di Francesco Pappalardo
Filippo II d’Asburgo (1527-1598)
1. La formazione
Filippo d’Asburgo nasce a Valladolid, nella Vecchia Castiglia, il 21 maggio 1527, dall’imperatore Carlo V d’Asburgo (1500-1558) e da Isabella del Portogallo (1503-1539).
La sua educazione si compie inizialmente sotto la sorveglianza della madre, quindi sotto la guida del comendador mayor Juan de Zúñiga y Avellaneda (1490-1546) e di don Juan Martínez Guijarro «Silicio» (1486-1557), professore di filosofia all’università di Salamanca e futuro arcivescovo di Toledo e cardinale. Riceve una formazione religiosa molto accurata e matura una fede profonda e sincera, che impressionerà anche grandi santi, come Ignazio di Loyola (1491-1556) — che nel 1549 ebbe a scrivere dell’«aura di bontà e di santità» che si effondeva dal giovane principe — e Teresa d’Avila (1515-1582), che riceverà sensazioni analoghe quasi trent’anni dopo.
Carlo V si riserva il compito di curarne l’educazione politica e diplomatica, soprattutto per via epistolare, a causa della forzata e continua lontananza dal figlio. Nel 1543, l’anno in cui sposa la cugina Maria Manuela del Portogallo (1526-1545), Filippo è per la prima volta reggente dei regni spagnoli e riceve dal padre un’ampia e dettagliata Instrucción, che rappresenta una sintesi dell’arte di governo e uno schema di comportamento che un buon sovrano deve seguire nelle sue azioni. Due anni dopo, la moglie Maria Manuela muore, dando alla luce l’infante don Carlos (1545-1568), affetto da gravi disturbi mentali.
Nel 1548, per volontà dell’imperatore, il giovane principe compie un Grand Tour attraverso l’Italia e la Germania fino a Bruxelles, capitale dei Paesi Bassi asburgici, dove finalmente riabbraccia il padre. Dopo due anni di permanenza alla Corte imperiale, presso la quale compie una significativa esperienza di governo, torna in Castiglia. Nel 1554 sposa la cugina Maria Tudor (1516-1558), regina d’Inghilterra — che muore quattro anni dopo, senza dargli figli —, e riceve dal padre le corone di Napoli e di Sicilia. Fra l’ottobre del 1555 e il gennaio del 1556, Carlo V, logorato da quarant’anni di regno e di battaglie in difesa della Cristianità, affida al fratello Ferdinando d’Asburgo (1503-1564), che gli succederà sul trono imperiale, i domìni austriaci e al figlio Filippo, con tre atti distinti, i Paesi Bassi, il regno di Castiglia con i possedimenti americani e le piazzeforti africane, e il regno di Aragona con la Sardegna.
2. Gli anni difficili
Sovrano di un formidabile complesso dinastico — «i ventidue regni del nostro signore che Dio guardi», di cui parla un personaggio de I Promessi Sposi, soprannominato il «Dottor Azzecca-garbugli» —, Filippo II è il più eminente monarca del tempo. Lavoratore instancabile, attento al bene materiale e spirituale dei sudditi, ponderato in ogni sua decisione, tanto da meritare dai contemporanei l’appellativo di Rey prudente, si circonda di una complessa struttura formata da quattordici consigli e da innumerevoli giunte — dal 1561 concentrati, con la Corte, nella città di Madrid — con i quali governerà efficacemente uno dei più grandi sistemi imperiali che la storia ricordi.
Nei primi anni di regno pone fine al lungo conflitto con la Francia, grazie alla decisiva vittoria riportata presso la città francese di San Quintino, il 10 agosto 1557, festa di san Lorenzo — al quale il sovrano dedicherà l’imponente reggia e monastero dell’Escorial, presso Madrid —, che gli consente, il 3 aprile 1559, di concludere la pace di Cateau-Cambrésis e di rafforzarla mediante le nozze con la principessa francese Elisabetta (1545-1568), figlia di re Enrico II di Valois (1519-1559). Dal matrimonio, durato solo otto anni per la morte prematura di Elisabetta, nascono le figlie Isabella (1566-1633) e Catalina (1567-1597).
Filippo deve quindi affrontare i turchi ottomani, che nei primi due decenni di regno saranno il suo nemico più temibile. Nel 1560 fallisce disastrosamente la spedizione da lui organizzata per riconquistare la città di Tripoli, nell’Africa Settentrionale, persa nove anni prima dai Cavalieri di Malta; nel 1563 i turchi attaccano l’avamposto spagnolo di Orano, in Algeria, e due anni dopo assediano Malta, che resisterà eroicamente.
