Il 4 luglio 2011, a Pöcking, in Baviera, dove risiedeva da tempo, il Signore ha chiamato a sé Franz Josef Otto d’Asburgo-Lorena, l’ultimo erede al trono dell’Impero di Austria-Ungheria.
Nato e battezzato a Villa Wartholz, nei pressi di Reichenau an der Rax, nell’Austria centro-orientale, nel 1912, era il primo degli otto figli di due santi genitori: Zita di Borbone-Parma (1892-1989), vedova per sessantasette anni e donna di elevate virtù cristiane, di cui è in corso la causa di beatificazione; e Carlo I di Asburgo-Lorena (1887-1922), l’ultimo Asburgo a sedere sul trono austro-ungarico, essendo succeduto al prozio Francesco Giuseppe I (1830-1916) nel 1916, nel pieno del primo conflitto mondiale. Egli aveva guidato i suoi popoli in guerra con grande valore e spirito di sacrificio, senza mostrare tuttavia un atteggiamento bellicoso, anzi, facendo di tutto per attenuare l’orrore dello scontro e per abbreviarne la durata, unico sovrano docile agli accorati inviti di Papa Benedetto XV (1914-1922). La sconfitta del suo Paese si era tradotta nell’implosione dell’impero e Carlo, pur senza aver mai abdicato, era dovuto partire per l’esilio. Dopo lunghe peripezie, era stato confinato dai britannici nell’isola atlantica di Madera, dove, colpito da malattia polmonare, era spirato — sotto gli occhi del bimbo Otto — a soli trentacinque anni il 1° aprile 1922. Carlo, per la sua limpida ed eroica professione di cristianesimo nel suo non facile ruolo di sovrano e poi di esule, è stato beatificato dalla Chiesa cattolica nel 2003.
L’arciduca Otto è stato per sei anni erede effettivo al trono e, dopo la scomparsa del padre, pretendente al trono imperiale e alla corona ungherese di Santo Stefano, pure nella difficile condizione di capo di una casata espulsa dal proprio Paese, che ha perso tutto — i beni di famiglia erano stati sequestrati nel 1919 dalla Repubblica Austriaca — e deve rimettersi alla carità del parentado.
Dopo gli studi superiori presso i benedettini in Lussemburgo Otto si laurea in Scienze Politiche e Sociali all’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, nel 1935 e matura presto la vocazione politica in una prospettiva cristiano-sociale, cui il padre Carlo I non era stato estraneo. Nella febbrile Europa fra le due guerre mondiali, consapevole che i popoli del vecchio impero conservano un ottimo ricordo della dinastia, non esita a interessarsi delle sorti del suo Paese, offrendosi addirittura verso la fine degli anni 1930 di aiutare il cancelliere cattolico Kurt Schuschnigg (1897-1977) — succeduto a Engelbert Döllfuss (1892-1934), ucciso dalle squadre nazionalsocialiste — ad affrontare la crisi del Paese esposto alle mire espansionistiche del reich di Adolf Hitler (1889-1945).
Dopo l’invasione tedesca del Belgio e della Francia nel 1940 la sua nota ostilità al nazionalsocialismo consigliano a Otto, alla madre e ai congiunti,di lasciare il Vecchio Continente per rifugiarsi a Washington, dove rimane fino al 1944, prodigandosi presso gli Alleati per cercare di salvaguardare il futuro postbellico dell’Austria e dei popoli dell’ex Impero e proponendo una confederazione dei popoli danubiani sotto lo scettro asburgico. Rientrato in Europa, si stabilisce con i familiari nel Portogallo neutrale. Conclusasi la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), che lascerà la Germania prostrata e l’Austria occupata fino al 1955 dall’Armata Rossa, si apre un nuovo scenario, in cui acquistano altresì sempre più spazio gl’ideali paneuropei come alternativa al veleno nazionalista che aveva scatenato l’orribile guerra civile europea. Ravvivando gl’ideali e i disegni politici sovranazionali del padre, l’unità europea diviene così priorità nell’impegno politico di Otto.
Nel 1951, a Nancy, antica capitale dei duchi lorenesi, Otto sposa Regina di Sassonia-Meiningen (1925-2010), dalla quale avrà sette figli. Carlo, nato nel 1961 dopo cinque sorelle, è dal 2007 l’attuale pretendente al trono e capo della dinastia. Nel 1961, pur di poter tornare in patria, Otto rinuncia ai suoi diritti sulla corona austriaca, ma solo nel 1966 potrà rivedere Vienna. A Budapest, ancora comunista, tornerà invece nel 1988. Dal 1973 al 2004 è presidente dell’Unione Paneuropea Internazionale — in cui era entrato fin dal 1936 —, associazione fondata nel 1922 dal nobile austriaco Richard Nicolaus de Coudenhove-Kalergi (1894-1972) per stimolare gli Stati europei a dar vita a istituzioni sovranazionali federali. Dal 1979 al 1999 è membro del Parlamento Europeo, eletto nelle liste della CSU, il partito cristiano-sociale bavarese. Poliglotta e uomo dalla personalità affascinante, aureato dal fascino della memoria paterna e dell’antica dinastia, si adopera per migliorare le relazioni e stringere la solidarietà fra i vari Paesi del Vecchio Continente, inclusi quelli che dopo il 1989 escono dalla lunga e tragica ibernazione socialcomunista, molti dei quali — Ungheria, Slovenia, Croazia — già parte dell’impero.
Otto, dopo diverse cerimonie esequiali svoltesi a Pöcking, a Monaco, a Budapest, al santuario di Mariazell e, infine, nella cattedrale di Vienna, dal 16 luglio 2011 riposa con gli altri sovrani — a esclusione del padre Carlo, tuttora a Funchal — nella cripta della viennese Chiesa dei Cappuccini. Vi è stato ammesso non come sovrano apostolico di cento paesi e contrade, ma solo come confesso e umile peccatore.
In Otto d’Asburgo si sono conservate e hanno rivissuto sia l’antica vocazione politica della dinastia che ha retto il Sacro Impero per secoli, sia la perenne vocazione alla politica dell’ideale cristiano. Egli ha saputo declinare entrambe al presente, nel contesto dell’Europa della Guerra Fredda e della nuova Europa che inizia a formarsi dopo il 1989.
In lingua italiana sono disponibili il suo scritto Europa imperiale. Storia e prospettive di un ordine sovranazionale (ECIG. Edizioni Culturali Internazionali Genova, trad. it., Genova 1990) e, su di lui, Stephan Baier e Eva Demmerle, Otto d’Asburgo. La biografia autorizzata (Il Cerchio, Rimini 2006).