• Passa al contenuto principale
  • Skip to secondary menu
  • Passa al piè di pagina
Alleanza Cattolica

Alleanza Cattolica

Cristianità

  • Cristianità
    • La rivista Cristianità – indici
    • Abbonarsi
    • Quaderni di Cristianità
    • Edizioni Cristianità
  • Temi
    • Libertà religiosa
    • Occidente
    • Politica internazionale
    • Famiglia
      • Matrimonio
      • Divorzio
      • Family day
      • Unioni civili
      • Omosessualità
    • Educazione
    • Vita
      • Aborto
      • Droga
      • Fine vita
  • Rubriche
    • Voce del Magistero
      • Angelus
      • Udienze
      • Regina coeli
      • Discorsi
      • Magistero episcopale
    • Dizionario del Pensiero Forte
    • Archivio film
    • Lo scaffale
    • Via Pulchritudinis
      • Santità
      • Arte
      • Architettura
      • Cinema
      • Costume
      • Iconografia
      • Letteratura
      • Musica
      • Teatro
    • Nel mondo…
      • Italia
        • Elezioni 2022
      • Africa
      • Centro america
      • Europa
      • Medio Oriente
      • Mediterraneo
      • Nord America
      • Sud America
      • Sud-est Asiatico
    • Economia
    • Interviste
    • Comunicati
    • Spigolature
    • English version
    • Versión en Español
  • Spiritualità
    • Il pensiero del giorno
    • Cammei di Santità
    • Esercizi di Sant’Ignazio
    • Le preghiere della tradizione
    • Sante Messe del mese
    • Ora di adorazione
    • Affidamento a Maria
      • Appello ai Vescovi e ai Sindaci d’Italia
      • L’affidamento alla Madonna dei Vescovi
      • Affidamento alla Madonna da parte dei sindaci
  • Lettere agli amici
  • Eventi
  • Audio e Video
    • Video
      • Riflessioni di Marco Invernizzi
      • Storia della Chiesa
      • Geopolitica
      • Islam: ieri e oggi
      • Video interviste
      • Convegni
      • Conferenze
    • Scuole estive
    • Audio
    • Radio Maria
Ti trovi qui: Home / Cristianità / Giacinto de’ Sivo, La Tragicommedia, a cura di Francesco Maurizio Di Giovine e Gabriele Marzocco, Editoriale il Giglio, Napoli 1993, pp. 96, L. 15.000

Giacinto de’ Sivo, La Tragicommedia, a cura di Francesco Maurizio Di Giovine e Gabriele Marzocco, Editoriale il Giglio, Napoli 1993, pp. 96, L. 15.000

28 Aprile 1994 - Autore: Alleanza Cattolica

Francesco Pappalardo, Cristianità n. 227-228 (1994)

 

Giacinto de’ Sivo, La Tragicommedia, a cura di Francesco Maurizio Di Giovine e Gabriele Marzocco, Editoriale il Giglio, Napoli 1993, pp. 96, L. 15.000

 

Lo sforzo compiuto dalla Rivoluzione per manipolare o cancellare la memo­ria storica del popolo italiano non ha pro­dotto soltanto l’inquinamento del pa­trimonio culturale della nazione, ma ha anche relegato nell’oblio avvenimen­ti e personaggi particolarmente signifi­ca­­tivi. Nella storia del Risorgimento — fa­se italiana della Rivoluzione detta fran­cese — esempio di rilievo di tale pra­tica è costituito dal trattamento inflit­to dalla cultura ufficiale a Giacinto de’ Si­vo, scrittore e storico napoletano.

