Un meditato e limpido documento del Magistero della Chiesa emanato dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
Punti fermi nel campo della bioetica
Fecondazione artificiale e dignità della procreazione
1. I principi
L’Istruzione su: Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione del 22 febbraio 1987, pubblicata dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede con l’esplicita approvazione e per ordine del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II (1), ha suscitato presso i commentatori «laici» — e purtroppo anche presso qualche cattolico — non poche critiche e riserve. Poiché ancora una volta si è cercato di accreditare, facendo violenza al contenuto e alla stessa struttura del testo, l’immagine di una Chiesa che — di fronte ai presunti «progressi» della scienza e del costume moderno — si limita a vietare senza spiegare, mi sembra opportuno richiamare anzitutto i princìpi di cui il documento ha fatto applicazione, e quindi ricordare i problemi a cui ha voluto riferire la sua indagine, nella speranza che le soluzioni morali concrete presentate nella seconda parte dell’Istruzione possano così venire meglio comprese.
Il documento tiene conto, fra altri, di alcuni importanti principi più volte richiamati anche da altri testi del Magistero recente:
a. la verità naturale e cristiana sulla libertà dell’uomo, che non consiste nella possibilità «di fare qualsiasi cosa», ma nella capacità responsabile di determinarsi, alla luce della verità, verso il Bene e la giustizia: «l’uomo diventa libero nella misura in cui accede alla conoscenza del vero, e questa conoscenza – e non altre forze quali che siano – guida la sua volontà» (2);
b. il rapporto fra libertà e scienza, e l’esigenza che anche la scienza e la tecnica siano subordinate ai princìpi morali e rispettose dell’autentica libertà dell’uomo: non soltanto sarebbe «illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni» — contro il mito di origine positivistica sul carattere «avalutativo» dell’attività degli scienziati —, ma anzi «la scienza senza la coscienza ad altro non può portare che alla rovina dell’uomo» (Introduzione, 2);
c. i rapporti fra legge civile e legge morale, i quali — contro il positivismo giuridico che, separando le leggi dalla morale e dai valori, apre la strada al potere assoluto dello Stato — si fondano sul principio che «compito della legge civile è assicurare il bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la difesa dei diritti fondamentali, la promozione della pace e della pubblica moralità» (III);
d. il peculiare significato del corpo umano, che non può «essere valutato alla stessa stregua del corpo degli animali, ma è parte costitutiva della persona che attraverso di esso si manifesta e si esprime»; in particolare, la sessualità dell’uomo non si riduce a un puro insieme di fenomeni biologici, ma manifesta la valenza «sponsale» del corpo, che deve essere vissuta mantenendo il controllo della ragione, orientata alla verità e al Bene, nei confronti delle pur legittime manifestazioni del sentimento e dei sensi (Introduzione, 3) (3);
e. la «dignità della procreazione» di cui è «causa degna» solo «l’atto coniugale con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente il dono di sé», «atto inscindibilmente corporale e spirituale» in cui «si esprime simultaneamente l’apertura al dono della vita» (II, 4); se «i genitori trovano nel figlio una conferma e un completamento della loro donazione reciproca» dal canto suo «il figlio ha diritto ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato nel matrimonio» (II, 1): il «significato unitivo» e il «significato procreativo» dell’atto coniugale sono inscindibili (II. 4);
f. il diritto alla vita, che è tale «dal momento del concepimento», sì che la vita appunto «va rispettata in modo assoluto» (Introduzione, 5); il documento richiama i principi ripetutamente illustrati dal Magistero in tema di aborto;
g. l’oggettività della legge morale, per cui una «intenzione buona non è sufficiente per dare una valutazione morale positiva» quando si tratti di atti intrinsecamente illeciti; nel matrimonio un atto in sé stesso immorale «non può mutuare la sua qualificazione morale definitiva né dall’insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive né dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo» (II, 5) (4).
