Giovanni Cantoni, Cristianità n. 285-286 (1999)
«I consiglieri federali svizzeri»
1. Un repertorio biografico
Il 9 dicembre 1998 l’Assemblea Federale — il parlamento svizzero — ha eletto per la prima volta una donna, Ruth Dreifuss, alla carica di presidente della Confederazione Svizzera. Tale nomina ha «fatto notizia» — «donna, ebrea, abortista, femminista, sindacalista, socialista», così il Corriere della Sera del 10 dicembre (11) presenta la neo-eletta — e costituisce occasione opportuna per segnalare, a chi volesse «saperne di più» sulla vita politica di italiani non soggetti alla Repubblica Italiana ma alla Confederazione Svizzera, la pubblicazione in lingua italiana, poco più di un anno fa, nel dicembre del 1997, dell’opera I consiglieri federali svizzeri. Repertorio biografico, a cura dello storico Urs Altermatt (12), in cui compare, alla pagina 625, una scheda scheletrica — la penultima —, pressoché «vuota», della neo-eletta, allora solo consigliere federale.
Frutto del lavoro di settantasette specialisti, il repertorio biografico — edito nel 1991 in lingua tedesca (13) e tradotto in francese nel 1993 (14) —, per ricchezza di dati e d’informazioni si propone come un indispensabile strumento di consultazione, mentre l’indubbia qualità scientifica ne fa uno degli studi più aggiornati sulla storia e sulla vita politica del paese che quasi chiude l’Italia a settentrione. Tale repertorio, aperto da una Prefazione del curatore (pp. 9-10) e da Avvertenze per la consultazione (p. 11), si articola in tre parti: Consiglio federale e consiglieri federali. Compendio storico (pp. 13-97), redatto dal curatore stesso; i ritratti de I consiglieri federali dal 1848 (pp. 99-626), riportati in successione cronologica, con l’indicazione della durata del mandato, della data delle dimissioni, del Cantone d’origine, del dipartimento o ministero retto nel corso del mandato e del partito d’appartenenza, con il riquadro dei risultati elettorali, e corredati da opinioni e da indicazioni bibliografiche di e sul personaggio trattato nonché da un ricco apparato iconografico; finalmente un’Appendice, con tabelle, elenchi e indici (pp. 627- 669).
Garante della serietà della compilazione è il coordinatore, Altermatt. Nato nel 1942 nel Canton Soletta, è professore di Storia Contemporanea all’università di Friburgo, ha insegnato all’università di Berna, è stato professore ospite a Cracovia e a Budapest, ha compiuto ricerche al Collegium Budapest, quindi alla Harvard University, negli Stati Uniti d’America. Membro di prestigiose istituzioni culturali, redattore di riviste, dirige una collana delle edizioni universitarie di Friburgo. Noto per le sue pubblicazioni di carattere storico-sociale e come autore di numerosi studi, fra i suoi titoli editi in volume ricordo la preziosa ricerca sulla storia sociale e della mentalità dei cattolici svizzeri nel secolo XIX e XX, Cattolicesimo e mondo moderno, del 1989, tradotto dal tedesco in italiano nel 1996 (15), dopo esser stato pubblicato in francese, in polacco e in ungherese.
2. La storia della Svizzera e la sua periodizzazione
«[…] la storia della Svizzera —scrive Gonzague de Reynold (1880- 1970) nel 1934, nell’edizione definitiva del suo fondamentale La Démocratie et la Suisse. Essai d’une philosophie de notre histoire nationale — ci appare con uno sviluppo molto chiaro» (16); e periodizza: «Abbiamo così: l’epoca eroica, che termina con la crisi della Riforma, l’epoca patrizia, che termina con la crisi della Rivoluzione; l’epoca democratica, a proposito della quale ci dobbiamo chiedere se la grande guerra e il movimento internazionale che l’ha seguita, non costituiscano una terza crisi, importante per noi quanto quelle della Riforma e della Rivoluzione.
«La forma politica e sociale che ha dominato durante la prima tappa è quella della comunità urbana o contadina del Medioevo in corso di evoluzione, a partire dal secolo XII, verso i tempi moderni: non si tratta della feudalità, anche se ne deriva; è il particolarismo del Santo Impero romano germanico, con la sua concezione cristiana e universale del mondo. La forma politica e sociale della seconda tappa è la repubblica aristocratica, il patriziato: corrisponde al periodo dell’evo moderno in cui, sotto l’influenza del Rinascimento e della Riforma, domina la nozione chiusa d’autorità, di Stato, di nazione. La forma politica e sociale della terza tappa è la repubblica democratica; la concezione del mondo cui corrisponde è quella che si denomina “idee moderne”.
«Abbiamo dunque tre vestimenti diversi indossati dallo spirito repubblicano. Il primo è medioevale: la repubblica popolare, aristo-democratica, e che ha per assi portanti la famiglia e la corporazione. Il secondo è l’ancien régime: la repubblica aristocratica pura. Il terzo è moderno: la repubblica democratica pura.
