MASSIMO INTROVIGNE, Cristianità n. 298 (2000)
PierLuigi Zoccatelli, senza dubbio il maggiore specialista della vita e dell’opera di Louis Charbonneau-Lassay — come dimostra la copiosa documentazione da lui raccolta e pubblicata sia per iscritto sia su Internet (1) —, trae un bilancio di molti anni di studi sull’autore cattolico francese nell’opera Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet (2). Il titolo — enigmatico come si conviene a un’opera sull’esoterismo — allude a un riferimento biblico alla lepre come ruminante (3). Ma il simpatico animale tale non è, così come Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946), normalmente definito “un esoterista”, è forse in realtà qualche cosa d’altro. Certo, tutto dipende dalla definizione del termine “esoterismo”, e l’autore saggiamente afferma di non volere risolvere in quest’opera annosi problemi di carattere terminologico.
Tuttavia, il contributo che quest’opera può arrecare a una riflessione sul rapporto fra cristianesimo — più specificamente, cattolicesimo — ed esoterismo è notevolissimo. Zoccatelli esamina anzitutto le vicende relative alla collaborazione dell’esoterista francese René Guénon (1886-1951), favorita da Charbonneau-Lassay, alla rivista cattolica Regnabit fondata dal padre Félix Anizan (1878-1944) (4). Questa collaborazione si protrae dal 1925 al 1927, e i suoi frutti sono ora raccolti in un’opera, Écrits pour “Regnabit”, curata dallo stesso Zoccatelli (5), che esce contemporaneamente a Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet. Guénon, non cattolico, si lancia nell’impresa allo scopo, come scrive, di mostrare “[…] il perfetto accordo della tradizione cristiana con le altre forme della tradizione universale” (6). I responsabili di Regnabit, certo lontani da Guénon su molti punti, lo “arruolano” perché, nella battaglia — che sembra disperata — fra un cattolicesimo progressista e filomoderno trionfante e il cattolicesimo tradizionalista e antimoderno che la loro rivista rappresenta, sembra loro che ogni aiuto sia il benvenuto. La corrispondenza inedita fra Guénon e Charbonneau-Lassay che Zoccatelli pubblica ne Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet mostra tutte le difficoltà di un rapporto delicato, e le ragioni della sua rottura. Quest’ultima si colloca, certo, sullo sfondo di controversie fra padre Anizan e diversi ambienti cattolici, e ha una delle sue cause nell’ostilità a Guénon da parte del mondo neo-scolastico francese. Ultimamente, però, anche gli amici cattolici più vicini a Guénon si rendono conto che la sua è “una sorta di super-religione” (7) —l’espressione è di Olivier de Frémond (1850-1940) in una lettera a Charbonneau-Lassay —, in ultima analisi incompatibile con la fede cattolica. Lo stesso Charbonneau-Lassay, con tutta la sua stima per l’esoterista francese, scriverà in una lettera inedita — ora pubblicata da Zoccatelli — a don André Gircourt (1907-1985), noto con lo pseudonimo letterario di “abbé Stéphane”, che “la tesi di R. Guénon […] [comporta] una super-religione riservata a un’élite di Iniziati che possono passare, senza inconveniente alcuno, da un culto all’altro” (8). Dunque — scrive Charbonneau-Lassay in questa lettera del 1946 —, “[…] la lettura di Guénon non è da consigliare ai giovani” (9) che, partendo dalle “cose di una giustezza incontestabile” (10) presenti in qualche opera dell’esoterista francese, potrebbero essere indotti a “[…] leggere il resto delle sue opere, cosa che potrebbe condurre a deviazioni spirituali riprovevoli” (11). Questa lettera, scritta nell’anno della morte di Charbonneau-Lassay, sembra essere la sua parola finale su Guénon, con buona pace delle frange paranoiche che, leggendo la storia culturale nei termini di un’unica grande “teoria del complotto”, sospettano lo scrittore cattolico francese di aver perseguito subdolamente il fine di avviare i giovani cattolici al guénonismo.