2. I problemi
Le «tecniche di procreazione artificiale umana» (Introduzione, 4) che il documento prende in considerazione possono essere distinte secondo criteri sia oggettivi che soggettivi. Dal punto di vista oggettivo la «fecondazione artificiale» è una categoria al cui interno trovano posto almeno tre differenti ipotesi:
a. la fecondazione «in vitro» con successivo trasferimento dell’embrione — embryo transfer —, in cui vengono separatamente prelevati il seme maschile e gli ovociti femminili: la fecondazione avviene in vitro e l’embrione così ottenuto viene poi trasferito nell’utero femminile. Una rilevazione delle tecniche più usate mostra che in molti casi — anche se non sempre — il seme maschile viene ottenuto attraverso la pratica della masturbazione, e che inoltre vengono «creati» in laboratorio non uno solo, ma diversi embrioni: gli embrioni in soprannumero vengono «distrutti», congelati per tentativi successivi, ovvero utilizzati per la ricerca e la sperimentazione scientifica;
b. l’inseminazione artificiale in senso proprio, che non è un mezzo ausiliario ma «sostitutivo dell’atto coniugale» (II, 6), in cui il seme maschile — prelevato con diverse tecniche — viene trasferito, con un intervento del medico, nell’organismo femminile;
c. l’inseminazione artificiale in senso improprio, come si conviene — forse non del tutto esattamente — di chiamare l’insieme di procedure «in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell’atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale» (II, 6): l’esempio classico è quello in cui il muco cervicale agisce da barriera rispetto al seme maschile già deposto nella vagina; si procede allora a «riprendere» il seme e a rimandarlo oltre la barriera del muco cervicale. Difficoltà sono sorte per stabilire se il cosiddetto GIFT — la parola, che significa «dono» in lingua inglese, è abbreviazione di gamete intra falloppian transfer, «trasferimento gametico intrafalloppiale» — costituisca inseminazione artificiale in senso proprio o in senso improprio: nella conferenza stampa di presentazione del documento il cardinale Joseph Ratzinger non ha affatto «raccomandato» — come qualcuno ha impropriamente affermato — questa tecnica — che consiste nella raccolta di parte del seme maschile subito dopo il rapporto, trasportandolo direttamente dentro le tube dove può incontrare l’ovulo nel luogo dove naturalmente lo incontrerebbe —, ma ha definito lo studio delle sue implicazioni morali «ancora in corso», raccomandando per il momento ai medici di riferirsi ai principi generali esposti nel documento (5).
Dal punto di vista soggettivo si possono distinguere fecondazione o procreazione artificiale omologa ovvero eterologa. L’Istruzione definisce «omologa la tecnica volta a ottenere un concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio», mentre considera «eterologa» la tecnica volta allo stesso scopo perseguito «attraverso il trasferimento nelle vie genitali della donna dello sperma precedentemente raccolto da un donatore diverso dal marito» (II, introduzione). Nelle ipotesi eterologhe l’Istruzione fa rientrare i casi — oggi alla ribalta della cronaca — di «maternità “sostitutiva”», anche quando una donna accetti di portare in gestazione un embrione concepito in vitro in modo omologo mediante l’incontro dei gameti di due sposi uniti in matrimonio; più spesso — ipotesi ancora più chiaramente eterologa — la «madre sostitutiva» concorre alla procreazione con «il dono del proprio ovulo», fecondato artificialmente con il seme di «chi ha commissionato o pattuito la gestazione» (II, 3).
3. Le soluzioni
Alla luce dei principi generali più sopra illustrati, l’Istruzione può qualificare dal punto di vista morale le diverse ipotesi, secondo un itinerario che pedagogicamente risale dai casi suscettibili — alla luce della dottrina morale naturale e cristiana — di soluzioni più semplici e ovvie fino alle ipotesi almeno in prima istanza più difficili.
a. Sulla base del principio che «l’essere umano è da rispettare come una persona fin dal primo istante della sua esistenza» (I, 1), tante volte riaffermato in tema di aborto, l’Istruzione qualifica anzitutto come omicidio di «particolare gravità» (I, 5) la cosiddetta distruzione degli «embrioni in soprannumero» creati durante il procedimento di fecondazione in vitro. Lo stesso principio porta a ritenere illeciti: la diagnosi prenatale, quando è praticata già con l’intenzione — qualora il suo esito dimostri l’esistenza di malformazioni o di anomalie del feto — di praticare l’aborto; gli interventi terapeutici, nonché le osservazioni e le pratiche compiute a scopo di ricerca o di sperimentazione, sugli embrioni umani che — come per ogni paziente — non siano finalizzati alla possibile guarigione di malattie ma ne compromettano l’integrità o la vita ovvero comportino «rischi sproporzionati» (I, 2); lo stesso «congelamento degli embrioni» che, anche se attuato per garantirne la conservazione in vita, «costituisce un’offesa al rispetto dovuto agli esseri umani»; infine, i «tentativi d’intervento sul patrimonio cromosomico o genetico» non terapeutici ma finalizzati, per esempio, «alla produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite». Anche queste ultime «manipolazioni» vengono definite «contrarie alla dignità personale dell’essere umano, alla sua integrità e alla sua identità». La prima parte dell’Istruzione denuncia infine con forza il commercio degli embrioni e la possibilità che quanto avviene oggi apra la strada «ad altre forme di manipolazione biologica o genetica», non escluse neppure la «gestazione di embrioni umani in uteri animali» o la stessa «fecondazione tra gameti umani e animali» (I, 6), dove davvero si dimentica che «ciò che è tecnicamente possibile non è per ciò stesso moralmente ammissibile» (Introduzione, 4).
b. Il documento ricorda anche la condanna della masturbazione «mediante la quale viene normalmente procurato lo sperma» per la fecondazione artificiale: tale gesto rimane sempre intrinsecamente illecito «anche quando è posto in vista della procreazione» (II, 6).
