Francesco Pappalardo, Cristianità n. 423 (2023)
Intervento, rivisto e annotato, svolto, con il titolo Giovanni Cantoni, un profilo, in occasione del convegno organizzato il 30 settembre 2023 a Piacenza, presso il PalabancaEventi, da Alleanza Cattolica sul tema Giovanni Cantoni, Alleanza Cattolica e la storia dell’Italia contemporanea.
Giovanni Cantoni (1938-2020), nel suo insegnamento e nella sua attività di formazione, ha sempre dedicato grande attenzione alla storia, non solo per meglio illustrare il processo rivoluzionario, ma anche e soprattutto per utilizzarla come guida alla lettura degli eventi.
«[…] l’attenzione del cattolico contro-rivoluzionario — aveva osservato, condensando le sue considerazioni in proposito — è inevitabilmente e correttamente concentrata sulla natura dell’uomo, avendo però ben presente che questa natura ha una storia — un dinamismo intrinseco e una dinamica estrinseca —, che costituisce una preziosa fonte d’informazione su tale natura, quindi un ricco deposito di esperienza, perciò base adeguata di previsione» (1).
In un’occasione precedente aveva specificato: «[…] quando vengano correttamente utilizzate, cioè non schematicamente utilizzate, le categorie filosofico-religiose e storico-politiche del pensiero cattolico contro-rivoluzionario permettono di “prevedere” — non di “profetizzare”, come ho già detto —, di ipotizzare nelle sue grandi linee lo svolgimento a venire del processo rivoluzionario» (2).
L’analisi di Cantoni non si limitava al solo livello storico, ma si articolava su più piani: teologico, politico, sociologico, in quest’ultimo caso ispirandosi a illustri studiosi, quali Giambattista Vico (1668-1744) (3) e il gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio (1793-1862).
1. La «lezione italiana»
Proprio una raccolta di scritti di padre Taparelli d’Azeglio, dal titolo La libertà tirannia. Saggi sul liberalismo risorgimentale (4), pubblicata in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, segna l’inizio della storia — o della «preistoria» — di Alleanza Cattolica e di una lunga meditazione sulla storia dell’Italia moderna, cioè quella nata dopo il 1796, anno della prima invasione franco-repubblicana e inizio della Rivoluzione italiana.
Questa riflessione viene compendiata un decennio più tardi nel saggio introduttivo alla nuova edizione italiana dell’opera del pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, in cui Cantoni ripercorre sinteticamente la storia italiana degli ultimi due secoli e ne analizza gli avvenimenti alla luce del pensiero cattolico contro-rivoluzionario, dando anche indicazioni operative (5). «Tale “lettura” — ha ribadito circa trent’anni dopo — ha costituito e continua a costituire il quadro di fondo dell’attività di Alleanza Cattolica nel suo apostolato culturale contro-rivoluzionario. Naturalmente con tutte le revisioni rese necessarie dal passare del tempo e dal suo esser esposta ai mutamenti che derivano dalla conoscenza storica» (6).
Da quella lettura emergono alcuni punti fermi.
Innanzitutto, un giudizio negativo sulla Rivoluzione del 1789 e sul processo risorgimentale, sua versione italiana; giudizio che è tuttora la discriminante ideale fra destra autentica, falsa destra e sinistra.
In secondo luogo, un’interpretazione del fascismo come fenomeno disomogeneo e articolato in varie «anime», i cui elementi trainanti non avevano alcuna connotazione «reazionaria»: un mix di socialismo nazionale, di liberalismo conservatore e di conservatorismo cattolico popolare. Si trattava di una tesi allora nuova e tale da comportare una critica radicale al mito dell’unità antifascista.
In terzo luogo, una lettura della storia del secondo dopoguerra come «la storia dei tentativi fatti per reinserire i comunisti nell’area di governo, e per indebolire e annullare ogni reazione a ciò contraria che provenisse dalla Gerarchia e dal popolo cattolico» (7).
