Nota del 7 novembre 2018
Riproponiamo questa recensione, comparsa nel 1999 su Cristianità, della testimonianza di padre Giancarlo Politi del Pontificio Istituto Missioni Estere, notando come a distanza di quasi vent’anni la situazione dei cristiani cinesi non sia affatto migliorata.
Anna Sanguinetti, Cristianità n. 292-293 (1999)
Giancarlo Politi PIME, Martiri in Cina. «Noi non possiamo tacere» (Atti 4, 20). I «martiri» cattolici della Cina imperiale e repubblicana e della Repubblica popolare cinese, con una prefazione di Franco Cagnasso PIME, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 1998, pp. 288, £ 20.000
Padre Giancarlo Politi ha ascoltato il monito scritturale «Noi non possiamo tacere!» scrivendo questi nuovi Acta Martyrum, che trattano di quei testimoni della fede che in Cina hanno versato il loro sangue «[…] confessando gioiosamente la loro totale fedeltà a Cristo, nella sua Chiesa, spendendo la loro vita per Lui» (p. 25).
L’autore è qualificato per questa impresa: nato ad Abbiategrasso, in provincia di Milano, nel 1942, appartiene alla società di vita apostolica PIME, Pontificio Istituto Missioni Estere — nato nel 1926 dall’unione dell’Istituto per le Missioni Estere di Milano, fondato nel 1850, e del Pontificio Seminario dei Ss. Pietro e Paolo di Roma, fondato nel 1874 —, dirige la rivista Mondo e Missione e — ciò che più conta in questo contesto — è stato missionario a Hong Kong, alle porte della Cina, dal 1970 al 1993; è dunque uno dei maggiori conoscitori della situazione della Chiesa cattolica in Cina.
Martiri in Cina. «Noi non possiamo tacere» (Atti 4, 20). I «martiri» cattolici della Cina imperiale e repubblicana e della Repubblica popolare cinese si apre con una serie di precise Avvertenze al lettore (pp. 5-6), nelle quali l’autore indica le fonti della ricerca, costituite fondamentalmente da pubblicazioni edite negli anni 1940 e 1950, da informazioni raccolte durante i suoi viaggi o da membri di altre congregazioni religiose presenti in Cina prima dell’affermazione di Mao Zedong (1893-1976) e, non ultime, da testimonianze raccolte direttamente dall’autore stesso. Padre Politi spiega anche il criterio che l’ha guidato nella stesura dell’elenco dei martiri, che viene proposto suddiviso per diocesi all’interno della divisione amministrativa attualmente in vigore, risalente all’affermazione del regime comunista, e accompagnato da preziose cartine che permettono la collocazione geografica di ogni provincia. Chiudono il volume una tavola riassuntiva de I martiri cattolici in Cina dal 1600 a oggi (p. 260), che ne dà la suddivisione in vescovi, sacerdoti diocesani, missionari e religiosi, religiose e laici, l’Indice dei nomi (pp. 261-274) e la Bibliografia (pp. 275-276).
La Prefazione (pp. 7-10), firmata da padre Franco Cagnasso, Superiore generale del P. I. M. E., sottolinea anzitutto che «questo libro è una preghiera» (p. 7), una litania da interiorizzare per poter mettere a confronto con essa la propria fede e per riflettere sulla violenza e sulla crudeltà che continuano a insanguinare la storia; davanti a esse si ergono luminose le figure dei martiri, coloro che sono capaci di fare «un salto di qualità […] per entrare nella gratuità pura» (p. 9); e proprio alla vigilia del Grande Giubileo dell’Anno Duemila è opportuno — come lo stesso Papa Giovanni Paolo II invita a fare — procedere a un aggiornamento del martirologio cristiano, per far emergere nuove e splendide figure di santi.
Nell’Introduzione (pp. 11-25) padre Politi spiega le ragioni che l’hanno spinto a parlare di questi martiri dimenticati: dal richiamato ammonimento scritturale «Noi non possiamo tacere!» deriva l’impegno perché la loro memoria non venga perduta nella generale e spesso voluta distrazione odierna, perché sia condannata l’immensa ingiustizia da essi subita e soprattutto perché si rifletta sul fatto che la vita e la morte di queste persone sono grazia sovrabbondante per la Chiesa. Si tratta di persone che hanno perso la vita magari per questioni ideologiche, per motivi meschini e banali, come invidie e gelosie, per l’ingerenza dello Stato cinese in ogni ambito della vita; ma la ragione vera e più profonda del sacrificio della loro vita è la ribadita e testimoniata fede in Gesù Cristo risorto.