La seconda questione esaminata da Zoccatelli riguarda le sorti di una “società segreta” cattolica, che Charbonneau-Lassay aveva ricevuto, per così dire, in eredità dal canonico della cattedrale di Poitiers Théophile Barbot (1841-1927) nel 1926. Si tratta della Fraternità del Paraclito, già oggetto di precedenti studi di Zoccatelli (12) e di cui sono ora pubblicati un buon numero di documenti, che ne permettono un inquadramento tendenzialmente definitivo. Si tratta di un ordine o confraternita di laici e sacerdoti cattolici a vocazione cavalleresca — “Fraternità dei Cavalieri del Divino Paraclito”, spesso chiamata dai suoi membri semplicemente “il Paraclito” —, fondata fra il 1500 e il 1510 a Parigi e, fra alti e bassi, continuativamente esistita — almeno formalmente — fino alla trasmissione dal canonico Barbot a Charbonneau-Lassay, nel 1926, e al ristabilimento della Fraternità “in tutte le sue funzioni” (13) per iniziativa di quest’ultimo nel 1938. La documentazione pubblicata da Zoccatelli non lascia dubbi sul fatto che il Paraclito fosse quello che affermava di essere: una confraternita cattolica mistico-cavalleresca, maschile e femminile, con specifici obblighi di preghiera e di meditazione. La spiritualità proposta dal Paraclito era certamente ortodossa dal punto di vista della fede cattolica, e le leggende secondo cui questa confraternita avrebbe praticato l’alchimia sia “di laboratorio” sia “interna” — dove l’alchimista usa come laboratorio il proprio corpo, in una serie di operazioni di magia sessuale — devono essere relegate — in assenza di prove che chi formula queste accuse omette di fornire fin dalle prime origini delle voci, oltre cinquant’anni fa — nella sfera delle semplici calunnie, come peraltro gli studi precedenti sull’argomento di Zoccatelli hanno documentalmente comprovato (14). Organismo, per una serie di ragioni storiche, discreto, la natura di “società segreta” in senso tecnico del Paraclito è dubbia, e sproporzionato è il ruolo che avrebbe voluto fargli giocare l’ambiente esoterico che circondava Guénon. Questo interesse è testimoniato da una lettera, pubblicata da Zoccatelli, di Clavelle — che firmava le sue opere come “Jean Reyor” (1905-1988) —, il quale riferisce — dopo la morte di Charbonneau-Lassay — che, prima di “passare all’Islam” (15) — seguendo l’esempio dello stesso Guénon — nel 1943, aveva voluto “[…] tentare tutto quello che si poteva tentare dal lato cristiano” (16). In questa chiave, saputo dall’amico Charbonneau-Lassay del lascito del canonico Barbot, lo aveva incitato a “tentare il risveglio” (17) del Paraclito spiegandogli precisamente che “[…] certuni fra quelli che seguivano René Guénon e che cercavano un’iniziazione si erano decisi a entrare nell’Islam perché non erano riusciti a trovare qualcosa in ambito cristiano” (18). La soluzione del Paraclito non era peraltro risultata soddisfacente, per la mancanza nel Paraclito di “un metodo” (19). Paradossalmente, notava Clavelle, il “metodo” era emerso dopo la morte di Charbonneau-Lassay in un testo della Pentecoste del 1947, La via paracletica (20), redatto dal successore dello studioso cattolico francese come responsabile del Paraclito, Georges-Auguste Thomas, “Georges Tamos” (1884-1966). Ma ormai era tardi per i guénoniani che avevano seguito il maestro “in islam”. E del resto, nota Zoccatelli, il testo del 1947 testimonia semmai una certa “guénonizzazione” del Paraclito (21) dopo la morte di Charbonneau-Lassay, preludio a un suo coinvolgimento nelle controversie che dividevano l’ambiente guénoniano — in particolare a proposito di Frithjof Schuon (1907-1998) — e alla sua “messa in sonno” da parte di Thomas nel 1951.