Giacinto de’ Sivo nasce a Maddaloni, in Terra di Lavoro, il 29 novembre 1814, da una famiglia di militari devota alla dinastia borbonica. Il giovane Giacinto preferisce l’arte della penna a quel­la delle armi e frequenta a Napoli la scuola del marchese Basilio Puoti, mae­stro di lingua e di elocuzione italiana. Nel 1836, poco più che ventenne, dà alle stampe un volumetto di versi, cui segue, quattro anni dopo, la prima di otto tragedie, alcune delle quali saranno rappresentate con discreto successo e stampate più volte; pubblica quindi un romanzo storico, Corrado Capece. Storia pugliese dei tempi di Manfredi. Parallelamente all’attività letteraria, entra a far parte della Commissione per l’istruzione pubblica e, nel 1848, è nominato consigliere d’Intendenza della provincia di Terra di Lavoro. L’anno seguente è capitano di una delle quattro compagnie della Guardia Nazionale di Maddaloni, fino allo scioglimento di questa milizia, quindi comanda per alcuni mesi la ricostituita Guardia Urbana. Gli avvenimenti del biennio rivoluzionario 1848-1849, che recano le prime gravi minacce all’integrità dell’antico Stato napoletano, turbano il giovane letterato e lo inducono a dedicarsi alla riflessione storica per comprendere le ragioni dell’immane tragedia che scon­volge l’Europa. I tristi presentimen­ti diventano presto realtà e, nel 1860, aggredito dalle bande garibaldine e dal­l’eser­­cito sardo, il regno delle Due Sicilie cessa di esistere dopo una storia sette volte secolare. Giacinto de’ Sivo, fedele alla dinastia legittima, è destitui­to dalla carica di consigliere d’Intendenza e imprigionato. Scarcerato alcune settimane dopo, è nuovamente arrestato il 1° gennaio 1861; finalmente liberato due mesi dopo, inizia la pubblicazione di un giornale legittimista, La Tragi­com­media, che viene soppresso dopo poche settimane. Imprigionato per la terza volta, sceglie la via dell’esilio e parte per Roma, da dove non farà più ritorno. Gli ultimi anni della sua vita sono dedicati alla difesa, spesso polemica, dell’identità nazionale del Paese — appartengono a questo periodo gli opuscoli Italia e il suo dramma poli­ti­co nel 1861 e I Napolitani al co­spet­to delle nazioni civili — e soprattutto alla ricostruzione storica. Dà alle stampe una Storia di Galazia Campana e di Mad­daloni e pubblica infine la Storia del­le Due Sicilie dal 1847 al 1861, che rappresenta il culmine della sua produ­zio­­ne letteraria e storica.

Muore a Roma il 19 novembre 1867, proprio nei giorni in cui — come fu scrit­to nel necrologio apparso su Il Veri­di­co. Foglio popolare, il settimanale an­ti­­risorgimentale la cui prima serie ven­ne pubblicata nella capitale dal­l’ago­sto del 1862 all’11 settembre 1870, sot­to la direzione di monsignor Giuseppe Troysi — «la gloriosa vittoria di Mentana gli allegrava la magnanima ira e il settenne dolore d’ingiusto esilio e gli stenti di morbo rincrudito».

Per circa sessant’anni sull’opera dello storico napoletano ha gravato una coltre di silenzio, sollevata da Benedetto Croce — partenopeo di adozione, ma privo di una comprensione adeguata della storia napoletana, a causa dei suoi pregiudizi storicistici — con un breve saggio, Uno storico reazionario: Giacinto De Sivo (Tipografia Giannini, Napoli 1918, ora in Idem, Una famiglia di patrioti ed altri saggi storici e critici, Laterza, Bari 1949, pp. 147-160), che ne offre però un’interpretazione ridut­ti­va e defor­mante.

Soltanto nel secondo dopoguerra viene data alle stampe, un secolo dopo la pri­ma edizione, la Storia delle Due Si­cilie dal 1847 al 1861 (Berisio, Napoli 1964) e vede la luce la prima biografia di Giacinto de’ Sivo, scritta con affettuo­sa «compassione» dallo storico Roberto Mascia, La vita e le opere di Giacinto de’ Sivo (1814-1867). Il narra­to­re – Il poe­ta tragico – Lo storico (Berisio, Na­po­­li 1966). Seguono quindi le riedizioni de I Napolitani al cospetto delle nazioni ci­vili (Borzi, Roma 1967) e dell’Elogio di Ferd­i­nan­do Nunziante, presentato e pub­blicato da Bru­­no Iorio con il titolo Un «eroe» borbonico (Gal­ze­rano, Ca­sal­­­ve­lino Scalo [Salerno] 1989).

Per iniziativa dell’Editoriale il Giglio, realtà animata da Silvio Vitale — uo­mo politico parte­no­peo, nonché edito­re de L’Alfiere. Pubblicazione napoleta­na tradizionalista, che da anni svolge una meritoria opera culturale in difesa del­la memoria storica napoletana —, è sta­to finalmente ristampato il periodico La Tragi­com­me­dia.

Il volume — aperto da un’ampia intro­du­zione di Francesco Maurizio Di Gio­vi­ne (pp. 5-35) e da una breve biografia del­lo storico di Maddaloni, tracciata da Ga­briele Marzocco (pp. 36-41) — pro­po­­ne i tre numeri di questo periodico, fon­dato il 19 giugno 1861 e sequestrato no­ve giorni dopo dalle autorità italiane.

La Tragicommedia, che vede la luce nei giorni più drammatici della storia na­poletana, nasce con l’intento di «[…] ri­cordar la patria quando più non v’è pa­tria, ricordar le ricchezze dileguate, l’armi perdute, fra’ rimbombi de’ canno­ni, e i gemiti de’ fucilati, e i lagni de’ car­cerati» (p. 44). Mentre altri organiz­za­­no la resistenza armata nei boschi e sul­le montagne, «[…] le nostre armi so­no la penna; le provigioni, la logica e la storia» (p. 76). Il vessillo del giorna­le è il «prepotente amore» alla patria, che non è la «Patria» astratta e letteraria dei ri­voluzionari, bensì «idea semplice cui cia­scuno intende senza dimostrazione; è il suolo ove siam nati, ove stan l’ossa de­gli avi, la terra de’ padri» (p. 78).

