Oscar Sanguinetti, Cristianità n. 423 (2023)
Intervento, annotato, svolto in occasione del convegno organizzato il 30 settembre 2023 a Piacenza, presso il PalabancaEventi, da Alleanza Cattolica sul tema Giovanni Cantoni, Alleanza Cattolica e la storia dell’Italia contemporanea.
Come a molti di voi è noto, Giovanni Cantoni, che oggi ricordiamo con affetto, preferiva decisamente la parola «parlata» rispetto a quella, come si dice, «nero su bianco». I suoi scritti sono testi di respiro per lo più breve, più spesso articoli di periodico e qualche volta anche saggi destinati a volumi scritti con altri autori o a volumi collettanei. I suoi libri — ricordo, per esempio, La lezione italiana, uscito nel 1980, e Per una civiltà cristiana nel terzo millennio, apparso nel 2008 — sono in sostanza raccolte di articoli e di relazioni a convegno.
Altro aspetto, Giovanni Cantoni non ha mai parlato o scritto per divertissement, ma nell’intento costante di far conoscere al prossimo qualcosa che lui stesso aveva «conquistato» nella sua ininterrotta opera di ricerca e di riflessione, ponendosi sempre nella logica cristiana del «contemplata aliis tradere», una forma non secondaria di amore per il prossimo. In altri termini, egli si poneva perennemente in una prospettiva di apostolato militante, che, all’occasione, quando si trattava di difendere verità negate, diveniva anche vis polemica.
Cantoni, che pure avrebbe potuto concedersi più di un «volo pindarico» intellettuale — e i suoi scritti giovanili, per chi ha avuto la ventura di scorrerne qualcuno, ne sono testimonianza —, scriveva soprattutto per la sua erigenda o edificata associazione di cattolici contro-rivoluzionari, Alleanza Cattolica, la sua creatura prediletta. Alleanza Cattolica riprendeva, in un mondo profondamente mutato, una linea dottrinale, quella cattolica contro-rivoluzionaria, e rilanciava un percorso di azione culturale che il cattolicesimo civico-politico italiano aveva abbandonato da oltre quarant’anni, dal tempo della scelta «clerico-fascista» di Papa Pio XI (1922-1939) nel 1929. Si trattava, quindi, di una impresa ardua, che abbisognava di costante e pregiato alimento di chi vi si impegnava, dei dirigenti e dei militanti dell’associazione: un alimento a base di «lezioni» della storia, di idee, di modelli, di un «pantheon» di riferimenti culturali, persino di aneddoti e di proverbi… E Cantoni dedicherà ad Alleanza Cattolica, al suo insieme e a ciascuno dei suoi membri, ogni sua energia, ogni sua risorsa, ogni suo momento sino a età veneranda.
Quando impugnava la penna, Cantoni poggiava sempre i suoi giudizi su un apparato critico di alta qualità e dalla forma rigorosa, al limite sovrabbondante, pur evitando sfoggi di erudizione che, a differenza di molti che pure «vanno per la maggiore», avrebbe potuto di certo permettersi. Non lo faceva per il culto del dettaglio o per un amore sviscerato alla forma — tendenze, peraltro, in sé lecite —, ma specialmente per dare ragioni sensate e fruibili al vero, per «blindare» ogni sua affermazione, da possibili attacchi da parte dei non pochi avversari delle sue posizioni culturali.
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I temi con cui Cantoni si è misurato sono stati tanti, dalla teologia alla dottrina sociale della Chiesa, dal Magistero alla politica, dagli scritti degli autori della scuola contro-rivoluzionaria agli autori spirituali.
Ha tuttavia avuto sempre un pénchant, una inclinazione, per il genere storico e per gli scrittori di storia, fossero essi dall’accostamento che potremmo definire «empirico», fossero essi gli «amici» Régine Pernoud (1909-1998), Marco Tangheroni (1946-2004), Jean Dumont (1923-2001) oppure figure «classiche» da — fra i tanti — Johan Huizinga (1872-1945) a Renzo De Felice (1929-1996), oppure «filosofi» o «teologi della storia», come Gonzague de Reynold (1880-1970), Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), il padre domenicano Roger-Thomas Calmel (1914-1975), Christopher Dawson (1889-1970), senza dimenticare il suo diletto Nicolás Gómez Dávila (1913-1994), e tanti altri.
Il suo interesse per la storia, anche da quella medioevale a quella contemporanea, era decisamente finalizzato al presente e alla politica: «chi sbaglia storia sbaglia politica», sosteneva. Da buon seguace ed esponente della scuola cattolica contro-rivoluzionaria, oggetto principale della sua attenzione e della sua riflessione era tuttavia quel fenomeno patologico che caratterizza l’Occidente — e, di qui, il mondo — a partire dall’«autunno del Medioevo». Una dinamica che, per stadi successivi, ha cambiato i connotati della sua e nostra civiltà sino alla drammatica condizione morale e spirituale in cui ci si trova a vivere nei primi decenni del nuovo millennio, ma che era pervenuta a uno stadio assai avanzato già quando Giovanni Cantoni si affacciava alla scena pubblica. «È tutto un mondo, che occorre rifare dalle fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, da umano in divino, vale a dire secondo il cuore di Dio», diceva già nel 1952 il venerabile Pontefice Pio XII (1939-1958) (1).
