Don Giovanni Poggiali, Cristianità n. 406 (2020)
Relazione, annotata, tenuta il 2-8-2020, durante la Scuola Estiva San Colombano, organizzata da Alleanza Cattolica sul tema Nostalgia dell’avvenire. «Cum Petro, sub Petro», verso la civiltà cristiana del terzo millennio. Giovanni Cantoni (1938-2020), a Tregasio di Triuggio (MB) dal 31-7 al 2-8-2020.
Per preparare questo intervento ho chiesto aiuto a Ignazio Cantoni: «Hai degli spunti o del materiale per dire qualcosa sulla spiritualità di tuo padre?». «La sua spiritualità» ha risposto Ignazio, «è quella tout court di Alleanza Cattolica». Proverò allora a rispondere alla domanda: «Qual è la spiritualità di Alleanza Cattolica?».
Credo sia utile riassumere e riordinare gli elementi spirituali che Giovanni Cantoni (1938-2020) ha cercato di vivere e di incarnare per trasmetterli a sua volta come traditio, come una tradizione che si innesta nella Tradizione più grande che, in ultima istanza, è la Chiesa Cattolica. Tali elementi spirituali sono sempre stati sullo sfondo delle sue riflessioni sui princìpi della vita socio-politica come veicolati dalla dottrina sociale della Chiesa.
La fede della Chiesa
Anzitutto, penso che in Cantoni tutto inizi dalla fede chiara negli articoli del Credo come la Chiesa li ha definiti dalla Rivelazione e come il Magistero della Chiesa li ha interpretati e li interpreta. La sana dottrina, l’amore alla Chiesa e al suo Magistero sono stati per lui imprescindibili. La conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica, che egli citava in continuazione nei suoi scritti, i documenti pontifici ed episcopali, sono la fonte della sua spiritualità, tutta impregnata di Tradizione. A tutti i suoi figli spirituali ha trasmesso l’amore al Papa e alla Chiesa nostra Madre. Anche il Concilio Vaticano II (1962-1965) e la riforma liturgica sono stati da lui letti e interpretati, come un figlio obbediente, alla luce della Tradizione della Chiesa.
Il Direttorio e gli autori di riferimento
Nel Direttorio di Alleanza Cattolica viene indicata la struttura di una riunione dei gruppi facenti parte delle unità di base, dette «croci», precisando alcuni testi di riferimento da privilegiare per tali occasioni.
Per la parte concernente la lettura spirituale si dà la precedenza a Cristianesimo vissuto del certosino dom François de Sales Pollien (1853-1936) e a L’anima di ogni apostolato del trappista dom Jean Baptiste Chautard (1858-1935), testi mediante i quali cercare un equilibrio fra azione e contemplazione (1).
Vengono poi consigliati la Filotea di san Francesco di Sales (1567-1622); il Trattato della vera devozione e il Segreto ammirabile del santo Rosario di san Luigi Maria Grignion di Monfort (1673-1716); e infine, Del gran mezzo della preghiera di sant’Alfonso Maria de Liguori (1696-1787) (2).
Nell’Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria associativo — pronunciato a Roma per la prima volta l’11 ottobre 1981 (3) — vi è anche il riferimento a un altro grande interprete della devozione mariana, san Massimiliano Maria Kolbe (1894-1941).Quelli citati sono tutti classici della spiritualità che formano il bagaglio del militante così come Cantoni lo desiderava: amante della Vergine Maria e della Chiesa, militante dell’apostolato, uomo realista e pratico.
Amava la spiritualità dei piccoli: nel corso di uno dei periodici ritiri associativi, riferendosi a Gesù Bambino ebbe a dire che «quel Bambino piccolo piccolo è un Re. È piccolo piccolo, ma quando tornerà sarà grande… e ci sistemerà per le feste!».
Aveva presenti la via dell’infanzia spirituale, cioè il Bambino Gesù di Praga (4) e la dottrina spirituale di santa Teresina del Bambin Gesù (1873-1897) (5).