Proprio in quel frangente, l’irrequietezza diffusa nei Paesi Bassi a causa del pesante carico fiscale e del crescente centralismo asburgico, emerge in tutta la sua gravità con atti d’iconoclastia sistematica, compiuti da schiere di calvinisti nell’agosto del 1566, che costringono Filippo a inviare là diecimila veterani spagnoli al comando di Hernando Alvárez de Toledo, duca d’Alba (1508-1582). Le formazioni ribelli sono facilmente sgominate e le città insorte fanno atto di sottomissione, ma da quel momento la questione religiosa verrà utilizzata strumentalmente da quanti criticavano la politica asburgica. La rivolta, egemonizzata dai protestanti e sfociata in una lunghissima guerra, costerà enormi sacrifici ai sudditi di Filippo II e costringerà il re a dichiarare formalmente bancarotta, nel 1575, non potendo onorare i debiti assunti dalla corona con molti banchieri europei.
Negli stessi anni si sollevano i moriscos, cioè i musulmani convertiti al cattolicesimo, spesso per opportunismo, dopo la riconquista cristiana della Penisola Iberica (secolo VIII-1492). Quando, nel 1567, di fronte al fallimento della politica d’integrazione seguita nei decenni precedenti e ai numerosi episodi di collusione con i pirati algerini, un proclama reale ordina ai moriscos di Granada — l’enclave araba più consistente — di abbandonare le loro usanze e le pratiche religiose giudicate eterodosse, molti villaggi insorgono e i ribelli danno inizio a una logorante guerriglia sulle montagne, sostenuta dagli ottomani e dai barbareschi. Nel 1570, Filippo concede un’amnistia generale agli insorti e, respingendo la proposta di espellere i moriscos dalla Penisola Iberica, ne ordina la dispersione in tutta la Castiglia, rilanciando una politica d’integrazione, che però non darà i frutti sperati.
3. Gli anni del trionfo
Energico difensore della Respublica Christiana, Filippo II ha un ruolo importante anche nella convocazione della terza e ultima sessione del Concilio di Trento (1545-1563), nel 1562, nella quale i vescovi e i teologi spagnoli hanno una parte di rilievo. Tuttavia, il suo impegno a favore della Cristianità è prevalentemente militare. Nel luglio del 1570 il sultano Selim II (1521-1574) invade l’isola veneziana di Cipro. Papa san Pio V (1566-1572) fa appello alla Cristianità e favorisce la formazione della Lega Santa per affrontare il pericolo turco. Viene allestita una flotta, al comando di don Giovanni d’Austria (1545-1578), fratellastro di Filippo, che il 7 ottobre 1571, presso Lepanto, in Grecia, distrugge quella ottomana e impone una seria battuta d’arresto all’espansionismo musulmano nel Mediterraneo. Il sovrano commissiona al pittore veneziano Tiziano Vecellio (1488 ca-1576) un ritratto, L’offerta di Filippo II, per celebrare sia la vittoria sia la nascita del figlio Ferdinando (1571-1578), primo dei cinque — fra cui l’erede al trono, Filippo III (1578-1621) — avuti dalla quarta moglie, Anna d’Austria (1549-1580). Gli ottomani tornano a farsi minacciosi con la conquista di Tunisi, nel 1574, ma il confronto fra cristiani e musulmani non avrà seguito: distolti da altre preoccupazioni, nel 1580 Filippo II e il sultano concordano una tregua, più volte confermata e di fatto definitiva, che consente al re d’intervenire su altri fronti.
Dal 1572, infatti, è ripresa la guerra nei Paesi Bassi, alimentata da fanatici calvinisti e sostenuta dai protestanti inglesi, tedeschi e francesi, guidati dal principe Guglielmo di Orange-Nassau (1533-1584). Filippo invia nelle Fiandre don Giovanni d’Austria e il nipote Alessandro Farnese (1545-1592), che riorganizzano l’armata e sconfiggono l’esercito orangista presso la città di Gembloux, il 31 gennaio 1578. Da questo momento la situazione si sposta progressivamente a favore delle forze imperiali, che conquistano Maastricht, Gand, Bruxelles e, dopo un lungo assedio, la città di Anversa, il 17 agosto 1585.