Il fallimento di questa strategia — definita del «compromesso storico» e del «compromesso culturale» —, sancito dalle elezioni del 3 giugno 1979, che vedevano il contemporaneo insuccesso della Democrazia Cristiana (DC) e del Partito Comunista Italiano (PCI) dopo tre anni di convivenza nell’area di governo, induce Cantoni a definire come «lezione italiana» la resistenza del corpo sociale italiano all’aggressione politica e culturale comunista (8). I «cattolici democratici» avevano fallito nel tentativo di portare al governo il PCI e avevano esaurito, dunque, la loro funzione. Non era irrazionale immaginare che sarebbero stati abbandonati dalla Rivoluzione e prevedere, con almeno un decennio di anticipo, «la liquidazione della Democrazia Cristiana — avvenga essa per radicale mutazione o per massiccio ridimensionamento» (9).
La discesa in campo di Silvio Berlusconi (1936-2023), nel 1994, fa riflettere Cantoni sull’attualità della «lezione italiana», «[…] legata all’“attività”, alla “vigenza” almeno implicita di elementi non trascurabili dell’eredità storico-culturale del popolo che abita la penisola italica» (10), a loro volta frutto di una «grazia sopravvivente», sedimentatasi in «giacimenti, attivi anche se dimenticati e non rinnovati, di questi capitali storici, umani e cristiani, non reintegrati» (11).
Anche di fronteall’esito elettorale del 9 e 10 aprile 2006 — «un esito straordinario» — ritieneche «[…] tale “lezione”, per quanto spossata, non è esaurita. Per certo, stando così le cose, il corpo sociale è sempre meno in grado di contrastare vittoriosamente l’aggressione della Rivoluzione Culturale: si rivela, però, ancora capace di contenerla» (12).
Negli anni seguenti la «lezione italiana» viene inserita nel più ampio quadro della resistenza popolare — non solo nella Penisola italiana — al tentativo dello «Stato moderno» di costruire ideologicamente una società nuova e radicalmente difforme da quella tradizionale, pre-rivoluzionaria.
2. «Stato moderno», tecnocrazia e Insorgenza
2.1 Le riflessioni di Cantoni sulla natura e sullo sviluppo dello «Stato moderno» sono stimolate soprattutto dagli avvenimenti del 1989, cioè il bicentenario della Rivoluzione francese e l’implosione del sistema imperiale socialcomunista, che incrinano le certezze dell’ideologia progressista e aprono crepe profonde nel bastione della storiografia di parte.
Con la locuzione «Stato moderno» non si indica semplicemente l’organizzazione della società nel mondo contemporaneo — anche se la gran parte degli Stati contemporanei è costituita da «Stati moderni» —, ma un organismo dotato di alcune caratteristiche che si presentano per la prima volta in Occidente, una forma centralizzata di gestione del potere politico, che si afferma come unica fonte del diritto, secondo il principio della sovranità assoluta della legge (13).
Il suo sviluppo può essere letto come il passaggio dalla società che si organizza al contrasto fra la società e lo Stato, che ne è di fatto l’organizzazione, quindi al dominio dell’organizzazione sulla società, cioè all’«invasione su vasta scala della struttura statale ai danni della sfera della società tradizionale» (14). L’itinerario si conclude appunto con lo «Stato moderno» — a partire dalla Rivoluzione francese e dalla struttura creata da Napoleone Bonaparte (1769-1821) — fino allo Stato totalitario in tutte le sue versioni, quella tecnocratica non esclusa: «regime misto delle degenerazioni delle forme di governo secondo la dottrina politica classica, in quanto contemporaneamente dispotico, oligarchico e demagogico» (15).
2.2 Il riferimento al legame fra tecnocrazia e totalitarismo non è avventato, poiché entrambi tendono a occupare tutti gli spazi della vita individuale e comunitaria e a rimodellare in modo utopistico la realtà.
L’essenza della concezione tecnocratica risiede nella pretesa di espungere tutto quanto non sia quantificabile e dunque manipolabile, a cominciare da quel che dice relazione ai princìpi e a ogni ordine trascendente. «Non meraviglia, cioè, che al relativismocaldo di febbre ideologica si giustapponga o si sostituisca un relativismofreddo — ma non meno pericoloso — di apparente rigore tecnico» (16).