La Vergine Maria
In questo impianto ha un posto di rilievo Maria Santissima, che Cantoni proponeva di accostare «associativamente» soprattutto attraverso le rivelazioni private di Fatima, in Portogallo nel 1917. Nell’Atto di consacrazione di Alleanza Cattolica al Cuore Immacolato di Maria i militanti si consacrano a questo Cuore come richiesto dalla Vergine proprio a Fatima per «propiziare e anticipare l’avvento del suo regno e il trionfo del suo Cuore immacolato». La devozione alla Madonna di Fatima ha un forte legame con le vicende culturali e politiche del secolo scorso. La memoria delle apparizioni avvenute a inizio secolo, dal 1916 — con l’angelo del Portogallo — fino all’ottobre del 1917, ha attraversato tutti i decenni successivi fino all’anno 2000, quando proprio a Fatima, in occasione della beatificazione dei piccoli veggenti Jacinta (1910-1920) e Francisco de Jesus Marto (1908-1919), è stata rivelata la terza parte del segreto mariano da parte di san Giovanni Paolo II (1978-2005). La rivelazione della Vergine, secondo cui la Russia avrebbe diffuso i suoi errori nel mondo se non ci fosse stata la conversione a Dio degli uomini, ha indicato a Cantoni come l’apparizione in Portogallo fosse l’«inizio» e insieme la continuazione del progetto del Regno di Maria profetizzato da san Luigi Maria Grignion di Montfort (6). San Luigi, inoltre, scrivendo La Lettera agli amici della Croce,indicava la scientia crucis come cuore del mondo e, difatti, «croci» si sarebbero chiamate le singole unità locali dell’associazione. Maria è quindi la Regina del Regno dell’unico Re Gesù Cristo che si contrappone al regno delle tenebre, di Satana. I due regni, le due stirpi, le due Città, si contrappongono in una dura battaglia che ha come teatro il mondo del cuore degli uomini e, di qui, l’intero mondo temporale. Questo scenario è il sostrato che Cantoni ha descritto e spiegato in ogni modo dal punto di vista sociale ed ecclesiale. L’arma privilegiata per lottare a favore del Regno mariano è il Rosario, divenuta la preghiera associativa per eccellenza, suggerita da Maria stessa in gran parte delle sue apparizioni negli ultimi secoli, che si recita all’inizio o alla fine di ogni riunione di croce. Il Rosario in genere è recitato in latino, lingua sacra della Chiesa, che l’associazione non ha mai abbandonato. Anche la Messa nella forma extra-ordinaria del rito latino, con la sua centralità della croce, completa questa attitudine dell’associazione, che non disdegna assolutamente il richiamo alla lingua dei padri come collante culturale e linguistico con la Cristianità medioevale, modello di società cristiana assunto, senza nostalgismi di forme, come paradigma per un’organizzazione possibile della società umana, anche se perfettibile, a misura d’uomo e secondo il piano di Dio.
Devozione eucaristica
Il modo in cui Giovanni Cantoni descriveva la società medioevale nella prefazione a La cerca del Graal, edita nel 1969, ci dà l’opportunità di parlare della sua devozione eucaristica. Essa, spiega Cantoni, v[…] è una società castale, come ogni società tradizionale — e per tradizionale intendiamo ogni comunità per la quale la verità è un dato acquisito che si trasmette nel tempo e non, come per la nostra società, un prodotto del tempo» (7). Ogni realtà, in tale mondo, è sacra e consiste in «[…] una gerarchia di partecipazione al divino che si stende dalla presenza reale — e dunque dall’identificazione di Dio con una realtà — a una presenza di cui la realtà è simbolo, cioè punto d’incontro e supporto» (8). Evidentemente, «nella cristianità medievale, la presenza è la presenza eucaristica, e il culto è una via liturgica di scoperta della profondità del mistero» (9). Qui si evince un’altra caratteristica spirituale di Cantoni: il cavaliere medievale difende questo mistero, il sacrificio eucaristico che è la presenza di Dio più alta e che santifica le «terre guaste», desolate, le quali attendono occhi puri che lo guardino e lo riconoscano come Creatore. Lo spirito cavalleresco, d’altronde, è una caratteristica sempre desiderata dall’associazione — così come sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) lo manifesta nella meditazione della «Regalità di Cristo e la sua chiamata» all’interno degli Esercizi Spirituali —, è lo spirito di coloro che sono al servizio dell’ideale più grande, Dio e il Suo Regno.
