Massimo Introvigne, Cristianità n. 346 (2008)
Giovanni Cantoni nasce a Piacenza nel 1938. La sua biografia è inseparabile dalla storia di Alleanza Cattolica, di cui è fondatore e reggente nazionale, e dalle iniziative che, a partire dal 1960, sono andate preparando la nascita di tale associazione. Nel 1972 fonda l’editrice Cristianità e dal 1973 dirige l’omonima rivista, che di Alleanza Cattolica è organo ufficiale. Animatore di diverse iniziative culturali e traduttore dal francese, dallo spagnolo e dal portoghese, ha pubblicato quattro volumi e oltre trecento fra articoli e studi in materia di religione, di politica e di cultura. Fra i suoi scritti, L’Italia fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Saggio introduttivo all’opera di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (trad. it., Cristianità, Piacenza 1972); La lezione italiana. Premesse, manovre e riflessi della politica di “compromesso storico” sulla soglia dell’Italia rossa (Cristianità, Piacenza 1980); e Aspetti in ombra della legge sociale dell’islam. Per una critica della “vulgata” “islamicamente corretta” (Centro Studi sulla Cooperazione Arcangelo Cammarata, San Cataldo [Caltanissetta] 2000). Con me è coautore dell’opera Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”. Con appendici (Cristianità, Piacenza 1996); e con Francesco Pappalardo ha curato e ha collaborato a Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa (D’Ettoris, Crotone 2006; cfr. la mia recensione in Cristianità, anno XXXIV, n.335, maggio-giugno 2006, pp. 19-22; e Alberto Caturelli, “Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa”: lettura e bilancio di “un’opera che fa pensare”, ibid., anno XXXV, n. 341-342, maggio-agosto 2007, pp. 39-43).
Per una civiltà cristiana nel terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo si presenta come una raccolta di ventiquattro articoli: quello di più vecchia data risale al 1964 e il più recente al 2007; la maggioranza di essi è apparsa appunto su Cristianità, arricchiti da note non presenti nella versione originale. L’opera è divisa in tre parti: la prima dedicata alla Nuova Evangelizzazione — Nuova Evangelizzazione e nostalgia dell’avvenire (pp. 15-58) —, la seconda alle nozioni di Occidente e di Magna Europa dopo l’11 settembre 2001 — Coscienza della Magna Europa (pp. 59-135) — e la terza al ritorno di spunti di pensiero cattolico contro-rivoluzionario dal Nuovo Mondo, particolarmente ibero-americano, all’Europa Continentale: Il quinto viaggio di Colombo — l’espressione è del filosofo argentino Alberto Caturelli — (pp. 137-248). L’opera è completata da una Notizia sull’autore (pp. 249-250) e da un utile Indice dei nomi (pp. 251-256), ed è aperta da un’Introduzione dello stesso Cantoni —Quarant’anni dopo il Sessantotto (pp. 7-13) —, dove si rileva in particolare come non sia casuale che la raccolta veda la luce quarant’anni dopo la Rivoluzione Culturale italiana e internazionale del 1968.
Per definizione, una raccolta di articoli si presta male al riassunto, e l’opera ha anche una funzione di consultazione, come autentica miniera su una quantità disparata di argomenti di cui Cantoni ha avuto occasione di occuparsi seguendo la propria curiosità intellettuale e le necessità dell’apostolato di Alleanza Cattolica. Tuttavia, non ci si trova di fronte a una semplice giustapposizione di testi eterogenei. Al contrario, l’opera si lascia leggere cover to cover — “dalla prima alla quarta di copertina” — perché il criterio secondo cui i testi sono disposti, se è cronologico all’interno di ciascuna delle tre parti, è anche logico così che ogni parte dell’opera trasmette al lettore alcune tesi precise, che sono al cuore stesso della storia di Alleanza Cattolica. Da questo punto di vista, l’opera è uno strumento indispensabile per comprendere che cos’è, che cosa fa ma anche com’è nata e quali scelte ha compiuto l’associazione nel corso della sua storia pluridecennale.