«Possiamo constatare subito che l’epoca patrizia e l’epoca democratica hanno dissociato gli elementi della prima forma, li hanno provati, l’uno dopo l’altro, li hanno spinti fino alle loro estreme conseguenze: aristocrazia da una parte, democrazia dall’altra» (17).
3. La Rivoluzione dalla Francia e la Contro-Rivoluzione in Svizzera
Dunque la Svizzera è retta dal 1291, cioè dalla fondazione, al 1798 prima da un regime aristo-democratico poi prevalentemente aristocratico; quindi, dopo la capitolazione di Berna nel 1798, viene forzosamente «unificata» in Repubblica Elvetica dai rivoluzionari provenienti dalla Francia. Ma gli «esportatori» della Rivoluzione del 1789 e della Grande Nazione incontrano nel paese forti opposizioni contro-rivoluzionarie: «[…] già nell’ agosto 1798 — scrive un collaboratore de I consiglieri federali svizzeri. Repertorio biografico, Fabrizio Panzera, archivista all’Archivio Cantonale Ticinese — la Svizzera centrale era […] in fermento e in settembre la regione di Nidvaldo si sollevò contro i Francesi con un moto non dissimile da quello della Vandea […]. In autunno furono i Grigioni a entrare in agitazione, finché nella primavera del 1799 un moto contro-rivoluzionario si estese dalla Svizzera orientale a quella occidentale» (18). «Le notizie sulle sollevazioni in corso in Lombardia e oltralpe — prosegue lo storico di Bellinzona — attizzarono alla fine di aprile del 1799 la collera contro-rivoluzionaria nella Svizzera italiana. Al grido di “Abbasso i giacobini! Viva l’Imperatore! Viva la Religione!” i contadini si sollevarono e mossero contro i borghi […]: furono abbattuti gli alberi della libertà, istituiti governi provvisori, arrestati e processati i fautori della Repubblica elvetica e i simpatizzanti della Repubblica cisalpina» (19); «gli episodi contro-rivoluzionari toccarono un po’ tutti gli ex baliaggi italiani, ma i fatti più gravi si verificarono a Lugano» (20), e «tra i capi della contro- rivoluzione luganese figurarono diversi esponenti del clero» (21).
4. L’«Atto di Mediazione»
In sintesi — come afferma un altro storico ticinese, Guido Calgari (1905-1969), rievocando, in Difesa del San Gottardo, 1799, le gesta degli abitanti della natia Val Leventina, guidati da Luigi Taddei e dal ventenne Giuseppe Camossi — «nel 1798-99, durante l’invasione per opera della Rivoluzione francese, le genti del S. Gottardo furono gli ultimi disperati difensori della libertà elvetica» (22). Tale opposizione induce Napoleone Bonaparte (1769-1821) a promulgare, il 19 febbraio 1803, un nuovo testo costituzionale, l’Atto di Mediazione, sulla base di acute constatazioni e considerazioni, partecipate poco prima a sessantotto notabili svizzeri convocati a Saint- Claud, presso Parigi, il 12 dicembre 1802: «La Svizzera non assomiglia ad alcun altro Stato: per i fatti della sua storia, per la sua posizione geografica, per le sue diverse lingue e religioni e per l’estrema differenza di costumi che si rileva fra le sue diverse parti» (23); e ancora: «La natura ha fatto il vostro Stato federalista, voler superare questo dato di fatto non sarebbe cosa da uomo saggio. Per paesi diversi, diversi governi» (24).
5. Dalla Confederazione degli Stati aristocratici allo Stato Federativo
Dopo la caduta di Napoleone nel 1814, con il Patto federale del 7 agosto 1815 si ricostituisce la Confederazione degli Stati aristocratici. Ma l’equilibrio — precario come ogni equilibrio storico — non è ritrovato; la Rivoluzione continua, e con la Rivoluzione i contrasti, anche violenti: nel 1845 i cantoni conservatori cattolici — Uri, Svitto, Untervaldo, Lucerna, Zugo, Friborgo e Vallese — stringono un’alleanza militare, il Sonderbund, la Lega Separata; nel 1847 tale lega viene dichiarata incostituzionale e, con una fulminea operazione, le truppe dei Cantoni protestanti, guidate dal governo liberal-radicale, ne soggiogano il territorio e impongono una nuova Costituzione, sì che la Confederazione degli Stati, denominata Confederazione Svizzera, retta dal Patto federale, nel 1848 si trasforma in Stato Federativo, sostanzialmente in quello Stato che nel 1998 ha compiuto centocinquant’anni.
6. Il Consiglio Federale: gli italiani e i «cattolici conservatori»
Nella nuova struttura il potere esecutivo è esercitato da un organo collegiale, il Consiglio Federale, composto da sette membri. E dal 1848 a oggi novantanove uomini e due donne si sono succeduti alla guida della Confederazione Svizzera. Fra essi hanno avuto parte tutt’altro che irrilevante i sette rappresentanti della Svizzera italiana, Stefano Franscini (1796-1857) (pp. 125-130), Giovanni Battista Pioda (1808-1882) (pp. 155-159), Giuseppe Motta (1871-1940) (pp. 307- 313), Enrico Celio (1889-1980) (pp. 410-413), Nello Celio (1914- 1995) (pp. 529-535), Giuseppe Lepori (1902-1968) (pp. 479-483) e Flavio Cotti (pp. 615-617), l’ormai penultimo presidente della Confederazione.