Pregare sempre nel continuo agire
Un paragrafo a parte merita la prefazione che Cantoni dedicò all’aureo libretto del gesuita Raoul Plus (1882-1958) Come pregare sempre (10).L’eterno problema del rapporto fra vita attiva e vita contemplativa, problema serio per un apostolo dallo stile di Cantoni e di chi avesse voluto condividere il suo itinerario contro-rivoluzionario, viene affrontato da padre Plus in stile ovviamente ignaziano, cioè in actione contemplativus. Si tratta di seminare in tutto ciò che facciamo un po’ di preghiera, per esempio ricorrendo a giaculatorie e all’esercizio della presenza di Dio. I princìpi di fondo del padre gesuita sono: pensare sempre a Dio è impossibile, pensare sempre a Dio non è necessario, pensare spesso a Dio è utilissimo. Occorre «fare bene la propria preghiera» (11) e «trasformare tutto in preghiera» (12). Cantoni nota come «la soluzione teorica e pratica di questo problema costituisca il presupposto per ricomporre nella vita del singolo e, quindi, in quella della società, l’unità fra fede e vita, orientando a vivere una vita che si possa dire spirituale anche in senso lato e non soltanto specifico, ma assolutamente non “spiritualistica” e disincarnata» (13). Citando un barnabita del secolo XVIII, padre Carlo Giuseppe Quadrupani (1739-1807) –– che fa riferimento a san Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274) –– nonché sant’Agostino d’Ippona (354-430), Cantoni spiega la sua propensione per l’azione. Padre Quadrupani annota: «Non si devono mai omettere le occupazioni necessarie del proprio stato per fare orazione di nostro arbitrio. Dice san Tommaso che, quando siamo occupati in conformità al nostro dovere e al divino beneplacito, riceviamo da Dio le grazie che ci sono necessarie, anche senza la frequente orazione. L’occupazione e la fatica tengono il posto dell’orazione. Anzi è più faticare per amor di Dio, che trattenersi pensando a Dio, come pregando si fa» (14). Padre Plus stesso riprenderà un pensiero di padre Quadrupani: «agire per Dio è meglio che pensare a Dio» (15). Ciò, ovviamente, non significa che non sia necessario ritagliarsi dei tempi di silenzio per ascoltare il Signore nella contemplazione –– anzi, è fondamentale ––, ma sempre riconoscendo un primato al dovere di stato. Sant’Agostino scriverà: «Nessuno […] deve essere così contemplativo da non occuparsi, nella stessa contemplazione, dell’utilità del prossimo; né così attivo da non ricercare la contemplazione di Dio» (16). Insomma, l’equilibrio non è semplice ed è sempre da ricercare con umiltà. Certamente, Cantoni sapeva di non essere né un monaco né un presbitero ma un uomo d’azione, un «contemplativo nell’azione», in cui innegabilmente la grazia aveva il primato in ogni evento. C’è un famoso adagio ignaziano che si può qui citare: «Credi, come se tutto dipendesse dalla tua fede; agisci, come se tutto dipendesse dalla grazia di Dio» (17).
Gli Esercizi Spirituali
La figura del contemplativo nell’azione appartiene a pieno titolo alla spiritualità degli Esercizi Spiritualidi Ignazio di Loyola e ci conduce all’aspetto più caratteristico dell’interiorità del fondatore di Alleanza Cattolica, l’aspetto direi «militante» dell’apostolato, del combattimento spirituale, anche se questa parola, oggi, desta imbarazzo nei nostri contemporanei scristianizzati. Non per lui, però: giacché «militanti» è il termine scelto per denotare i membri di Alleanza Cattolica. Uno dei libri di formazione, che soprattutto anni addietro veniva letto nell’associazione, era Il combattimento spirituale del teatino Lorenzo Scupoli (1530-1610), molto vicino alla spiritualità ignaziana nell’intento di condurre l’anima alla perfezione interiore. Sant’Ignazio era un militare e ha trasferito questa sua caratteristica nell’interpretazione del rapporto con Dio. La battaglia fra il bene e il male, la lotta fra Cristo e Satana, la contrapposizione dei due regni, è rappresentata molto bene nel mondo ignaziano degli Esercizi Spirituali — che i militanti di Alleanza Cattolica praticano secondo il metodo riformato sulla distanza di sei giornate da padre Francesco di Paola Vallet (1883-1947), fondatore dei Cooperatori Parrocchiali di Cristo Re —, in particolare nella meditazione Dei due stendardi. Guardare il mondo sub specie aeternitatis, alla luce dell’eternità, con gli occhi di colui che sa che arriverà il redde rationem evangelico, era una caratteristica sempre presente in Cantoni.La spiritualità ignaziana è, quindi, parte integrante della sua vita. Non si potrebbe spiegare il fondatore di Alleanza Cattolica senza sant’Ignazio di Loyola. Il rapporto ad personam che si crea nella dinamica degli Esercizi Spirituali fra la guida e l’esercitante e fra quest’ultimo e Dio è stato vissuto da Cantoni nella sua giornata quotidiana. Cioè, ha fatto della relazione «interessata» verso il prossimo uno stile spirituale specifico, conseguenza del possesso delle virtù teologali della fede e della carità, cosa che non è scontata nel cristiano ma è vissuta soltanto dal convertito reale, colui che cerca di cambiare il proprio cuore in profondità e non solo in superficie.