Anzitutto, Alleanza Cattolica è un’agenzia — qualche cosa, dunque, di diverso da un movimento — il cui carisma specifico è in primo luogo lo studio e la divulgazione del Magistero della Chiesa, in secondo luogo il giudizio sull’attualità sociale, culturale e politica alla luce dei princìpi insegnati da tale Magistero. La prima parte dell’opera, dedicata alla Nuova Evangelizzazione, mette a tema questo aspetto — cruciale — dell’attività di Cantoni e di Alleanza Cattolica e ne fornisce un esempio. I quattro articoli si riferiscono tutti al pontificato di Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) che per molti militanti di Alleanza Cattolica — più giovani rispetto alla prima generazione da cui origina l’associazione — è stato il Papa dell’entusiasmo e della giovinezza, la figura attraverso cui hanno imparato ad amare la Chiesa e il suo Magistero. I testi documentano il paziente lavoro di studio, quindi di esposizione dell’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II sul tema della Nuova Evangelizzazione, una formula — evidentemente — notissima, ma che troppo spesso rischia di ridursi a uno slogan povero di contenuto. Cantoni mostra invece come il Papa venuto dalla Polonia colleghi la Nuova Evangelizzazione anzitutto a un giudizio sul comunismo, cui all’indomani del crollo dell’Impero sovietico si riferisce come al frutto di “[…] tragiche utopie che hanno provocato un regresso senza precedenti nella storia tormentata dell’umanità” (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura, del 12-1-1990, cit. p. 17). Considerando che la “storia tormentata dell’umanità” ha davvero conosciuto — dalle epidemie di peste alle invasioni dei mongoli — molte pagine oscure, il giudizio relativo a un regresso “senza precedenti” si traduce in un’espressione fortissima, quasi a compensare quel riferimento al comunismo che molti padri conciliari chiedevano al Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) e che, per una complessa serie di ragioni, nei testi del Concilio alla fine non vi fu.
In secondo luogo, il crollo del comunismo coinvolge tutto un processo che ha progressivamente allontanato l’Europa da quella sintesi di ragione e di fede che faticosamente si era costruita. Secondo la dichiarazione Siamo testimoni di Cristo che ci ha liberato dell’Assemblea Straordinaria per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, del 1991, “il crollo del comunismo mette in questione l’intero itinerario culturale e socio-politico dell’umanesimo europeo, segnato dall’ateismo non solo nel suo esito marxista, e mostra coi fatti, oltre che in linea di principio, che non è possibile disgiungere la causa di Dio dalla causa dell’uomo” (cit.p. 29).
In terzo luogo, il Concilio Ecumenico Vaticano II — dei cui documenti il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 costituisce, secondo Cantoni, una “organizzazione catechistica” (p. 57) —, nell’interpretazione autentica che ne offre Papa Giovanni Paolo II, e si tratta di una costante del suo lungo pontificato, “[…] non è stato un inginocchiarsi della Chiesa davanti al mondo moderno, ma il piegarsi, persino l’inginocchiarsi della Chiesa — questo sì — al capezzale di un mondo morente per accompagnarne l’agonia, a esso però sopravvivendo per continuare la propria missione” (p. 58). La formula utilizzata da Papa Paolo VI (1963-1978) nell’Allocuzione nell’ultima sessione pubblica del Concilio Vaticano II, del 7-12-1965 — “L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio” (cit. p. 57) — diventa, con Papa Giovanni Paolo II, la Nuova Evangelizzazione. “Non questo, però, — nota Cantoni — hanno di volta in volta suggerito e insinuato, durante il suo svolgimento e — soprattutto — nel tragico periodo postconciliare, e continuano a suggerire e a insinuare lettori maliziosi o tanto ingenui quanto superficiali, il cui trionfo contingente ma pluriennale non ha mancato di provare duramente e di far soffrire dolorosamente tanti, fra i quali rubrico me stesso e, sotto mia responsabilità, i miei maestri, nonché di disorientare molti — evidentemente i “più fedeli” fra i fedeli — e, purtroppo, d’indurre anche taluni, per certo inopportunamente, a mettere in questione “il bambino” a fronte del lerciume dell’”acqua del bagno”” (p. 58). Questo brano, scritto originariamente nel 2000, anticipa in modo significativo l’insegnamento di Papa Benedetto XVI secondo cui, a proposito del Concilio Ecumenico Vaticano II, “[…] due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro” (Discorso ai Cardinali, agli Arcivescovi, ai Vescovi e ai Prelati della Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 22-12-2005, Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. I, pp. 1018-1032 [p. 1024) e una “ermeneutica della discontinuità e della rottura” (ibidem) che, pure in quanto “[…] si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna” (ibidem), è sembrata a lungo prevalere.