Le affermazioni di Clavelle, che possono sembrare normali a un lettore immerso nelle controversie e nelle querelle fra esoteristi, sono invece enormi e paradossali se solo ci si mette in una prospettiva più ampia. Clavelle afferma infatti, partendo dalla nozione guénoniana di iniziazione, che nell’intero cristianesimo — moderno — non vi è più iniziazione, e che chi cerca nel secolo XX un’iniziazione valida e “regolare” ha il dovere di abbandonare il cristianesimo — certo rimanendo libero, per dirla con Charbonneau-Lassay, di “passare da un culto all’altro” — e di rivolgersi altrove. L’unica organizzazione che avrebbe potuto salvare — ma non salvò — il cristianesimo moderno da questa sua tragica carenza sarebbe stato il Paraclito. La confraternita “trasmessa” dal canonico Barbot a Charbonneau-Lassay si trova così caricata di un ruolo enorme, epocale, che non sembra — dai documenti pubblicati — avere mai aspirato a svolgere: si sarebbe addirittura trattato dell’unica e ultima possibilità superstite di ricevere una valida “iniziazione” in ambito cristiano nel secolo XX. Ma la tempesta scoppia tutta nel bicchier d’acqua del piccolo — anche se non piccolissimo, né culturalmente irrilevante — mondo degli amici di Guénon, e sembra ampiamente collegata a un equivoco sulla parola “iniziazione” riferita al cristianesimo e in particolare alla Chiesa cattolica. Per la Chiesa l’”iniziazione”, lungi dall’essere riservata a una “élite di Iniziati”, è offerta a tutti tramite i sacramenti, in particolare il battesimo e la cresima. Quanto all’”approfondimento” di questa iniziazione, che ha come scopo la santità, un “metodo” non è a rigore necessario: può essere utile, ma non si trova certamente solo nel Paraclito. Quest’ultimo costituisce un’organizzazione senza dubbio interessante, che però per secoli ha coesistito nella Chiesa con altre non meno interessate a promuovere la santità secondo lo stato di ciascun fedele: un ideale in vista del quale il sacramentale costituito da una cerimonia d’iniziazione o d’investitura non è certamente decisivo né cruciale.
La ricerca di catene iniziatiche — come insegna Antoine Faivre — è, del resto, una queste senza fine — che non definisce, di per sé, l’esoterismo (22) — e anche le catene che sembrano più salde si rivelano spesso non prive di qualche maglia spezzata. Per questo — anche se sono auspicabili ulteriori lumi da Zoccatelli sul punto, magari in una prossima opera — sconsiglieremmo agli esoteristi, caduto l’alone mitico del Paraclito, di porre le loro speranze sull’altra organizzazione di cui il canonico Barbot aveva comunicato alcuni documenti a Charbonneau-Lassay nel 1926, l’Estoile Internelle. È vero che in una lettera già nota, ripubblicata ne Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet, lo studioso cattolico francese scriveva che nell’Estoile Internelle si trovano “[…] depositi piuttosto sconvolgenti, o per essere più esatti piuttosto stupefacenti” (23). Spesso riferita nell’immaginario esoterico contemporaneo a chissà quali segreti alchemici, la frase sembra, nel contesto, fare allusione a interpretazioni simboliche del Graal, e in ogni caso i membri viventi della Estoile Internelle “[…] non sono mai stati e non saranno mai più di dodici” (24), dunque — com’era chiaro allo stesso Clavelle — non è qui che si può facilmente postulare un’”iniziazione”.
Come ho accennato, l’opera di Zoccatelli dichiara di non volere risolvere la vexata quaestio della possibilità di un esoterismo cristiano e, più specificamente, cattolico (25). Il contrasto — pure non disgiunto da amicizia e da rispetto — fra Charbonneau-Lassay e Guénon, e le differenze fra Paraclito originario e Paraclito “guénonizzato” offrono però importanti elementi per iniziare a rispondere a queste domande. Se per esoterismo s’intende la ricerca, tramite una valida “iniziazione”, di una “super-religione riservata a una élite di Iniziati”, allora è evidente all’osservatore contemporaneo — com’era evidente a Charbonneau-Lassay — che un esoterista cattolico — e anche un esoterista cristiano — è una contradictio in adjecto, una “lepre che rumina”. Se invece per esoterismo — muovendo da una nota distinzione proposta, ancora, da Faivre (26) — s’intendesse non una dottrina ma un metodo, l’approfondimento di temi religiosi e filosofici — pre-esistenti, e non suscettibili di essere modificati dall’applicazione di tale metodo — attraverso lo studio e la meditazione dei simboli, allora l’”esoterismo” cristiano sarebbe una reale possibilità, forse perfino una necessità del mondo post-razionale postmoderno, e Charbonneau-Lassay ne sarebbe uno dei più eminenti maestri.