Ne dà testimonianza Oscar Sanguinetti in un suo ricordo di Cantoni: «Credo tuttavia che uno dei magis — in senso ignaziano — più sostanzioso e schietto, anche se meno evidente, di cui Giovanni Cantoni ci ha fatto dono, oltre all’amore per la Vergine e per gli Esercizi Spirituali, è la sua visione della vita, il suo stile umano impregnato di realismo e di bontà: una bontà che non era pura cortesia, ma reale interesse per il prossimo — in primis per gli amici che veniva raccogliendo in sempre crescente numero negli anni — e per i suoi problemi» (18).
Il concreto interesse per il prossimo e per i suoi problemi è un fatto, e se i fatti sono più importanti rispetto alle sole parole per manifestare l’amore, il realismo pragmatico di Giovanni Cantoni ha saputo incarnarsi in un amore fattivo per l’altro. Come sant’Ignazio scrive nell’ultima contemplazione degli Esercizi, la Contemplatio ad amorem, «l’amore si deve porre più nei fatti che nelle parole» (n. 230, 1). Non possiamo certo qui scandagliare il cuore e l’anima del fondatore: solo Dio può conoscerli. Per quello che ci è stato consentito di sapere e di vedere, il suo più importante tratto spirituale, non disincarnato, è proprio questo: la cura dell’altro, una conseguenza concreta della carità evangelica. Da qui, dall’interesse per le persone concrete, come parte saliente della nuova evangelizzazione.
Conclusione
Concludo con un appunto illuminante passatomi dall’amico Guido Verna su una riunione di quadri di Alleanza Cattolica del 1981. Anzitutto vi si trova il riferimento alla Preghiera infuocata di san Luigi Maria Grignion di Montfort. Con questa menzione Cantoni chiuse il suo intervento, e chiamò quella preghiera la «nostra»preghiera: essa è nostra, disse il fondatore, perché chiede al Cielo la realizzazione del nostro «profilo professionale», cioè quello dei contemplativi in azione e quindi dei missionari.
Poi, alla domanda «che cosa contempliamo di più mentre agiamo?», Cantoni rispondeva: «La nostra attenzione maggiore deve essere rivolta anzitutto ai momenti dolorosi della vita di Nostro Signore Gesù Cristo e della Madonna; ma poi anche attenzione per il loro trionfo: attenzione e tensione per e verso il loro Regno. Perché il Regno di Maria è il nome della Restaurazione non solo naturalistica ma anche soprannaturale. Il Rosario e l’Angelus. Nulla è più controrivoluzionario della Madonna, al non serviam si contrappone il suo fiat. Il nostro stile è quello di un legittimista, ma di un legittimista spirituale. Il nostro Re e la nostra Regina sono stati cacciati; noi vogliamo che tornino, non solo di diritto ma anche di fatto. Cosa piangiamo? I dolori del nostro Re e della nostra Regina: i dolori della Chiesa. […] e in prospettiva il grande desiderio della Restaurazione».
Ecco, credo che qui ci sia tutto di Giovanni Cantoni: la Vergine Santa, il suo Regno e il Regno di Cristo. Questa in fondo è la sua spiritualità ed è la spiritualità dei militanti di Alleanza Cattolica.