Già nel 1990 Cantoni, di fronte alla crisi del sistema e dell’ideologia socialcomunista, aveva messo in guardia contro il passaggio dal Karl Marx (1818-1883) realizzatore della modernità al Marx «romantico», non meno moderno e rivoluzionario, segnalando «la metamorfosi del socialcomunismo dal relativismo totalitario al relativismo democratico» (17), cioè dall’ateismo sistematico al relativismo, che si esprime attraverso la negazione di ogni verità assoluta.
In questo quadro s’inserisce la «tentazione tecnocratica» (18), l’«ultimo travestimento dell’ideologia» (19), il cui esito coincide con quello di due itinerari diversi ma ampiamenti coincidenti, il pensiero debole e il relativismo, entrambi nemici di ogni valore assoluto.
Per quanto riguarda l’Italia, Cantoni paventa già nel 1989 — anni prima di «Tangentopoli» — «l’eventualità di un “governo di tecnici”» (20). E nel 1995 denuncia i governi guidati da Carlo Azeglio Ciampi (1920-2016) e da Lamberto Dini — intervallati dal primo governo Berlusconi — come esperimenti che facevano dello Stato italiano un «laboratorio» (21) per un regime tecnocratico, caratterizzato dalla sospensione non della democrazia ma della politica.
Nel 1999, con l’inizio del settennato presidenziale di Ciampi, specifica che «il potere nella Repubblica Italiana è gestito istituzionalmente da tecnocrati e congiunturalmente da postcomunisti. Quindi, si badi bene, non da tecnocrati al servizio dei postcomunisti, bensì da postcomunisti al servizio di tecnocrati» (22). Non sorprendono questi legami fra poteri tecnocratici e forze politiche che, crollata l’ideologia, confermano la propria natura relativistica. Quel che sorprende, invece, è la resistenza dell’elettorato alla tentazione della tecnocrazia in genere, e di quella finanziaria in specie, e soprattutto al processo rivoluzionario; una resistenza che Cantoni finirà con l’annoverare nella categoria dell’Insorgenza.
2.3 Dopo circa trent’anni di riflessioni, infatti, Cantoni giunge a un inquadramento complessivo dell’Insorgenza come categoria politica, a sua volta chiave interpretativa di un fenomeno ben determinato, cioè il rifiuto da parte del corpo sociale delle imposizioni di una minoranza ideologica al potere (23).
In Italia, dopo la grande insorgenza contro la Rivoluzione francese e Napoleone (1796-1814), si possono annoverare, sotto il profilo militare, le reazioni contro il Risorgimento; e sotto quello politico, ossia come insorgenze non cruente, le elezioni politiche del 18 aprile 1948; nel 1971 la «maggioranza silenziosa», cioè il movimento di reazione contro la Rivoluzione culturale del Sessantotto e i suoi strascichi violenti; la riemersione di una opinione pubblica conservatrice a partire dalle elezioni politiche del 1994 — che Silvio Berlusconi ha avuto il merito di non aver ostacolato; le tre manifestazioni del «Family Day» nel 2007, 2015 e 2016; e l’affermazione di nuovi attori politici, impropriamente detti «populisti».
«[…] il popolo — ricorda Cantoni — è conservatore non solo dal punto di vista sostanziale — in quanto insieme di conviventi che devono avere valori condivisi appunto per poter convivere, e tali valori sono durevolmente efficaci solo se princìpi, cioè costanti e non congiunturali —, ma anche nel senso che è dotato di una capacità di conservazione di lunga durata di princìpi, attraverso un processo di micro-mitologizzazione di essi, di mitopoiesi elementare che si realizza nel luogo comune e che fa entrare in risonanza il senso comune e con esso interagisce» (24).
«Conservare» ha un senso se è il presupposto di «trasmettere» un’eredità: come «cristiani si diventa, non si nasce» (25), allo stesso modo la civiltà ha bisogno di essere trasmessa. Il corpo sociale ha vissuto a lungo, e forse non del tutto consapevolmente, di «tradizione», ma ora ha bisogno di essere rianimato.