c. L’Istruzione prende quindi in considerazione il cosiddetto «caso semplice», l’ipotesi — cioè — che evita l’uccisione di embrioni e la masturbazione. Vengono anzitutto esaminate le ipotesi eterologhe, in cui la separazione della procreazione dalla «mutua donazione personale degli sposi, del loro amore e della loro fedeltà» (II, 1) è particolarmente evidente: ogni specie di fecondazione artificiale eterologa — compreso l’uso di «madri sostitutive» — «è contraria all’unità del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio» (II, 2).
d. Venendo alle ipotesi omologhe, l’Istruzione tiene conto delle distinzioni di carattere oggettivo tra le diverse tecniche, ed esamina per prima la fecondazione in vitro seguita dall’embryo transfer. Nonostante le eventuali buone intenzioni dei coniugi che vi fanno ricorso — e che non hanno tuttavia «diritto» al figlio (II, 8) —, la fecondazione omologa in vitro rimane «in se stessa illecita e contrastante con la dignità della procreazione e dell’unione coniugale» (II, 5), in quanto contraria al principio — più sopra illustrato — secondo cui solo l’atto coniugale è «causa degna» della nascita di un nuovo essere umano. La fecondazione in vitro è oggetto di una condanna simmetrica rispetto alla contraccezione. Entrambe separano il significato unitivo dal significato procreativo dell’atto coniugale: mentre la contraccezione vuole l’unione senza la procreazione, la fecondazione in vitro vuole la procreazione senza l’unio- ne (II, 4).
e. Le stesse ragioni giustificano la condanna dell’inseminazione artificiale in senso proprio anche fra coniugi, a cui il documento — contrariamente a certe sue interpretazioni prive di fondamento nel testo — non è affatto favorevole: anche «l’inseminazione artificiale sostitutiva dell’atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volontariamente operata tra i due significati dell’atto coniugale». Su questo tema viene riconfermato l’insegnamento di Papa Pio XII che «non è soltanto espressione di circostanze storiche particolari, ma si fonda sulla dottrina della Chiesa in tema di connessione fra unione coniugale e procreazione».
Può essere invece lecito, come già aveva insegnato lo stesso Papa Pio XII, l’uso del mezzo tecnico che, anziché sostituirsi all’atto degli sposi, lo «facilita», ovvero lo «aiuta a raggiungere i suoi obiettivi naturali» (II, 6). Si tratta della cosiddetta inseminazione artificiale in senso improprio, che può essere ammessa precisamente perché in realtà non è artificiale. Ma, per evitare confusioni, è importante sottolineare che molte delle tecniche che vanno sotto il nome di «inseminazione artificiale» rimangono oggetto di un giudizio assolutamente negativo, anche se attuate tra coniugi; nulla è innovato rispetto al preciso insegnamento di Pio XII.
f. La terza parte dell’Istruzione fa cenno al rapporto fra morale e legge civile. Si tratta qui, beninteso, della morale naturale il cui rispetto si ha diritto di esigere da qualunque Stato che voglia conservare questo nome: improprie sono quindi le argomentazioni di chi ha osservato che i cattolici non possono pretendere di imporre la loro morale agli Stati laici moderni separati dalla Chiesa. A prescindere dal diverso quesito se questi Stati siano davvero i migliori possibili, non si tratta qui soltanto della morale rivelata dei cattolici, ma della morale naturale che dovrebbe essere la morale di tutti. In linea di principio si dovrà quindi ricordare agli uomini politici che «rientra nei doveri dell’autorità pubblica operare in modo che la legge civile sia regolata sulle norme fondamentali della legge morale». Poiché tuttavia in molte nazioni le condizioni politico-giuridiche rendono estremamente difficile l’azione di chi si batte per leggi integralmente conformi alla morale naturale e cristiana — e in alcune, con la «legalizzazione dell’aborto» sono stati «minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto» — i cattolici potranno in determinate situazioni limitarsi, almeno in un primo momento, a esigere che la legislazione civile proibisca la «distruzione» o mutilazione degli embrioni, le ipotesi a qualunque titolo eterologhe — che violano, nei confronti della «istituzione familiare, sulla quale la società si fonda, la protezione giuridica alla quale essa ha diritto» — e la «maternità sostitutiva», e garantisca, nello stesso tempo, l’«obiezione di coscienza» nei confronti di ogni ipotesi di fecondazione o procreazione artificiale a chi, rischiando di venirvi coinvolto in ragione della propria professione, desidera mantenersi fedele alla legge morale (III). Alla luce di alcune reazioni che, dopo l’Istruzione, si sono manifestate anche in Italia, appare opportuno precisare che tollerare, in caso di avverse circostanze sociali e politiche, leggi che si limitino a proibire le ipotesi più gravi non significa affatto considerare automaticamente accettabili le leggi che autorizzano le ipotesi meno gravi, entusiasmarsi per quello che al massimo può essere provvisoriamente tollerato, o peggio farsi addirittura promotori di testi legislativi che autorizzino o favoriscano pratiche che rimangono comunque contrarie alla morale.
Massimo Introvigne