D’altro canto, il brano del 2000 definisce in modo fermo la posizione di Alleanza Cattolica: rifiutare, alla scuola del Magistero, l’“ermeneutica della discontinuità e della rottura” significa — per usare ancora espressioni di Papa Benedetto XVI — rifiutare certo il “progressismo sbagliato” (Incontro con il Clero ad Auronzo di Cadore, del 24-7-2007, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 26-7-2007), ma anche l’“anti-conciliarismo” (ibidem), che parte dalla stessa premessa sbagliata di discontinuità fra il Concilio Ecumenico Vaticano II e il Magistero precedente per arrivare a un giudizio opposto ma ugualmente errato, secondo cui i documenti del Concilio dovrebbero essere rifiutati in quanto contrari alla tradizione della Chiesa. La scelta di questi “anti-conciliaristi”, che con l’acqua sporca del “progressismo sbagliato” hanno buttato via anche il bambino, cioè i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, può essere spiegata e compresa psicologicamente e sociologicamente. Ma non è stata la scelta di Cantoni e di Alleanza Cattolica.
La seconda parte dell’opera di Cantoni parte dall’evento dell’11 settembre 2001 e segue la storia, talora perfino la cronaca, degli anni che vanno dal 2001 al 2007, affrontando una questione che non è però occasionale, anzi è al cuore del dibattito culturale contemporaneo. Esiste un Occidente? È davvero aggredito da una corrente, l’ultra-fondamentalismo islamico, che non rappresenta per certo tutto l’islam ma che nell’islam contemporaneo costituisce una presenza tutt’altro che secondaria e irrilevante? Merita di essere difeso? L’analisi di Cantoni mostra come l’iniziale simpatia per il popolo americano e per le vittime dell’11 settembre è rapidamente evaporata in una serie infinita di distinguo, che — se talora traducono forme di anti-americanismo e di pacifismo piuttosto grossolane — altre volte sono il riflesso di scelte dottrinali di fondo. Un anti-americanismo per così dire “di destra” — che Cantoni identifica reiteratamente con nomi e cognomi di chi lo propugna, a cominciare dallo storico Franco Lorenzo Cardini — denuncia gli Stati Uniti d’America come un Paese intrinsecamente “anti-tradizionale”, il quale non presenterebbe nessuna continuità rispetto all’Europa e alle sue radici cristiane, tanto che le stesse nozioni di un Occidente o di una Magna Europa, che comprenderebbero insieme l’Europa e gli Stati Uniti d’America, sarebbero propagandistiche e spurie. L’Europa — almeno l’Europa tradizionale, radicata nel cristianesimo — e gli Stati Uniti d’America non starebbero dalla stessa parte. Da una parte vi sarebbero i tradizionali valori religiosi — in crisi in Europa, nonché, si aggiunge spesso, abbandonati dal mondo ebraico, ma ancora vivi nel mondo islamico e in certi ambienti dell’Estremo Oriente —, dall’altra l’ideologia illuminista, massonica, consumista e materialista degli Stati Uniti d’America. Questa negazione dell’Occidente di solito si accompagna oggi ad atteggiamenti politici “islamofili”, che detestano gli Stati Uniti d’America per la loro presunta “islamofobia” e vedono nei paesi islamici gli ultimi baluardi della Tradizione con la T maiuscola.
