
Lo Spirito ci mette in cammino nell’unità. La SS. Trinità, nel cui nome siamo battezzati e cresimati, è il vero modello della sinodalità ecclesiale
di Michele Brambilla
Nell’omelia dell’8 giugno, Giubileo dei movimenti e delle associazioni laicali cattoliche (presente alle celebrazioni in piazza S. Pietro anche una rappresentanza di Alleanza Cattolica), Papa Leone XIV paragona la discesa dello Spirito Santo a «un vento impetuoso che ci scuote, come un fragore che ci risveglia, come un fuoco che ci illumina».
«Il brano degli Atti degli Apostoli ci dice che a Gerusalemme, in quel momento, c’era una moltitudine di svariate provenienze, eppure, “ciascuno li udiva parlare nella propria lingua” (At 2,6). Ecco che, allora, a Pentecoste le porte del cenacolo si aprono perché lo Spirito apre le frontiere», nel senso che unisce tutti i popoli, tutte le culture e tutti i carismi senza annullare nulla di ciò che contengono di buono, ma portandolo a compimento. «Lo Spirito apre le frontiere anzitutto dentro di noi. È il Dono che dischiude la nostra vita all’amore. E questa presenza del Signore scioglie le nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi. Lo Spirito Santo viene a sfidare, in noi, il rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata dall’individualismo. È triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di “fare rete”», rimprovera il Papa alla società contemporanea.
«Lo Spirito Santo, invece, fa maturare in noi i frutti che ci aiutano a vivere relazioni vere e buone: “Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). In questo modo, lo Spirito allarga le frontiere dei nostri rapporti con gli altri e ci apre alla gioia della fraternità. E questo è un criterio decisivo anche per la Chiesa: siamo davvero la Chiesa del Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno spazio accogliente e ospitale verso tutti», come sostenuto anche nell’omelia della veglia di sabato 7 giugno. «Il Battesimo e la Confermazione, cari fratelli e sorelle, ci hanno uniti alla missione trasformatrice di Gesù, al Regno di Dio. Come l’amore ci rende familiare il profumo di una persona cara, così riconosciamo stasera l’uno nell’altro il profumo di Cristo», ha infatti detto il Pontefice in quell’omelia, spiegando cosa intenda per “sinodalità”. «In questa parola risuona il syn – il con – che costituisce il segreto della vita di Dio. Dio non è solitudine. Dio è “con”in sé stesso – Padre, Figlio e Spirito Santo – ed è Dio con noi. Allo stesso tempo, sinodalità ci ricorda la strada – odós – perché dove c’è lo Spirito c’è movimento, c’è cammino»: infatti, «siamo un popolo in cammino. Questa coscienza non ci allontana ma ci immerge nell’umanità, come il lievito nella pasta, che la fa tutta fermentare».
«Carissimi, Dio ha creato il mondo perché noi fossimo insieme. “Sinodalità” è il nome ecclesiale di questa consapevolezza», ha aggiunto il Papa. «Lo Spirito di Gesù cambia il mondo, perché cambia i cuori. Ispira infatti quella dimensione contemplativa della vita che sconfessa l’autoaffermazione, la mormorazione, lo spirito di contesa, il dominio delle coscienze e delle risorse. Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà (cfr 2Cor 3,17). L’autentica spiritualità impegna perciò allo sviluppo umano integrale, attualizzando fra noi la parola di Gesù», divenendo, cioè, dottrina sociale applicata. «Per seguire Gesù su questa via da Lui scelta non occorrono sostenitori potenti, compromessi mondani, strategie emozionali»: basta comprendere bene ciò che ci viene detto e lavorare nella Vigna del Signore in collaborazione con gli altri fratelli nella fede cattolica. «Siate dunque legati profondamente a ciascuna delle Chiese particolari e delle comunità parrocchiali dove alimentate e spendete i vostri carismi. Attorno ai vostri vescovi e in sinergia con tutte le altre membra del Corpo di Cristo agiremo, allora, in armoniosa sintonia. Le sfide che l’umanità ha di fronte saranno meno spaventose, il futuro sarà meno buio, il discernimento meno difficile», se insieme obbediremo allo Spirito Santo.
Nel Regina Coeli dell’8 giugno, Leone XIV ricorda una categoria per la quale serve particolarmente l’assistenza dello Spirito Santo: non dimentica, infatti, che «in Italia e in altri Paesi si conclude in questi giorni l’anno scolastico. Desidero salutare i giovani e tutti gli studenti e i loro professori, specialmente gli studenti che nei prossimi giorni faranno gli esami al termine del ciclo di studi», vale a dire, per l’Italia, i ragazzi di terza media e i giovani maturandi.
Allargando lo sguardo sul mondo, «lo Spirito di Cristo risorto apra vie di riconciliazione dovunque c’è guerra; illumini i governanti e dia loro il coraggio di compiere gesti di distensione e di dialogo», come il Papa stesso ha richiesto a Vladimir Putin nella conversazione intercorsa il 6 giugno.
Lunedì, 9 giugno 2025