Giovanni Paolo II, Cristianità n. 174 (1989)
Discorso a Vescovi cileni in visita ad limina, del 28-8-1989,M . 4-5, in L‘Osservatore Romano, 28129-8-1989. Traduzione e titolo redazionali.
Fede e valutazione morale
4. Il fine di ogni evangelizzazione è suscitare la fede. L’Apostolo lo ricorda in questo modo: «come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati? […] La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione si attua per la parola di Cristo» (Rom 10, 14-17). Questa fede, dono di Dio, ci introduce nella realtà più profonda dell’uomo e di quanto lo circonda, perché solo attraverso la fede si possono valutare le cose e i fatti come Dio li valuta.
Negli ultimi tempi i progressi della scienza e della tecnologia sono stati grandi; grande è la ripercussione di tutto questo nell’umanità, ma non raggiunge il livello più profondo della realtà, e non dà una risposta autenticamente positiva e completa ai molti interrogativi dell’uomo. Mi piace ricordare in proposito quanto dice la Lettera agli Ebrei: «Per la fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede» (Eb 11, 3). Proprio questo coglie la fede, che è «fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» (ibid. 11, 1).
Soprattutto i santi hanno avuto una conoscenza globale più precisa di Dio, e l’hanno acquisita attraverso una fede vivissima, nutrita nella contemplazione e sostenuta dal dono della sapienza. Quando san Paolo afferma che «il giusto vivrà mediante la fede» (Rom 1, 17; cf. Gal 3, 11; Eb 10, 38), enuncia una verità fondamentale della vita cristiana, perché i criteri con cui un uomo vive in modo coerente come figlio di Dio, membro del corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo, non sono criteri puramente umani. La Vergine Maria e san Giuseppe, suo sposo, furono persone di grande fede. Elisabetta lodò Maria per aver creduto (cf. L c 1,45). Giuseppe mostrò la sua fede profonda e disinteressata non con parole, ma con comportamenti, che sono quelli che contano nel piano divino (cf. Mt 1, 18-25;2, 13-15). Essi vissero il mistero dell’Incarnazione nell’oscurità della fede, «ma essi non compresero» (cf. Lc 2,50), ma accettando umilmente e fiduciosamente i disegni di Dio.
5. Certamente molte realtà del piano salvifico di Dio si colgono soltanto alla luce della fede, e fuori di essa perdono il loro pieno significato e anche la loro identità cristiana. Quando la fede non è profonda, queste realtà assumono tratti equivoci, vengono eluse, vengono minimizzate oppure vengono coperte con un manto di silenzio; se questo accadesse nella coscienza dei fedeli e nell’insegnamento dei Pastori, sarebbe un segno inequivoco che la fede ha perso profondità e, forse, contenuto.
La fede, il cui contenuto essenziale è il piano salvifico di Dio, espresso nell’Incarnazione di suo Figlio e nella sua opera redentrice fino alla fine dei secoli, attraverso la sua Chiesa, è il fondamento di tutta la vita cristiana, nella quale sono inseparabilmente unite l’adesione alla verità e la sua proiezione concreta sulla vita personale e sociale. Nella vita dell’uomo nulla, assolutamente nulla può sottrarsi alla valutazione morale che deriva dalla fede. Pretendere che un solo elemento della vita umana sia autonomo rispetto alla legge di Dio, è una forma di idolatria (cf. Gal 4, 20). L’uomo che, attraverso la fede, adora Dio in spirito e verità, sa che questa adorazione e questo amore non sarebbero tali se rifiutasse di riconoscere nel fratello l’immagine di Dio (cf. Gv 4,20 s; Mt25, 31 ss).
La crescita reale della Chiesa consiste nell’incremento della fede e della carità nei suoi membri. Per questo evangelizziamo. E siccome in questa vita non si dà la piena illuminazione, per questo la Parola di Dio deve sempre continuare a risuonare in mezzo al popolo, ad opera di quelli che hanno ricevuto, mediante l’imposizione delle mani, il compito d’insegnare ai propri fratelli con «le imperscrutabili ricchezze di Cristo» (Ef 3, 8).
Cari Fratelli, incoraggio voi, e per mezzo vostro i vostri sacerdoti e diaconi, ad annunciare con perseveranza e con entusiasmo il mistero della fede, lieti di poter comunicare ad altri quello di cui hanno tanto bisogno: la luce della vita eterna. Il messaggio del Vangelo «è necessario. È unico. È insostituibile. Non sopporta né indifferenza, né sincretismi, né accomodamenti. […I Esso rappresenta la bellezza della rivelazione. Comporta una saggezza che non è di questo mondo» (Evangelii nuntiandi, 5).
Giovanni Paolo II