Anche questa, alla fine, è una questione di bambini e di acqua sporca, e anche qui l’analisi di Cantoni — che dunque non si riduce affatto a una serie di notazioni politiche, pure presenti e inevitabili, sull’atteggiamento dopo l’11 settembre 2001 dei diversi governi che si sono succeduti in Italia — definisce una posizione che attraversa la storia di Alleanza Cattolica. Come ha preso le distanze in modo netto da una certa “destra” religiosa che ha buttato via il bambino dell’insegnamento autentico del Concilio — possibile mappa, come lo ha presentato Papa Giovanni Paolo II, per l’auspicata Nuova Evangelizzazione — insieme con l’acqua sporca di quella che Papa Benedetto XVI chiama “ermeneutica della discontinuità e della rottura”, così Alleanza Cattolica — seguendo anno dopo anno, mese dopo mese, la lettura degli avvenimenti nazionali e internazionali proposta con pazienza e con puntualità da Cantoni — ha sempre criticato una certa “destra” politica che butta via il bambino della Magna Europa e dei valori e delle radici comuni che definiscono l’Occidente insieme con l’acqua sporca delle correnti laiciste e materialiste che si sono manifestate negli ultimi secoli tanto negli Stati Uniti d’America quanto in Europa. Questa “destra” sottovaluta gravemente il pericolo costituito dall’ultra-fondamentalismo islamico e si costruisce una visione romantica e irrealistica dell’islam contemporaneo: quando, sulla base del principio che “il nemico del mio nemico è mio amico” (p. 90) — dopo aver appunto identificato gli Stati Uniti d’America con “il nemico” —, non finisce per arrivare a una posizione per cui “[…] il mondo islamico viene assunto come l’alleato ideale” (ibidem). Beninteso, la “destra” anti-americana ha qui posizioni ultimamente analoghe, pure fondate su giudizi almeno teoricamente opposti, rispetto alla “sinistra” anti-americana. Ma anche qui vale l’analogia con lo scenario religioso, dove la “destra” “anti-conciliarista” e la “sinistra” “progressista” interpretano entrambe il Concilio Ecumenico Vaticano II come un momento di rottura assoluta con il Magistero precedente, salvo poi dare di questa rottura giudizi opposti.
La questione dell’Occidente, naturalmente, è anzitutto una questione storica. Con riferimento agli Stati Uniti d’America la domanda è se i Padri Fondatori, gli autori della Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 e della Costituzione del 1787, intendessero dar vita a un esperimento politico slegato da un rapporto organico con una particolare Chiesa o comunità ma nello stesso tempo fondato su valori religiosi, ovvero se lo Stato americano nascesse invece all’interno di una matrice anti-religiosa fondata sul laicismo illuminista e massonico. Felicemente, alla questione ha dato autorevole risposta — inserendosi in un dibattito storiografico pluridecennale, se non plurisecolare — Papa Benedetto XVI nel corso del viaggio apostolico negli Stati Uniti d’America svoltosi dal 15 al 21 aprile 2008. Tornando ripetutamente sul tema, Papa Benedetto XVI ha sottolineato come “sin dagli albori della Repubblica, la ricerca di libertà dell’America è stata guidata dal convincimento che i principi che governano la vita politica e sociale sono intimamente collegati con un ordine morale, basato sulla signoria di Dio Creatore. Gli estensori dei documenti costitutivi di questa Nazione si basarono su tale convinzione, quando proclamarono la “verità evidente per se stessa” che tutti gli uomini sono creati eguali e dotati di inalienabili diritti, fondati sulla legge di natura e sul Dio di questa natura” (Discorso di Benedetto XVI durante la cerimonia di benvenuto alla Casa Bianca, del 16-4-2008, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 18-4-2008). Naturalmente, Papa Benedetto XVI non intende beatificare i Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America — alcuni dei quali erano, per così dire, “religiosi a modo loro”, come lo stesso George Washington (1732-1799), che negava la Trinità e la verginità della Madonna — e, per rimanere alla metafora utilizzata da Cantoni, è ben consapevole dell’”acqua sporca” costituita dall’individualismo tipico dell’ethos statunitense che, applicato alla religione, ne determina una frammentazione dannosa alla fede e alla società: ma, mentre denuncia l’acqua sporca, non intende fare di questa denuncia occasione o pretesto per buttare via anche il bambino dell’esperimento politico-sociale americano che giudica invece “un modello fondamentale e positivo” (Il colloquio del Papa con i giornalisti durante il volo verso Washington, del 15-4-2008, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 17-4-2008).