«Se la “lezione italiana” è in via di esaurimento, s’impone una riproposizione delle condizioni delle quali gli esiti politici sono semplici ricadute; s’impone, cioè, un’azione pre-politica, che non esclude assolutamente quella politica, ma costituisce la premessa del suo rinnovamento e della sua qualità» (26).
Di fronte all’ulteriore derubricazione della politica in amministrazione; di fronte alla carenza di attori consapevoli della necessità di un impegno di lungo periodo volto a restaurare una società tendenzialmente omogenea; di fronte all’urgenza di far comprendere che la gestione del potere esecutivo non equivale al possesso del potere politico tout court e che va condotta innanzitutto una battaglia culturale, Cantoni ricordava la necessità di un’intensa opera di apostolato, appunto «culturale», che non miri alla politica di partito e si avvalga di operatori che vanno preventivamente preparati e motivati. Occorre individuare un percorso di rinascita per il nostro Paese, che sfrutti il tempo concesso dalla Provvidenza e che tenga conto concretamente della situazione drammatica in cui versa la nostra società, prima ancora della classe politica.
Bisogna esser pronti di fronte alle sorprese della storia: «Se il futuro prossimo — lascio ai profeti la gestione del futuro remoto — vedrà — meglio: vede — certamente il ridimensionamento della politica, essa potrebbe essere non obbligatoriamente commissariata e tornare fra le mani di politici simpliciter, non di amministratori prestati alla politica» (27).
Forse era una speranza, forse una «previsione». Ma la vittoria della prima forza politica italiana che ha «osato» definirsi conservatrice e la nascita, un anno fa, di un governo politico dopo numerosi governi tecnici, o comunque non espressione della volontà popolare, potrebbero aver aperto un «tempo di grazia».
Note:
1) Giovanni Cantoni, Metamorfosi del socialcomunismo: dal relativismo totalitario al relativismo democratico, relazione predisposta per il convegno internazionale Dalla Rivoluzione d’Ottobre al crollo del Muro: ascesa, caduta e metamorfosi del socialcomunismo, Milano 27-10-1996, ampliata e annotata in Cristianità, anno XXV, n. 261-262, gennaio-febbraio 1997, pp. 15-21 (p. 15).
2) Idem, Fra crisi e «ristrutturazione»: ipotesi sul futuro dell’impero socialcomunista, relazione predisposta per il convegno internazionale L’impero socialcomunista fra crisi e «ristrutturazione», Milano 8-4-1990, annotata ibid., anno XVIII, n. 187-188, novembre-dicembre 1990, pp. 13-19 (p. 14).
3) Sulla possibilità di qualificare Vico come «sociologo», cfr. Paolo Ammassari (1931-1991), Vico, Croce e la sociologia, in Alberto Izzo (1933-2014) e Carlo Mongardini (1938-2021) (a cura di), Contributi di storia della sociologia. Atti della sezione di storia della sociologia del 1° Convegno italiano di sociologia «Consenso e conflitto nella società contemporanea», Roma, 15/18-10-1991, Franco Angeli, Milano 1993, pp. 31-41.
4) Cfr. Luigi Taparelli d’Azeglio S.J., La libertà tirannia. Saggi sul liberalismo risorgimentale, a cura di Carlo Emanuele Manfredi e G. Cantoni, Edizioni di Restaurazione Spirituale, Piacenza 1960.
5) Cfr. G. Cantoni, L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, saggio introduttivo a Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 2a ed. it., trad. e cura di G. Cantoni, Edizioni di «Cristianità», Piacenza 1972, pp. 7-42; nonché 3a ed. it., trad. e cura di Idem, Edizioni di «Cristianità», Piacenza 1977, pp. 7-50 (ora in Idem, Scritti sulla Rivoluzione e sulla nazione. 1972-2006, a cura e con una Premessa di Oscar Sanguinetti, Edizioni di «Cristianità», Piacenza 2023, pp. 113-180).
