Di Wlodzimierz Redzioch da ACI Stampa del 26/11/2019.
Da 30 anni viviamo nell’Europa senza il Muro di Berlino e senza la Cortina di Ferro. E’ una valida ragione per ricordare e festeggiare la caduta di quel simbolo della divisione del nostro continente. Purtroppo, le commemorazioni di questo storico evento sono state segnate da strumentalizzazioni e manipolazioni ideologiche. Veniva oscurata la storia della costruzione del Muro e si nascondeva il fatto che fu costruito dal regime comunista sovietico e il suo alleato nella DDR comunista per impedire ai cittadini che vivevano nei Paesi dell’ex blocco comunista di scappare dal “paradiso comunista”.
Oggi gli eredi occidentali dell’ideologia comunista enfatizzano il crollo del Muro soltanto come simbolo dell’unificazione dell’Europa ma nascondono il fatto che la sua distruzione significava prima di tutto il crollo del sistema comunista. In questa distorta lettura della nostra storia si dimentica pure, sempre per i motivi ideologici o politici, di ricordare i veri artefici del crollo del Muro: Giovanni Paolo II, il presidente Reagan e i popoli dei Paesi comunisti che non si sono mai piegati all’ideologia comunista che veniva imposta loro.
In questo contesto dello “sfruttamento” partitico dell’anniversario, va segnalata un’interessante e rispettosa della storia iniziativa organizzata dall’Alleanza Cattolica: un convegno intitolato “30 anni senza Muro. L’Europa non nata”. Il 16 novembre, a Roma, nel Salone dei Piceni, adiacente alla chiesa di San Salvatore per dibattere l’argomento si sono dati appuntamento storici ed ambasciatori: della storia del Muro di Berlino (1961-1989) ha parlato Valter Maccantelli; Janusz Kotanski, ambasciatore della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede, ha ricordato il ruolo di san Giovanni Paolo II nella caduta del comunismo; invece il secondo ambasciatore, Eduard Habsburg-Lothringen, rappresentante dell’Ungheria presso la Santa Sede, ha pronunciato una conferenza intitolata: “I Paesi post-comunisti: il caso ungherese”.
Durante l’incontro si è dibattuto anche delle conseguenze della caduta del Muro, cioè della costruzione dell’Unione Europea, che si è rivelata deludente, allontanandosi dalla visione dei suoi Padri Fondatori e dalle radici cristiane. In questa seconda parte del dibattito sono intervenuti il prof. Eugenio Capozzi, ordinario di Storia contemporanea presso la facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Napoli «Suor Orsola Benincasa» con la lezione: “L’ideologia delle nuove classi dirigenti europee: il politicamente corretto”; Alfredo Mantovano, vicepresidente Centro Studi Rosario Livatino, ha parlato dell’UE e la dittatura tecnocratica e relativista. Alla fine del convegno Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ha affrontato l’argomento: “Il Magistero europeistico dei Papi e la formazione dell’uomo europeo nell’epoca della postmodernità”.
Va segnalato anche l’intervento di don Paweł Rytel-Andrianik, il portavoce della Conferenza episcopale polacca, ospite speciale del convegno, che ha spiegato ai presenti le ragioni per cui l’Episcopato polacco si è rivolto a Papa Francesco per proclamare San Giovanni Paolo II, dottore della Chiesa e patrono d’Europa, chiedendo le preghiere e l’appoggio per tale iniziativa.
L’incontro si è concluso presso la Chiesa di San Salvatore in Lauro con la Santa Messa, celebrata da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giacomo Morandi, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede e concelebrata da don Rytel-Andrianik.
Per spiegare il ruolo di Giovanni Paolo II nel crollo del comunismo, ho parlato con Janusz Kotanski, Ambasciatore della Polonia presso la Santa Sede.
Ambasciatore, il mondo conosce il contributo di Giovanni Paolo II alla caduta del comunismo?
Noi in Polonia sappiamo benissimo che ci sono persone capaci di cambiare il corso della storia. Karol Wojtyła, san Giovanni Paolo II, è stata una di queste persone. È stato il primo pellegrinaggio del Papa in Polonia, in estate del 1979 a cambiare le sorti non solo del mio paese, ma di tutto il mondo.
Ma Giovanni Paolo II chiedeva di non sottolineare il suo ruolo in quella storica trasformazione del mondo…
E’ vero, perché, come ricorda cardinale Dziwisz: “Santo Padre ha riconosciuto quei eventi come una delle rivoluzioni più grandi nella storia. Dalla prospettiva della fede li ha considerati un intervento divino, una grazia”. Perciò il Papa avrebbe detto a uno dei vescovi: Non è grazie a me. È opera di Maria, come ha annunciato a Fatima e a Medjugorje.”
Allora Giovanni Paolo II non agiva da politico?
Papa Wojtyła non aveva la politica nel sangue, dato che era un teologo, un filosofo, un poeta, ma la storia lo ha costretto a uno scontro frontale con la politica. Rispondendo alle grandi sfide dei suoi tempi, è diventato un eccellente uomo di stato, che agiva in modo coerente ed efficace.
Da metropolita di Cracovia come si confrontava con il sistema comunista?
In Polonia lui non appariva come un sacerdote che lotta contro il comunismo, non incitava i polacchi a confrontarsi con il sistema nemico, ma chiedeva il rispetto per i diritti dell’uomo, della dignità di ogni essere umano. Il suo insegnamento era diametralmente opposto agli pseudo valori imposti con la forza dai comunisti. Giovanni Paolo II aveva una visione profondamente umanistica dell’essere umano, sottolineava l’importanza fondamentale dello sviluppo integrale ed armonioso di ogni uomo, possibile solo se si poteva garantire la libertà di coscienza, di confessione e dei diritti civili.
Ma quando il cardinale Wojtyła è stato eletto Papa, ha dovuto misurarsi subito con l’Ospolitik allora in vigore in Vaticano…
E’ vero, allora in Vaticano si pensava che bisognava essere cauti e prudenti nei confronti dei regimi comunisti, confidando nella logica dei lenti cambiamenti. Si trattava di un atteggiamento politico „non moriendi”. Insomma, la Chiesa doveva limitarsi a sopravvivere. Il Santo Padre non accettava l’ordine di Jalta. Ma allo stesso tempo era un realista, prevedeva che il sistema prima o poi sarebbe crollato, era questione di tempo e di un paziente lavoro. Ed è subito passato a smontarlo.
Quali erano i passi compiuti da Giovanni Paolo II per arrivare al crollo del Muro e del comunismo?
VQuando guardiamo dalla prospettiva degli anni agli eventi che hanno portato alla caduta del Muro di Berlino, essi si compongono in una sequenza logica: elezione del cardinale Karol Wojtyła a Vescovo di Roma nel 1978, il suo primo pellegrinaggio in Polonia l’anno successivo, la fondazione di „Solidarność”, il primo sindacato indipendente nel blocco comunista nel 1980, la legge marziale e la lotta pacifica dell’opposizione polacca negli anni 1981-89, eventi a Berlino in autunno 1989 (la caduta del Muro), la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991: undici anni, la prima decade del grande pontificato di Giovanni Paolo II, gli eventi decisivi per la storia; undici anni che hanno cambiato il volto dell’Europa e del mondo.
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