Cantoni non tratta specificamente della questione storiografica relativa agli Stati Uniti d’America — che rimane però sullo sfondo del suo discorso sul “dopo 11 settembre” — ma si diffonde, invece, su una questione parallela che riguarda l’Iberoamerica, oggetto della terza parte dell’opera. Anche qui chi nega la nozione di Magna Europa e la sostanziale solidarietà di valori fra l’Europa e l’intero continente americano — Nord, Centro e Sud — ricostruisce le guerre di secessione o di separazione dalla Spagna ibero-americane (1808-1823) — per il Brasile, com’è noto, la separazione dal Portogallo fu incruenta e non richiese una guerra — come se si trattasse della versione iberoamericana della Rivoluzione Francese e di una rottura all’insegna dell’illuminismo contro la Spagna cattolica e monarchica, simbolo dei valori tradizionali europei. Non è così, spiega Cantoni, che in un capitolo — Ricordo di Julio Cesar Ycaza Tigerino (1919-2001). Coscienza dell’Iberoamerica e dell’Occidente cristiano (pp. 213-219) — consacrato alla rievocazione del giurista, sociologo, letterato e uomo politico nicaraguense afferma che — pur dovendosi certamente differenziare le varie situazioni nazionali e locali — fondamentalmente si trattò di “[…] conflitti condotti non contro la Spagna e, tanto meno, contro la Corona spagnola, ma contro la Spagna anti-spagnola sfigurata dall’assolutismo borbonico e caduta sotto il dominio della Francia rivoluzionaria attraverso la conquista a opera di Napoleone Bonaparte (1769-1821)” (p. 217). Il divorzio delle nazioni iberoamericane dalla Spagna è così una “proiezione politica del divorzio degli spagnoli dalla propria tradizione, dalla propria storia e dal proprio destino” (p. 218).
Da quella parte di Magna Europa che è l’Iberoamerica sono così venuti all’Europa — appunto in un ideale quinto viaggio di Cristoforo Colombo (1451 ca.-1506), questa volta a ritroso e tornando alle sponde europee continentali — maestri fra cui Cantoni rubrica lo stesso Ycaza Tigerino, il brasiliano José Pedro Galvão de Sousa (1912-1992) e quel personaggio enigmatico e talora sconcertante, ma mai banale e sempre di stimolo per riflessioni di rara profondità, che è il colombiano Nicolás Gómez Dávila (1913-1994), che l’autore ha, con altri, contribuito a far conoscere in Italia e di cui si può dire che per la prima volta abbia ricostruito con una certa accuratezza le grandi linee della biografia.
Tuttavia, pur attribuendo il giusto peso alla scoperta — relativamente recente nell’itinerario culturale di Cantoni — di Gómez Dávila, il personaggio che domina la terza parte dell’opera è senza dubbio Corrêa de Oliveira, dirigente cattolico, uomo politico e accademico brasiliano che, nel secolo XX, ha dato forse il maggior contributo alla scuola cattolica detta contro-rivoluzionaria, di cui echi significativi si trovano nel Magistero dei Pontefici dei secoli XX e XXI. La scelta non solo della scuola contro-rivoluzionaria ma anche di un’opera, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione di Corrêa de Oliveira — di cui Cantoni curò la prima edizione in lingua italiana, uscita presso le Edizioni dell’Albero a Torino nel 1964, poi la seconda, del 1972, e la terza accresciuta, del 1977, entrambe edite da Cristianità a Piacenza — come punto di riferimento fondamentale costituisce un altro degli elementi che definiscono Alleanza Cattolica. Questa non adottò mai la forma organizzativa della TFP brasiliana, la Sociedade Brasileira de Defensa da Tradição, Família e Propriedade — fondata da Corrêa de Oliveira essenzialmente, e prescindendo qui da complesse vicende e divisioni che si sono verificate dopo la morte del fondatore, su un’ampia prevalenza dei membri consacrati all’apostolato dell’associazione a tempo pieno, la maggioranza dei quali con impegno al celibato —, ma mantenne sempre con Rivoluzione e Contro-Rivoluzione e con il suo autore un rapporto speciale e privilegiato rispetto alle molte altre “amicizie” culturali che pure Alleanza Cattolica ha intrattenuto nel corso della sua storia.