6) Idem, «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» quarant’anni dopo, in Cristianità, anno XXVII, n. 289, maggio 1999, pp. 17-20 (p. 18).
7) Idem, L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3a ed. it., cit., p. 30.
8) Cfr. Idem, La «lezione italiana». Premesse, manovre e riflessi della politica di «compromesso storico» sulla soglia dell’Italia rossa, con in appendice l’Atto di consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria, Edizioni di «Cristianità», Piacenza 1980.
9) Ibid., p. 16.
10) Idem, Le grandi linee politiche in Italia nel quindicennio dal 1979 al 1994 in una prospettiva contro-rivoluzionaria con qualche orientamento operativo, senza data (probabilmente 1995), testo inedito.
11) Idem, La «lezione italiana». Premesse, manovre e riflessi della politica di «compromesso storico» sulla soglia dell’Italia rossa, cit., p. 13.
12) Idem, L’Italia in bilico. Dopo la tornata elettorale del 9 e 10 aprile 2006, in Cristianità, anno XXIV, n. 334, marzo-aprile 2006, pp. 3-6 (p. 5). Quella tornata elettorale aveva visto un sostanziale pareggio fra la coalizione guidata da Silvio Berlusconi e «tutte le lobby culturali, massmediatiche ed economiche, intenzionate questa volta a realizzare non un regime socialcomunista […] bensì una rivoluzione culturale» (ibid., p. 4).
13) Cfr. il mio La parabola dello Stato moderno. Da un mondo «senza Stato» a uno Stato onnipotente, D’Ettoris Editori, Crotone 2021.
14) Robert Alexander Nisbet (1913-1996), Rousseau totalitario, in Cultura&Identità. Rivista di studi conservatori, anno IX, nuova serie, n. 18, 16 dicembre 2017, pp. 31-41 (p. 32).
15) G. Cantoni, L’impero socialcomunista fra crisi e «ristrutturazione», in Cristianità, anno XVIII, n. 177, gennaio 1990, pp. 3-6 (p. 3).
16) Paolo Mazzeranghi, voce La Tecnocrazia, in IDIS. Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale (a cura di), Dizionario del Pensiero Forte, nel sito web <www.alleanzacattolica.org/la-tecnocrazia> (consultato il 31-10-2023).
17) Cfr. G. Cantoni, Metamorfosi del socialcomunismo: dal relativismo totalitario al relativismo democratico, in Cristianità, anno XXV, n. 261-262, gennaio-febbraio 1997, pp. 15-21.
18) Cfr. Idem, Nota sulla tentazione tecnocratica, ibid., anno XVII, n. 170, giugno 1989, p. 16.
19) Ibidem.
20) Ibidem.
21) Cfr. Idem, Repubblica Italiana: laboratorio per un regime tecnocratico?, ibid., anno XXIII, n. 247-248, novembre-dicembre 1995, pp. 3-4 (p. 3).
22) Idem, Fine della Democrazia Cristiana, inizio della Seconda Repubblica e del regime tecnocratico, ibid., anno XXVII, n. 289, maggio 1999, pp. 3-4 e p. 30 (pp. 3-4).
23) Cfr. Idem, L’insorgenza come categoria storico-politica, ibid., anno XXXIV, n. 337-338, settembre-dicembre 2006, pp. 15-28, ora in Idem, Scritti sulla Rivoluzione e sulla nazione. 1972-2006,cit., pp. 48-85.
24) Idem, La «memoria» del centrodestra, ibid., anno XXV, n. 269, settembre 1997, pp. 3-4 e p. 18 (p. 18).
25) Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (155-220 ca.), Apologetico, XVIII, 4, trad. it., Mondadori, Milano 1996, pp. 70-71.
26) G. Cantoni, L’Italia in bilico. Dopo la tornata elettorale del 9 e 10 aprile 2006, cit., p. 5.
27) Idem, Le grandi linee politiche in Italia nel quindicennio dal 1979 al 1994 in una prospettiva contro-rivoluzionaria con qualche orientamento operativo, cit.