra Signora di Fatima, del 13-5-2010, nel sito web <https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20100513_fatima.html>. Tutti i siti web citati nelle note al testo sono stati consultati il 23-6-2017.
(2) Francesco, Omelia durante la Santa Messa con il rito della canonizzazione dei beati Francisco Marto e Jacinta Marto sul sagrato del Santuario di Fatima, del 13-5-2017, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 14-5-2017; disponibile anche nel sito web <https://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2017/documents/papa-francesco_20170513_omelia-pellegrinaggio-fatima.html>. Cfr. il testo completo dell’omelia alle pp. 61-62 di questo numero della rivista.
(3) Ibidem.
(4) Ibidem.
(5) Ibidem.
(6) Congregazione per la Dottrina della Fede, Il Messaggio di Fatima, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000, p. 43.
(7) Cfr. ibid., p. 42.
(8) Ibid., p. 43.
(9) Benedetto XVI, Omelia durante la Santa Messa sulla spianata del Santuario di Nostra Signora di Fatima, cit.
(10) Cfr. Card. Joseph Ratzinger, Omelia durante la «Missa pro eligendo Romano Pontifice», Basilica di San Pietro, Roma, 18-4-2005 (nel sito web <http://www.vatican.va/gpII/documents/homily-pro-eligendo-pontifice_20050418_it.html>).
(11) Cfr. l’opera del politologo statunitense Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, trad. it., Rizzoli, Milano 2003.
(12) Cfr. una sintetica panoramica della storia in Egidio Ivetic, I Balcani dopo i Balcani. Eredità e identità, Salerno, Roma 2015.
(13) Cfr. Gabriel Maindron, Apparizioni a Kibeho. Annuncio di Maria nel cuore dell’Africa, prefazione di René Laurentin, trad. it., Queriniana, Brescia 1985; e La Vergine Maria Madre del Verbo. Kibeho-Ruanda, Velar-Elledici, Bergamo-Leumann (Torino) 2009, p. 31. Sulla tragedia del genocidio e sul difficile cammino intrapreso dalla Chiesa del Ruanda per favorire il perdono e la riconciliazione nel Paese, cfr. Marcel Uwineza S.J., La memoria del genocidio in Rwanda, in La Civiltà Cattolica, anno 168, n. 4004, Roma 8/22 aprile 2017, pp. 172-185.
(14) Cfr. L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 30-6-2001.
(15) «La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: “A me che importa?”. «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… “A me che importa?”. Sopra l’ingresso di questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: “A me che importa?”. Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”. Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni…» (Francesco, Omelia al Sacrario militare di Redipuglia nel centenario della Prima guerra mondiale, 13-9-2014), nel sito web <https://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2014/documents/papa-francesco_20140913_omelia-sacrario-militare-redipuglia.html>.
(16) Cfr. Giovanni Cantoni, Per la «nuova evangelizzazione» dell’Europa, in Cristianità, anno XIX, n. 200, dicembre 1991, pp. 3-9.
(17) San Giovanni Paolo II, Discorso alla conclusione dei lavori dell’Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, del 13-12-1991, nel sito web <https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1991/december/documents/hf_jp-ii_spe_19911213_lavori-sinodo.html>.
(18) Ibidem.
(19) Stefano de Fiores S.M.M., Il segreto di Fatima. Una luce sul futuro del mondo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2008, pp. 72-73.
(20) Memorie di suor Lucia, compilazione di Luigi Kondor S.V.D. (1928-2009), collaborazione nell’introduzione e note di Joaquin Maria Alonso C.M.F. (1913-1981), 8a ed., Segretariado dos Pastorinhos, Fatima 2005, Quarta memoria, del 17-8-1959, pp. 131-185 (p. 173); nel sito web <http://www.pastorinhos.com/_wp/wp-content/uploads/MemoriasI_it.pdf>.
(21) Ibid., Terza memoria, del 31-8-1941, pp. 117-129 (pp. 119-120).
(22) Ibid., Appendice II. Testo della richiesta di Consacrazione della Russia, pp. 190-192 (p. 192).
(23) Carmelo di Coimbra, Un cammino sotto lo sguardo di Maria. Biografia di suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria, Edizioni Carmelo di Coimbra-OCD, Roma 2016, pp. 225-226 (cfr. recensione di Susanna Manzin, in Cristianità, anno XLV, n. 384, marzo-aprile 2017, pp. 63-66).
(24) San Giovanni Paolo II, Lettera ai vescovi nella solennità dell’Immacolata Concezione, dell’8-12-1983; nel sito web <http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1983/documents/hf_jp-ii_let_19831208_vescovi-immacolata-concezione.html>.
(25) Cfr. Stefano Caprio, saggio conclusivo a Giovanni Codevilla, Storia della Russia e dei paesi limitrofi. Chiesa e impero, 4 voll., Jaca Book, Milano 2016, vol. IV, La nuova Russia. 1990-2015, pp. 207-309.
(26) Cfr. Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, Milano 2016.
(27) Cfr. il testo della dichiarazione comune, in S. Caprio, op. cit., pp. 297-302.
(28) Ibid., p. 307.
(29) Ibidem.
(30) Vittorio Strada, Impero e rivoluzione. Russia 1917-2017, Marsilio, Venezia 2017, p. 149.
(31) Ibid., p. 252.
(32) Cfr. Livio Fanzaga S.P., con Diego Manetti, Da Fatima a Medjugorje. Il piano di Maria per un futuro di pace, Piemme, Milano 2017, p. 9.
(33) SIR. Servizio Informazione Religiosa, Medjugorje: mons. Hoser (inviato speciale), «Papa molto interessato allo sviluppo della pietà popolare che si svolge in questo luogo», 30-3-2017; nel sito web <http://agensir.it/quotidiano/2017/3/30/medjugorje-mons-hoser-inviato-papale-papa-molto-interessato-allo-sviluppo-della-pieta-popolare-che-si-svolge-in-questo-luogo>.
(34) Idem, Medjugorje: mons. Hoser (inviato speciale Santa Sede), «una luce nel mondo di oggi», 5-4-2017, nel sito web <http://agensir.it/quotidiano/2017/4/5/bosnia-erzegovina-mons-hoser-a-medjugorje-una-luce-nel-mondo-di-oggi>.
(35) Cfr. ibidem.
(36) «[…] il nocciolo vero e proprio del rapporto-Ruini: il fatto spirituale, il fatto pastorale, gente che va lì e si converte, gente che incontra Dio, che cambia vita… Per questo non c’è una bacchetta magica, e questo fatto spirituale-pastorale non si può negare. Adesso, per vedere le cose con tutti questi dati, con le risposte che mi hanno inviato i teologi, si è nominato questo Vescovo — bravo, bravo perché ha esperienza — per vedere la parte pastorale come va. E alla fine, si dirà qualche parola» (Francesco, Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Fatima, del 13-5-2017, nel sito web <https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/may/documents/papa-francesco_20170513_voloritorno-fatima.html>).