Nel capitolo finale — Il contributo di Plinio Corrêa de Oliveira e di “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione” allo sviluppo del pensiero e dell’azione contro-rivoluzionari (pp. 221-248) — Cantoni parte da Corrêa de Oliveira per spiegare anzitutto che cos’è la scuola contro-rivoluzionaria: una scuola di pensiero con le sue radici profonde in una visione drammatica della storia e che vede l’umanità chiamata a scegliere fra una “via larga” e facile, che conduce all’Inferno, e una “via angusta” e difficile, che conduce al Paradiso — una metafora presente già nel Vangelo (cfr. Mt. 7, 13-14; e Lc. 13, 24) e ripresa dai primi scritti apostolici —; fra la “Città del Diavolo” e la “Città di Dio” di sant’Aurelio Agostino (354-430), fra cui si muove la “terza città”, la città degli uomini; infine, fra le “due bandiere” di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), analoghe ma non identiche alle “due città” in quanto inserite in una visione che sottolinea il ruolo attivo del cristiano e il dovere dell’apostolato. Dopo la Rivoluzione Francese, una riflessione sul male presente e attivo nella storia dà origine alla scuola contro-rivoluzionaria in senso stretto, preceduta prima del 1789 dalla critica cattolica dell’assolutismo e alimentata dopo il 1789 dalle riflessioni sui fatti di Francia dell’anglicano Edmund Burke (1729-1797) e del cattolico Joseph de Maistre (1753-1821). “Rivoluzione” e “Contro-Rivoluzione” diventano così non solo riferimenti all’ideologia e alla pratica del giacobinismo e alla sua critica, ma modelli che attraversano, se non tutta la storia umana, almeno la storia dell’Occidente.
La critica di questi autori alla Rivoluzione Francese è letta con interesse sia da cristiani — protestanti e cattolici — sia da non credenti come lo stesso fondatore del positivismo filosofico, Auguste Comte (1798-1857), e il suo discepolo Hippolyte Taine (1828-1893), che vedono nella Rivoluzione l’instaurazione di un regime “artificiale” e contrario all’ordine naturale delle cose. Questa seconda lettura — per così dire “di sinistra”, secondo una distinzione che Cantoni riprende dal filosofo e politologo spagnolo Rafael Gambra Ciudad (1920-2004) — dei critici della Rivoluzione Francese ne mette in rilievo alcuni aspetti, non secondari, ma ne misconosce l’essenziale: per Burke, e soprattutto per Maistre, la Rivoluzione è anzitutto anti-religiosa e la Contro-Rivoluzione non può prescindere da un ritorno personale e sociale alla religione. La lettura “di sinistra” — un’espressione che qui va naturalmente al di là dei consueti riferimenti politici — della Contro-Rivoluzione si esprime in un filone che arriva fino a Charles Maurras (1868-1952) e alla sua Action Française. Quella propriamente religiosa e cattolica ha sviluppi diversi in relazione ai diversi contesti nazionali.