Massimo Introvigne
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(1) Il sito Internet dedicato a Louis Charbonneau-Lassay, curato da PierLuigi Zoccatelli, ora parte del sito del CESNUR, Centro Studi sulle Nuove Religioni, è all’indirizzo <http://www.cesnur.org/paraclet>. Una rapida presentazione di Charbonneau-Lassay da parte del ricercatore italiano si trova in due schede enciclopediche: cfr. PierLuigi Zoccatelli, Charbonneau-Lassay Louis, in Jean Servier (sotto la direzione di), Dictionnaire critique de l’ésotérisme, Presses Universitaires de France, Parigi 1998, pp. 287-288; e Idem, Charbonneau-Lassay simbolista cristiano, in Dizionario del Pensiero Forte, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, 24-9-1999. L’autore è inoltre il curatore dei volumi che costituiscono, in edizione italiana, l’opera omnia di Charbonneau-Lassay sul simbolismo cristiano, tutti editi da Arkeios, a Roma: Il Bestiario del Cristo. La misteriosa emblematica di Gesù Cristo, nel 1994; Il Giardino del Cristo ferito. Il Vulnerario e il Florario del Cristo, nel 1995; e Le Pietre misteriose del Cristo, nel 1997; un’ultima opera, dedicata al simbolismo del Cuore di Gesù, è in preparazione.
(2) Cfr. P.L. Zoccatelli, Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet, Archè, Milano 1999.
(3) Cfr Lv. 11, 6.
(4) Cfr. P.L. Zoccatelli, De Regnabit au Bestiaire du Christ. L’itinéraire intellectuel d’un symboliste chrétien: Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946), in Société Historique du Pays de Loudunois, n. 1, 31-12-1998, pp. 34-45.
(5) Cfr. René Guénon, Écrits pour “Regnabit”. Recueil posthume établi, présenté et annoté par PierLuigi Zoccatelli, Archè-Nino Aragno Editore, Milano-Torino 1999.
(6) Cit. in P.L. Zoccatelli, Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet, cit., p. 11.
(7) Cit. ibid., p. 26.
(8) Cfr. la lettera — riportata integralmente ibid., pp. 65-67 —, p. 66.
(9) Ibid., p. 65.
(10) Ibidem.
(11) Ibid., p. 66.
(12) Cfr. Jean-Pierre Brach e P.L. Zoccatelli, Courants renaissants de réforme spirituelle et leurs incidences, in Politica Hermetica, n. 11, 1997, pp. 31-46.
(13) P.L. Zoccatelli, Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet, cit., p. 28.
(14) Cfr. Stefano Salzani e P.L. Zoccatelli, Hermétisme et emblématique du Christ dans la vie et dans l’œuvre de Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946), Archè-Edidit, Milano-Parigi 1996, pp. 87-90.
(15) P.L. Zoccatelli, Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet, cit., p. 124.
(16) Ibidem.
(17) Ibid., p. 123.
(18) Ibidem.
(19) Ibid., p. 124.
(20) Cfr. il testo, pubblicato per la prima volta, ibid., pp. 127-133.
(21) Ibid., p. 30.
(22) Cfr. Antoine Faivre, L’esoterismo. Storia e significati, trad. it., SugarCo, Carnago (Varese) 1992, pp. 34-35.
(23) P.L. Zoccatelli, Le Lièvre qui rumine. Autour de René Guénon, Louis Charbonneau-Lassay et la Fraternité du Paraclet, cit., p. 73.
(24) Ibidem.
(25) Sul quale tema l’autore ha già, peraltro, dedicato alcune note; cfr. S. Salzani e P.L. Zoccatelli, op. cit., pp. 91-114.
(26) A. Faivre, What Is Esotericism?, intervista raccolta da Richard Smoley e Jay Kinney, in Gnosis, n. 31, primavera 1994, pp. 62-68.