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Giovani, falsi maestri e vocazione cristiana

7 Febbraio 1995 - Autore: Alleanza Cattolica

Giovanni Paolo II, Discorso durante la Veglia di Preghiera in occasione della X Giornata Mondiale della Gioventù, nel Rizal Park di Manila (Filippine), del 14-1-1995, nn. 1-3, in L’Osservatore Romano, 15-1-1995. Titolo redazionale. Cristianità, 237-238 (1995)

 

“Maestro buono, che cosa devo fare?” (Mc 10, 17). La prima cosa che Gesù ha osservato è stato l’atteggiamento che questa domanda nascondeva, la sincerità della ricerca. Gesù aveva capito che il giovane era sinceramente alla ricerca della verità sulla vita e sul suo cammino personale nella vita.

Questo è importante. La vita è un dono che dura un certo periodo di tempo, in cui ciascuno di noi affronta una sfida che la vita stessa porta con sé: la sfida di avere uno scopo, un destino e di lottare per esso. L’opposto è trascorrere la vita in modo superficiale, “perdere” la nostra vita nella futilità; non scoprire mai in noi stessi la capacità del bene e della reale solidarietà, e quindi non scoprire mai la via della vera felicità. Troppi giovani non capiscono che sono proprio loro ad avere la maggiore responsabilità di dare un significato degno alla loro vita. Il mistero della libertà umana è al centro della grande avventura di vivere bene la vita.

È vero che i giovani oggi sperimentano delle difficoltà che le generazioni precedenti hanno provato solo parzialmente e in modo limitato. La debolezza di tanta parte della vita familiare, la mancanza di comunicazione tra genitori e figli, l’isolamento e l’influenza alienante di una gran parte dei mezzi di comunicazione sociale, tutto ciò può generare nei giovani confusione circa le verità e i valori che conferiscono un autentico significato alla vita.

Falsi maestri, molti dei quali appartenenti a un’élite intellettuale nel mondo della scienza, della cultura e dei mezzi di comunicazione sociale, presentano un anti-Vangelo. Dichiarano che ogni ideale è morto, contribuendo in tal modo alla profonda crisi morale che colpisce la società, una crisi che ha aperto la via alla tolleranza e perfino all’esaltazione di forme di comportamento che la coscienza morale e il senso comune una volta aborrivano. Quando chiedete loro: cosa devo fare?, la loro unica certezza è che non esiste una verità definita, un cammino sicuro. Vogliono che voi siate come loro: dubbiosi e cinici. Consapevolmente o meno, essi difendono un approccio alla vita che ha portato milioni di giovani a una triste solitudine, in cui sono privi di motivi per sperare e incapaci di vero amore.

Voi chiedete “cosa mi aspetto dai giovani?”. In Varcare la soglia della speranza, ho scritto che “il problema essenziale della giovinezza è profondamente personalistico… I giovani […] sanno che la loro vita ha senso in quanto diventa un dono gratuito per il prossimo” (p. 137). Una domanda quindi è rivolta a ciascuno di voi personalmente: siete capaci di donare voi stessi, il vostro tempo, le vostre energie, il vostro talento, per il bene degli altri? Siete voi capaci di amore? Se lo siete, la Chiesa e la società possono attendersi grandi cose da ciascuno di voi.

La vocazione di amare, intesa come autentica apertura agli esseri umani nostri fratelli e come solidarietà con loro, è la più fondamentale di tutte le vocazioni. È l’origine di tutte le vocazioni nella vita. È ciò che Gesù cercava nel giovane quando gli ha detto: “Osserva i comandamenti” (cfr Mc 10, 19). In altre parole: “Servi Dio e il tuo prossimo secondo tutte le esigenze di un cuore fedele e retto”. E quando il giovane disse che stava già seguendo quella via, Gesù lo invita a un amore ancora più grande: “Lascia tutto e seguimi: lascia tutto quello che ti riguarda e unisciti a me nell’immenso compito di salvare il mondo” (cfr v. 21). Lungo il cammino dell’esistenza di ciascuna persona, il Signore ha per ognuno qualcosa da fare.

“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21).

Giovanni Paolo II

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