Intanto, nel 1580, con la scomparsa del cardinale Enrico (1512-1580) — succeduto come reggente al giovane nipote Sebastiano (1554-1578), caduto in Marocco nel corso di quella che fu l’ultima crociata combattuta nel Mediterraneo — si estingue in Portogallo la casa di Avis, regnante dal 1385. Filippo II, che ne è l’erede prossimo — ascoltati i suoi consiglieri spirituali e politici, e ritenuta auspicabile l’unione dei due Paesi nell’interesse della Cristianità — fa valere i suoi diritti con le armi contro gli altri pretendenti e riceve il riconoscimento formale delle Cortes portoghesi. La cura del vasto impero lusitano d’oltreoceano si aggiunge alle preoccupazioni che nutre da tempo per i possedimenti americani, cui si erano aggiunte le isole Filippine, scoperte nel 1520 e annesse pacificamente alla Corona spagnola verso il 1565. Terminata la prima fase della scoperta e della conquista, il sovrano intensifica gli sforzi per evangelizzare e per civilizzare i nativi, promuovendo una conoscenza approfondita delle loro società e una legislazione più organica. Nel 1566 nomina una commissione, presieduta dall’inquisitore generale, cardinale Diego de Espinosa (1502-1572), che dopo cinque anni di lavoro propone una serie di interventi per porre rimedio alle carenze emerse dall’indagine. Si dà avvio alla codificazione delle leggi sulle Indie, vengono nominati nuovi viceré, dotati di ampi poteri e lasciati in carica per un periodo eccezionalmente lungo, e con le Ordenanzas del 13 luglio 1573 ha inizio la fase della pacificazione, «[…] dovendosi infatti svolgere [le scoperte] con tutta la pace e carità desiderate». Nei decenni seguenti viene compiuto uno sforzo imponente sul piano civile e su quello religioso, che sarà senza dubbio uno dei più grandi successi di Filippo II, grazie al quale gran parte dell’America è rimasta cattolica.
Al re, in quegli anni, ben si addicono le ammirate parole con cui, nel 1652, lo storico inglese Owen Feltham (1602 ca.-1668), descriverà Filippo IV d’Asburgo (1605-1665) come il «sovrano più potente della cristianità»: «egli ha in mano le miniere e il nerbo della guerra [il denaro] ed ora possiede un impero così vasto, che sui suoi domìni non sorge né tramonta mai il sole».
4. Gli ultimi anni
Il 20 agosto 1585, subito dopo la conquista spagnola di Anversa, la protestante Elisabetta I Tudor (1533-1603), regina d’Inghilterra, interviene ufficialmente al fianco dei ribelli olandesi, inviando sul continente seimila fanti e mille cavalieri e sull’oceano le navi corsare di sir Francis Drake (1540 ca-1596), che molestano i convogli spagnoli e devastano le piantagioni delle Indie Occidentali. Filippo decide di portare la guerra direttamente in Inghilterra, ma i suoi piani sono vanificati dalle navi nemiche e da una tempesta che, nell’agosto del 1588, distruggono la flotta spagnola, infelicemente chiamata «invencibile armada».
L’anno seguente, in Francia si estingue la casa di Valois, regnante dal 1328, e sale sul trono Enrico IV di Borbone (1553-1610), capo della fazione ugonotta, inducendo Filippo a intervenire militarmente in aiuto dei cattolici francesi. Gli olandesi ne approfittano per riprendere i combattimenti e per conquistare le province settentrionali della Frisia e della Gheldria. Stremati dai costi della guerra, anche i popoli di Aragona e di Castiglia tumultuano apertamente e dal 1592 al 1596 le Cortes castigliane rifiutano di deliberare nuovi sussidi a sostegno dei conflitti in corso. Pertanto, dopo la conversione di Enrico IV al cattolicesimo, Filippo II conclude con la Francia la pace di Vervins, del 2 maggio 1598, e quattro giorni dopo cede alla figlia Isabella la sovranità sui Paesi Bassi, che diventano un regno autonomo.
Sfibrato dall’immane logorio di quarant’anni di regno e dai gravi lutti familiari — nessuna delle quattro mogli gli era sopravvissuta e soltanto quattro degli undici figli avevano raggiunto la maggiore età —, muore il 13 settembre di quell’anno nella reggia dell’Escorial. Nell’allocuzione concistoriale del 9 ottobre Papa Clemente VIII (1592-1605) ne loderà la figura e l’opera, descrivendo la sua vita come «una continua battaglia contro tutti gli infedeli, eretici e nemici giurati della fede di Cristo».
Francesco Pappalardo
25 ottobre 2018
Per approfondire: Geoffrey Parker, Un solo re, un solo impero. Filippo II di Spagna, trad. it., il Mulino, Bologna 1998; Fernand Braudel (1902-1985), Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, trad. it., 2 voll., Einaudi, Torino 1985; Giovanni Sale S.J., Filippo II fra storia e leggenda, in La Civiltà Cattolica, anno 150, quaderno 3572, 17-4-1999, pp. 134-147.