S’inserisce a questo punto la riflessione di Cantoni su quanto vi è di specifico nell’opera di Corrêa de Oliveira che, oltre ad aver diffuso il pensiero della scuola contro-rivoluzionaria nel Brasile del secolo XX e ad averlo fatto riscoprire a molti, anche fuori del Brasile e dell’Iberoamerica, a questa scuola ha dato anche un contributo originale. Un aspetto essenziale del processo di allontanamento dalla verità cattolica che la scuola contro-rivoluzionaria chiama Rivoluzione è l’involgarimento degli ambienti e dei costumi: e al cuore di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione si situa l’idea — fondata sulla distinzione nell’esperienza umana fra tendenze, idee e fatti, e sulla tesi secondo cui le tendenze hanno un’influenza decisiva sulle idee, che a loro volta generano i fatti — che un processo contro-rivoluzionario potrà muovere solo da una riforma dei gusti, dell’educazione, dell’arte, degli ambienti e della cultura. Mentre la Rivoluzione, attaccando e deridendo le disuguaglianze sociali e le élite, vuole abbassare la cultura di élite al livello della cultura di massa, la Contro-Rivoluzione, secondo Corrêa de Oliveira, deve piuttosto mirare a elevare la moderna cultura di massa, per quanto possibile, al livello della cultura delle élite.
Nell’opera postuma, pubblicata per la prima volta nel 1998, in italiano, a cura proprio di Cantoni, Note sul concetto di Cristianità. Carattere spirituale e sacrale della società temporale e sua “ministerialità” (Thule, Palermo 1988), Corrêa de Oliveira ritorna su questo aspetto essenziale di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione: “le forme, i colori, i suoni, gli odori, i sapori” (ibid., p. 28, cit. p. 244) e “[…] gli oggetti di cui [l’uomo] si circonda” (ibid., p. 29, cit. p. 245) sono elementi essenziali nella formazione delle tendenze. “Un mobile comodo è quello che serve solo al corpo: un mobile elegante è quello che serve anche all’anima. Un tessuto resistente, gradevole al tatto, adatto al clima, soddisfa il corpo. Ma l’anima ha esigenze proprie e chiede che sia bello” (ibidem). La Chiesa, arricchendo i luoghi di culto di opere d’arte e di arredi anche esteticamente apprezzabili, servendosi “[…] della musica per educare la nostra pietà” (ibidem) e accompagnando la preghiera solenne con “l’aroma austero dell’incenso” (ibidem) mostra, nella sua secolare sapienza, di sapere bene come la forma, il colore, il suono e perfino l’odore siano modi di comunicare talora non meno efficaci delle parole.
Secondo Cantoni, è questo “forse il principale aspetto di novità” (p. 237) di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Né si tratta solo di un’opera. La Contro-Rivoluzione “[…] non è solo filosofia, non è solo politica” (p. 248), ma è anche creazione di ambienti, dove le tendenze sane possano svilupparsi e fiorire in idee e in fatti. Perché Alleanza Cattolica sia non solo un’agenzia che tematicamente studia e diffonde con fedeltà il Magistero della Chiesa nella prospettiva della Nuova Evangelizzazione, non solo un centro d’irradiazione e di diffusione di cultura per l’Occidente aggredito da vecchi e da nuovi nemici, ma anche un ambiente che favorisce la santificazione dei singoli e delle famiglie — nella consapevolezza, anzi, che se non è ambiente Alleanza Cattolica non può davvero essere neppure agenzia — Cantoni ha operato per oltre quarant’anni. E non è casuale il ricordo, all’inizio dell’opera, di due soci di Alleanza Cattolica che non sono più fra noi: Marco Tangheroni (1946-2004), storico di fama internazionale e socio fondatore dell’associazione, da cui molto il mondo cattolico non solo italiano ha appreso circa l’importanza di fondare la nozione di Europa su un’adeguata conoscenza storica delle sue radici cristiane, ed Enzo Peserico (1959-2008), il quale dallo studio appassionato della catastrofe antropologica del 1968, che ha colpito soprattutto i giovani e le famiglie, ha tratto la passione e l’entusiasmo per un incessante impegno, inteso a fare di Alleanza Cattolica non solo un’agenzia ma un ambiente, un luogo dove — secondo il citato insegnamento dell’Assemblea Straordinaria per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, del 1991 — riscoprendo continuamente la grandezza e la bellezza della “causa dell’uomo” si apprenda anche a servire la “causa di Dio”.
Massimo Introvigne