Il 24 maggio 1991, nel corso di una conferenza stampa — il cui testo è stato diffuso dall’Ufficio Stampa dell’arcidiocesi di Bologna —, S. Em. il card. Giacomo Biffi, arcivescovo del capoluogo emiliano e presidente della Conferenza Episcopale Regionale dell’Emilia-Romagna, affermava, con evidente ironia, che “il discorso di Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Emilia Romagna è stato ampiamente commentato, discusso, criticato. Noi crediamo che adesso sia anche il caso di leggerlo“.
Allo scopo di favorire la lettura di un documento balzato immediatamente al centro delle polemiche e ivi rimasto, in quanto di interesse più che regionale, all’inizio di aprile esso era già stato tempestivamente raccolto in un volumetto con il titolo Annunciare il valore religioso della vita umana. Discorso “Sono lieto”, insieme all’indirizzo d’omaggio rivolto al Santo Padre dall’arcivescovo di Bologna.
Dunque, il 1° marzo 1991 il Santo Padre Giovanni Paolo II riceve i vescovi dell’Emilia-Romagna in visita ad limina Apostolorum. Dopo aver ascoltato un indirizzo d’omaggio del card. Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Regionale, rivolge loro un discorso nel quale anzitutto rileva e sinteticamente descrive il processo di secolarizzazione, cioè di estromissione della motivazione e della finalità religiosa da ogni atto della vita umana; quindi passa a enunciare la verità della vita, per cui non vi è vita umana che possa realizzare in pienezza la sua originaria vocazione sociale se non all’interno di una prospettiva religiosa. La disattenzione nei confronti di questa verità produce nella vita sociale stessa stigmate di malattia e di morte, prodotte da erronei senso e valore attribuiti alla vita. Per fronteggiare la situazione è indispensabile che la Chiesa entri in stato di missione e di lotta contro il mondo, nella prospettiva di un’adeguata inculturazione della fede, cioè di una presenza culturale che significa anche presenza civile e politica illuminata dalla luce di Cristo, che brilla nelle tenebre del mondo.
La polemica esplode immediatamente e viene chiusa, nella sostanza, dalla citata conferenza stampa dell’arcivescovo di Bologna, il quale si propone di fare omaggio del documento ai pubblici amministratori, “[…] che potranno — se vorranno — farne oggetto di qualche interessante e, a nostro giudizio, doverosa riflessione”; quindi di presentarlo “[…] alle comunità cristiane, che sicuramente ne trarranno luce, incoraggiamento, orientamento per l’azione pastorale dei prossimi anni”: infatti, “4. È un documento di grande vigore e di eccezionale rilevanza, che indubbiamente fa spicco sui pronunciamenti che siamo soliti leggere e ascoltare, per la serietà dell’impostazione, la fondatezza dell’argomentare, la chiarezza inesorabile del pensiero.
“5. È un documento che rivela un amore forte e sostanziale per la nostra gente: un amore vero, un amore preoccupato come è un po’ sempre l’amore vero, un amore però fiducioso nell’avvenire della nostra terra.
“6. Forse nel clima politico, sociale e perfino religioso dei nostri tempi non si è più abituati a questo linguaggio: una ragione di più per essere riconoscenti al Papa, che ci fa riassaporare uno stile di autenticità, che ricerca la verità e il vero bene dell’interlocutore più che il suo consenso”.
Quindi il presule — implicitamente facendo stato delle accuse di disinformazione lanciate da più parti contro il Sommo Pontefice — ricorda i dati ufficiali dell’ISTAT, l’Istituto Centrale di Statistica, concernenti la Regione Emilia-Romagna: così, sottolinea che “[…] per la natalità abbiamo un indice di 6,9 per mille, contro il 9,7 della media italiana, che pure è una delle più basse del mondo. Il nostro saldo demografico naturale è sotto di quattro punti allo zero, contro lo 0,6 dell’Italia, che pure è già un dato preoccupante. Per i suicidi abbiamo un indice di 10,2 contro il 6,3 della penisola, e per i tentati suicidi l’8,0 contro il 3,9.
“10. Queste cifre sono dure come pietre: ad esse, che giustificano incontrovertibilmente le apprensioni del Papa, non si pone rimedio con i titoli ad effetto dei giornali e con le sorprendenti divagazioni che nell’occasione ci è toccato di ascoltare e di leggere. Queste cifre sono dure come pietre indipendentemente da ogni opinione morale e religiosa. Sono queste cifre ad essere dure, non le parole di chi realisticamente ne prende atto, nella speranza di poterle cambiare.
“11. Queste cifre non si lasciano stemperare da nessun tipo di commento”.
Fra i commenti intesi stemperare non soltanto le cifre ma, più ancora, il documento stesso merita di essere tematicamente e preventivamente denunciato quello che volesse isolarlo, con i dati che lo originano, in Emilia-Romagna: infatti, questa regione rappresenta senza ombra di dubbio un “punto alto” delle conseguenze culturali della Rivoluzione socialcomunista e un “modello” di sintesi ante litteram fra consumismo e comunismo, quindi l’esame della sua condizione è esame di un possibile futuro del mondo occidentale e la denuncia dei suoi mali è assolutamente espressione di servizio profetico.