Della Rivoluzione, attingendo ai migliori interpreti della scuola di cui aveva abbracciato la cultura, egli individuava le radici pluridimensionali, studiava le metamorfosi storiche, cercava d’intuire e di anticipare le mosse, penetrava le dimensioni meno visibili: quelle morali e metafisiche. E di quella «patologia sociale», simmetricamente, studiava gli antidoti e i farmaci, nonché le modalità migliori per somministrarli a un corpo sociale sempre meno reattivo.
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Il volume pubblicato dalle Edizioni di «Cristianità» di cui parliamo oggi raccoglie alcuni di questi saggi, il cui tratto comune è appunto lo sforzo di dare lettura al fenomeno rivoluzionario nelle sue premesse culturali e nelle sue vicende storiche. Una lettura che salta la lunga fase di preparazione «culturale» di esso — il Rinascimento, la «rivolta protestante» (2) e l’illuminismo scettico e razionalista —, in cui la sua azione, alimentata dall’affermarsi del paradigma del moderno, agisce prevalentemente nella sfera delle pulsioni e delle idee e ha come obiettivo cambiare il senso comune delle élite, laiche ed ecclesiastiche, europee.
Ha invece come tema specifico il plesso di eventi che origina nel 1789, data emblematica, che segna il passaggio della Rivoluzione dalla cultura delle cerchie elevate della società all’intero ordine civile, alla instaurazione di un nuovo sistema politico e, in buona misura, anche sociale in tutta Europa. Un evento epocale, come dirà Joseph de Maistre (1753-1821) (3), che inizia un processo che si snoderà, con fasi di avanzata impetuosa e di apparente regresso, con metamorfosi e cambi di accenti, con fasi «discrete» ed esplosioni cruente, lungo tutto l’Ottocento e il Novecento, giungendo fino ai nostri giorni, quando, operata la «lunga marcia» attraverso la società, con il Sessantotto — altra data vessillare —, torna a presentarsi come Rivoluzione culturale e morale che invade capillarmente le microstrutture del sociale, fino a penetrare nelle anime dei singoli.
Due dei saggi che il volume contiene sono dedicati al significato autentico dell’Ottantanove, in prospettiva religiosa e di lungo termine; un terzo descrive e interpreta la vasta reazione popolare che la Rivoluzione «giacobina» e napoleonica innesca in tutta Europa, e non solo. Un quarto articolo, trascritto direttamente dal parlato, affronta invece il tema della socialità umana alla luce dell’osservazione del reale e delle leggi della natura, soffermandosi sulle «cerchie», dalla famiglia alla nazione, allo Stato, in cui la intrinseca relazionalità dell’uomo e della donna si proietta e di cui essi abbisognano per giungere alla propria perfezione naturale e, indirettamente, soprannaturale. Da ultimo, il volume ripropone un saggio importante, che per molti amici di Giovanni Cantoni è stata occasione della propria conversione intellettuale e politica e, quindi, spirituale. Un lavoro in cui egli applica le categorie della dottrina contro-rivoluzionaria alla storia dell’Italia contemporanea, una storia che nasce dal nostro «Ottantanove», ovvero il 1796, quando le baionette rivoluzionarie dilagano nella Penisola e ne sconvolgono manu militari istituzioni, classi dirigenti, territori, scardinando equilibri invalsi da secoli. Il saggio L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, contenuto nella seconda e nella terza edizione del volume del pensatore brasiliano, uscite rispettivamente nel 1972 e nel 1977, non figura più nell’edizione definitiva del 2009 del testo deoliveirano e, quindi, l’opera offre una occasione unica per riappropriarsene.
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Perché riproporre questi scritti ormai datati? In primis, perché Cantoni ribadiva ininterrottamente che «repetita iuvant», cioè che i testi importanti vanno letti e riletti, se se ne vuole capire il contenuto e «carpire» l’insegnamento. E i numeri della raccolta di Cristianità o le vecchie audiocassette su cui i testi e le conferenze cantoniane ormai figurano non agevolano certo questa rilettura. Inoltre, secondo motivo, i temi su cui essi vertono sono temi classici e imperituri della cultura e della «battaglia delle idee» contro-rivoluzionaria e devono entrare, come si dice, nel bagaglio argomentativo anche materiale — la biblioteca — di chi in questa battaglia non vuole svolgere solo un ruolo di retrovia o passivo.
In conclusione, gli scritti di Giovanni Cantoni sulla Rivoluzione e sulla nazione sono un testo — auspicabilmente il primo di una serie — che compendia un «cosmo culturale» e un cardine della lettura conservatrice contro-rivoluzionaria della storia e delle radici del presente ed è — oltre a mantenere viva, quanto meno sotto il profilo intellettuale, la memoria di un maestro e amico — una lettura utile per chi vorrà trarne lezione.
Oscar Sanguinetti
Note:
1) Pio XII, Radiomessaggio ai fedeli romani, del 10-2-1952.
2) Cfr. Monsignor Léon Cristiani (1879-1971), La rivolta protestante. Storia della Chiesa dal 1450 al 1623, trad. it., Edizioni Paoline, Catania 1962.
3) Cfr. «[…] la rivoluzione francese è una grande epoca […] le sue conseguenze, in tutti i campi, si faranno sentire molto al di là del tempo della sua esplosione e dei confini del suo ambito proprio» (Joseph de Maistre, Considerazioni sulla Francia, trad. it., Editori Riuniti, Roma 1985, p. 18).