Categoria:Saggi
Autore:Rémi Brague
Pagine: 225
Prezzo: € 10,00
Anno: 1998
Editore:Bompiani, Milano
ISBN: 978-8845234729
Questo contributo di Rémi Brague, professore emerito di Storia della filosofia medioevale nella Sorbona di Parigi, si può inserire a pieno titolo tra i testi che aiutato a comprendere cosa sia l’Europa senza cadere nella sterile polemica politica.
Il titolo originale dice del resto molto di più: Europe, la vie Romaine. In esso viene ripresa la simbologia classica delle tre città: l’Europa è la sintesi del portato di Gerusalemme, Atene e Roma. Ma già questo pone problemi. Due città su tre non sono infatti “europee” e la terza, Roma, è la più cosmopolita di tutte. L’Europa non è infatti un soggetto geograficamente definito, ma un “continente culturale”.
L’Europa ha poi un talento specifico. Brague lo chiama «secondarietà», ovvero la capacità di ascoltare e di guardare l’altro facendo proprio ciò che esso offre di buono e di bello, senza però annullare l’originale, ma conservando anch’esso. Il meraviglioso acquedotto romano, per esempio, era costruito dagli ingegneri slavi; sebbene Roma lo abbia reso universale, non ha mai nascosto la sua origine “straniera”.
Questo carattere quasi di subordinazione all’altro costituisce il vero elemento fondante dell’Europa. Si deve però intendere bene il concetto di subordinazione. Il corpo sta in posizione subordinata rispetto alla ragione e all’anima, ma senza il corpo né la ragione e né l’anima avrebbero una “casa”.
Dove ha imparato l’Europa a essere “seconda”? Da chi ha appreso a considerare la filiazione culturale, politica, tecnologica un aspetto normale della vita senza sentirsi inferiore e mettendo a frutto quanto imparato? Da Roma, che è l’origine di questo atteggiamento semplice ma fecondo, tanto che per poi “tenere tutto insieme” la Città Eterna ha dovuto inventarsi un diritto e istituzioni universali.
Roma è dunque il corpo che nulla toglie alla sovranità dell’anima e della ragione, ma che rende possibile l’insieme. La “via romana” suggerita da Brague ha reso feconda Roma prima e l’Europa poi perché è la via che permette infinite rinascite: nulla viene gettato, ma tutto è potenzialmente fonte di elaborazione e di sviluppo. Si pensi agli scritti erotici di Lucrezio: probabilmente la sensibilità dei monaci avrebbe suggerito di evitare nuove ricopiature, ma quell’atteggiamento “romano” di secondarietà ha spinto invece gli abati a conservare anche le sconcezze lucreziane. E così possiamo persino affermare, in tutta serenità, che la rivoluzione sessuale del Sessantotto non presenta nulla di dirompente essendo soltanto una copia, e mal riuscita, di vizi vecchi come il mondo.
Consigliabile a chi riveste ruoli di responsabilità