Note:
(1) Cfr. Alleanza Cattolica, Direttorio. Profilo dottrinale e operativo proposto alla meditazione e alla pratica «ad experimentum» in occasione del Primo Capitolo Generale tenuto nel mese di maggio del 1977. Seconda versione proposta «ad experimentum» in occasione del Capitolo Generale tenuto nel mese di febbraio del 2011, n. 3.2.2.
(2) Il riferimento a questi testi è presente nel Direttorio del 1977 al punto 5.1.3, ed è assente in quello, più stringato, del 2011.
(3) Cfr. Atto di consacrazione di Alleanza Cattolica al Cuore Immacolato di Maria, in Cristianità, numero speciale Alleanza Cattolica «cum Petro», «sub Petro» verso la civiltà cristiana nel terzo millennio, anno XXVIII, n. 300, luglio-agosto 2000, p. 36.
(4) Per una ricostruzione storica e una lettura in chiave ignaziana di tale devozione, cfr. Guido Verna, Il Bambino Gesù di Praga. Una devozione della cristianità, in Cultura&Identità, Rivista di studi conservatori, anno III, n. 14, Roma novembre-dicembre 2011, pp. 63-80, consultabile nel sito web <http://www.culturaeidentita.org/archivio_cartaceo/verna14.pdf>, visitato il 21-12-2020.
(5) «L’infanzia spirituale è formata da confidenza di Dio e da cieco abbandono nelle mani di Lui. Non è malagevole rilevare i pregi di questa infanzia spirituale, sia per ciò che esclude, e sia per ciò che suppone. Esclude infatti il superbo sentire di sé; esclude la presunzione di raggiungere con mezzi umani un fine soprannaturale; esclude la fallacia di bastare a sé, nell’ora del pericolo e della tentazione. E, d’altra parte, suppone fede viva nella esistenza di Dio; suppone pratico omaggio alla Potenza e alla Misericordia di Lui; suppone fiducioso ricorso alla provvidenza di Colui, dal quale possiamo ottenere la grazia e di evitare ogni male e di conseguire ogni bene». (Benedetto XV (1914-1922), Discorso al termine della lettura del decreto della Sacra Congregazione dei Riti sulle «virtù esercitate in modo eroico» dalla Serva di Dio Teresa del Bambin Gesù, del 14-8-1921).
(6) Cfr. san Luigi Maria da Montfort, Trattato della vera devozione a Maria, parte terza, capitolo quarto, 5, [217], in Idem, Opere, vol. 1, Scritti spirituali, Edizioni Montfortane, 2a ed. riveduta e aggiornata, Roma 1990, pp. 355-527 (p. 496): «Questo tempo non giungerà se non quando sarà conosciuta e praticata la devozione che sto insegnando: “Perché venga il tuo regno, venga il regno di Maria”».
(7) Giovanni Cantoni, Presentazione ad Anonimo, La Cerca del Graal, trad. it., Borla, Leumann (Torino) 1969, pp. 5-13 (pp. 6-7). Nelle edizioni successive la presentazione sarà omessa.
(8) Ibid., pp. 9-10.
(9) Ibid., p. 11.
(10) Cfr. Raoul Plus S.J., Come pregare sempre. Princìpi e pratica dell’unione con Dio, con Presentazione di S.E. mons. Aldo Forzoni (1912-1991), vescovo di Apuania, Libreria S. Lorenzo, Chiavenna (SO) 1984, su cui cfr. la recensione di G. Cantoni, in Cristianità, anno XIII, n. 118, febbraio 1985, p. 10. Citerò dalla nuova edizione (Sugarco, Milano 2009), con Prefazione di G. Cantoni (pp. 11-15).
(11) Ibid., p. 55.
(12) Ibid., p. 79.
(13) G. Cantoni, Prefazione, p. 13.
(14) Cit. ibid., p. 14.
(15) Cit. in R. Plus S.J., op. cit., p. 31.
(16) Ibid., p. 15.
(17) Per una storia della formula tradizionale e delle sue modifiche, cfr. Gaston Fessard S.J. (1897-1978), La dialectique des exercices spirituels de saint Ignace de Loyola,vol. I, Temps-Liberté-Grace, Aubier Montaigne, Parigi 1956, pp. 305-363.
(18) Oscar Sanguinetti, Un ricordo di Giovanni Cantoni (1938-2020), in Cultura&identità. Rivista di studi conservatori, anno XII, n. 27, Roma 31-3-2020, pp. 4-7 (p. 6).