L’opera storica di Giacinto de’ Sivo non si esaurisce nello sterile rimpianto del passato e nella difesa incondizionata della dinastia borbonica, ma costitui­sce un’aperta denuncia della malizia e della strategia rivoluzionaria, nonché dell’inettitudine e dell’impreparazione di quanti avrebbero dovuto opporre prima una resistenza e poi, eventualmente, una reazione agli accadimenti.

Anche quando prevalgono lo sdegno per la violazione del diritto e la protesta contro l’«iniquo servaggio» che grava sulle contrade napoletane, non viene meno la consapevolezza del carattere rivoluzionario dell’aggressione al regno delle Due Sicilie, che è soltanto un episodio — anche se macroscopico — dello scontro gigantesco in atto fra la religione e l’ateismo. La «cruenta e atrocissima» lotta che contrappone italiani a italiani passa in secondo piano di fronte a un male più grave, cioè il «dileggio» che lo Stato unitario fa del diritto, della morale e della religione. L’unità politica, dunque, non è sempre un bene, anzi è un male quando viene realizzata contro la Chiesa e le autorità legittime, a danno dei valori spirituali e civili della nazione. Giacinto de’ Sivo apporta alla cultura cattolica contro-rivoluzionaria un contributo non trascurabile sia per la comprensione della dinamica delle ideologie, che si affermano nella storia attraverso «disegni nascosti» — accanto ad altri «apertamente propagandati» — «miranti a soggiogare tutti i popoli a regimi in cui Dio non conta» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XVIII Giornata Mon­dia­le della Pace, 8-12-1984, n. 6), sia per la conoscenza dei meccanismi della Rivoluzione, messi in moto soprattutto da circoli settari di origine massonica, che — dopo aver sradicato la religione dalle classi dirigenti nel corso del secolo XVIII — perseguono l’obiettivo della «democratizzazione dell’irre­li­gio­ne». Anche la dinastia borbonica e le classi dirigenti del reame hanno gravi colpe, la cui «confessione» non è meno utile della denuncia delle manovre settarie. Le calamità del secolo XIX sarebbero incomprensibili senza gli errori del secolo precedente: l’adesione degli intellettuali all’illuminismo, la decadenza colpevole della Nobiltà, il contributo decisivo dato dalla monarchia assoluta all’opera di laicizzazione dello Stato e di secolarizzazione della società, hanno indebolito il regno, che nel momento decisivo non seppe resistere all’aggressione interna ed esterna.

Poiché la Rivoluzione ha potuto procedere solo grazie all’occultamento del suo volto e dei suoi fini ultimi, il mezzo più efficace per combatterla consiste nel denunciarne lo spirito e la strategia: «Strapparle, dunque, la maschera significa sferrarle il più duro dei colpi». (Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3a ed. it. accre­sciu­­ta, Cristianità, Piacenza 1977, p. 135). Giacinto de’ Sivo ha svolto tale com­pito con efficacia, meritando l’ap­pel­­lativo di «Tacito della tirannide set­ta­ria» — attribuitogli dall’anonimo estensore del necrologio apparso su Il Veridico — per aver «strappato corag­gio­­samente all’ipocrita la rossa camicia e il tricolore paludamento, dis­ve­lan­do sott’esso di che lagrime grondi e di che sangue». Inoltre, insegna a Napoli e a tutto il Mezzogiorno d’Italia che l’attesa rinascita religiosa e civile può essere perseguita e conseguita soltanto compiendo un profondo esame di coscienza nazionale e ricuperando le proprie radici storiche e spirituali, da tempo conculcate e disprezzate, non solamente da parte di allogeni.

Francesco Pappalardo

* campi obbligatori
Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla Privacy per avere maggiori informazioni.

Controlla la tua posta in entrata o la cartella spam adesso per confermare la tua iscrizione.

Condividi:

  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) LinkedIn
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp

Correlati

Archiviato in:Cristianità, Ex-Libris

Footer

Alleanza Cattolica

Viale Parioli 40, 00197 Roma
tel. +39 349 50.07.708
IBAN: IT59N0623012604000030223995
info@alleanzacattolica.org

Privacy Policy

Cristianità

c.p. 185 – 29100 Piacenza
tel. +39 349 50.07.708
C.F. 00255140337

Chi siamo

  • Presentazione
  • Statuto
  • Riconoscimento ecclesiale
  • Decreto Indulgenza
  • Inter nos
  • Email
  • Facebook
  • Instagram
  • WhatsApp
  • YouTube

Iscriviti alle Newsletter

Controlla la tua casella di posta o la cartella spam per confermare la tua iscrizione

Copyright © 2025 Alleanza Cattolica · Accedi