Sempre nell’Introduzione l’autore traccia una storia — concisa ma efficace — della Chiesa cattolica in Cina, a partire dall’inizio della sua irradiazione, avvenuta in tre fasi: nel secolo VII, il cosiddetto Periodo Nestoriano — nome che deriva dalla Stele nestoriana, sulla quale sono scolpite poche tracce di questo iniziale cristianesimo —, continuata nel secolo XI — sotto la dinastia imperiale mongola degli Yuan (1279-1368) — e, infine, ampliatasi nel secolo XVI, con l’arrivo nella Cina sud-orientale, a Macao, dei gesuiti con le loro prime residenze stabili. La propagazione della religione cristiana in Cina conosce sempre ostacoli e censure da parte del potere, ma tre sono i maggiori momenti di difficoltà: tutto il secolo XIX, l’inizio del XX — con persecuzioni a carattere locale — e il periodo a partire dall’ufficiosa e poi ufficiale affermazione del regime comunista di Mao Zedong, culminata il 10 ottobre 1949 con la proclamazione della Repubblica Popolare. Il regime attua immediatamente la sua politica religiosa, basata fondamentalmente su due princìpi: la conservazione del potere assoluto — «La rivoluzione vale certamente qualche morto», dirà Mao Zedong — e la lotta contro il fenomeno religioso, giudicato inutile e, anzi, dannoso. Fin dai primi anni di regime il terrore è pianificato e terribile: negli anni 1950 lo Stato cambia tattica e abbraccia la dottrina delle «Tre Autonomie», ideata dal pastore protestante Wu Yaozong, le cui conseguenze all’atto pratico sono il tentativo d’isolare la Cina dal resto del mondo, l’espropriazione dei beni ecclesiastici e la richiesta alla Chiesa di accettare il controllo da parte del partito comunista. Nel 1957 viene creata l’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, entro la quale il regime cerca di far confluire i fedeli; già l’anno successivo prende l’iniziativa di ordinare i primi due vescovi senza approvazione papale.
Sono anni drammatici di repressione, con numerosissime vittime: la maggior parte del clero «refrattario» e anche molti laici.
Con gli anni 1980 si ha l’ultima svolta, questa volta verso la «politica di libertà di fede religiosa». La Chiesa cattolica si spacca in due blocchi, quello «patriottico» — ovvero riconosciuto dal governo — e quello di quanti rifiutavano — e tuttora rifiutano — l’ingerenza dello Stato totalitario comunista cinese. Questi ultimi vengono considerati legalmente come dei sovversivi e come tali sono perseguitati: il movimento cattolico fedele a Roma deve allora farsi clandestino.
Oggi le sue sorti sono estremamente precarie: i leader carismatici sono ormai anziani o malati, l’organizzazione è instabile; anche se nel 1989 è stata fondata la Conferenza Episcopale Cinese, essa ha un valore pressoché unicamente simbolico.
Padre Politi nell’Introduzione si sofferma su alcune figure di martiri «storici»: quella del sacerdote domenicano spagnolo Francesco Fernando de Capillas, nato nel 1607 e decapitato nel 1648 e primo martire in Cina, beatificato da Papa san Pio X (1903-1914) nel 1909; del vescovo Pietro Giuseppe Fan Xueyan, nato nel 1907, ordinato sacerdote nel 1934 e vescovo nel 1951, incarcerato per decenni — l’autore dice testualmente «da sempre» (p. 23) — e morto, probabilmente assassinato, in prigione nel 1992, all’età di 85 anni; infine i settanta anonimi monaci trappisti del monastero della Consolazione di Yangjiaping, torturati e in parte uccisi dai comunisti.
La lunga lista di nomi che dà corpo al volume è tuttavia parziale, per ammissione dello stesso autore, perché non contiene i nomi sconosciuti dei morti di freddo, di fatiche e di stenti nei centri di deportazione. L’elenco potrebbe dunque essere ben più lungo, anche sulla base dell’agghiacciante dichiarazione di un ex gerarca cinese, Chen Yizi, che ha affermato di ricordare di aver visto un documento interno del partito comunista, che calcolava in 80 milioni il numero dei morti per cause non naturali a partire dal 1949. Non si può non domandarsi quanti altri martiri si nascondano fra questi 80 milioni di vittime. Scorrendo l’interminabile elenco dei nomi sconvolge pensare che dietro ognuno di loro si cela una donna, un uomo che non hanno esitato a versare il proprio sangue nelle più atroci torture per la fede e che, nonostante questo loro eroismo, sono stati dimenticati, spesso volutamente. Chi crede però sa che, nonostante la loro sconfitta storica, la forza della loro intercessione costituisce indubbiamente un tesoro di grazia per quanti ancor oggi, in Cina e in ogni altro luogo del mondo dove i cristiani sono in qualche modo oppressi e perseguitati, lottano per la loro fede con lo sguardo illuminato dalla luce di Cristo risorto.
Anna Sanguinetti