Ma fra essi meritano particolare attenzione quanti, nel pur profondamente mutato clima istituzionale e culturale del secolo XX, hanno in qualche modo saputo mantenere un’ispirazione «vecchia Confederazione». Fra essi spiccano il citato Motta, originario del Canton Ticino; Jean-Marie Musy (1876- 1952) (pp. 360-365), del Canton Friburgo; e, soprattutto, Philipp Etter (1891-1977) (pp. 394-399), del Canton Zugo, consigliere federale — «il consigliere federale cattolico-conservatore per antonomasia», lo definisce Josef Widmer, l’autore del suo ritratto (p. 399) — dal 1934 — quando aveva quarantatrè anni e dieci figli — al 1959, quattro volte presidente della Confederazione, negli anni 1939, 1942, 1947 e 1953. Tutti in qualche modo espressioni di una stagione del mondo cattolico europeo e non solo, quella autoritaria entre deux guerres, rappresentata a diverso titolo da Engelbert Dollfuss (1882- 1934), Antonio de Oliveira Salazar (1889-1970), Francisco Franco Bahamonde (1892-1975), monsignor Jozef Tiso (1887-1947) e Henri-Philippe Pétain (1856- 1951).
A tali esperienze, confuse con i fascismi e criminalizzate con il nazionalsocialismo, un’adeguata ricostruzione categoriale e storico-sociale dovrà un giorno rendere giustizia ed esprimere postuma gratitudine come a chi, pur imprigionato nella disperante gabbia costituita dai poteri dello Stato nazionale e moderno, resa obbligata dalla vita politica nazionale e internazionale nel secolo XX e come tale non amata, non ha disperato, anzi ha tentato più o meno consapevolmente di salvare — ed è talora più o meno felicemente riuscito a proteggere per qualche tempo e per qualche spazio — una qualità della vita politico-sociale con riferimenti culturali nazionali e metanazionali, dopo e nonostante la scomparsa di ogni vestigio della «sovranità ideale» del Santo Impero e l’eclissi della «sovranità spirituale» della Chiesa cattolica.
Giovanni Cantoni
Note:
(11) EDOARDO VIGNA, Svizzera a guida femminile, in Corriere della Sera, 10-12-1998.
(12) Cfr. URS ALTERMATT (a cura di), I consiglieri federali svizzeri. Repertorio biografico, trad. it. di Angelo Bozzo, Dadò, Locarno 1997, pp. 672, L. 78.000. Tutti i riferimenti all’opera sono fra parentesi nel testo.
(13) Cfr. IDEM (a cura di), Die Schweitzer Bundesräte, Atemis Verlag, Zurigo-Monaco 1991.
(14) Cfr. IDEM (a cura di), Conseil fédéral, trad. francese, Cabédita, Yens 1993.
(15) Cfr. IDEM, Cattolicesimo e mondo moderno, trad. it., Dadò, Locarno 1996, su cui cfr. il mio Cattolicesimo e modernità: l’«esempio della Svizzera», in Cristianità, anno XXV, n. 270, ottobre 1997, pp. 15-19.
(16) GONZAGUE DE REYNOLD, La Démocratie et la Suisse. Essai d’une philosophie de notre histoire nationale, 3a ed. riveduta e accresciuta, Les Éditions du Chandelier, Bienne 1934, p. 198.
(17) Ibid., pp. 199-200.
(18 ) FABRIZIO PANZERA, La Chiesa in Svizzera dalla fine dell’«Ancien Régime» al tramonto della Restaurazione (1798-1835), in AA. VV., Storia religiosa della Svizzera, a cura di Ferdinando Citterio e Luciano Vaccaro, Centro Ambrosiano, Milano 1996, pp. 299-319 (p. 301). In U. AL TERMA TT (a cura di), I consiglieri federali svizzeri. Repertorio biografico, cit., è di Panzera il ritratto di Enrico Celio (pp. 410-413).
(19) Ibidem.
(20) Ibidem.
(21) Ibidem.
(22) GUIDO CALGARI, Difesa del San Gottardo, 1799, cit. in MARIO AGLIATI, Abbozzo per un profilo di Guido Calgari, postfazione a FIORENZA CALGARI INTRA, Guido Calgari. Un uomo e il suo paese, Dadò, Locarno 1990, pp. 297-324 (p. 312); dello stesso G. Calgari, con diversa aggettivazione e diverso respiro, cfr. Storia della Svizzera. Dalla preistoria al 1815, Fondazione Ticino Nostro, Lugano 1969, pp. 345-414; cfr. uno sguardo d’insieme sulla Contro-Rivoluzione in Svizzera, quanto alla «dottrina», in JACQUES GODECHOT (1907-1994), La controrivoluzione. Dottrina e azione (1789-1804), Mursia, Milano 1988, pp. 86-100; quanto all’«azione», ibid., pp. 307-311 e 324-327; cfr. pure un pregevole approfondimento del fenomeno nella Svizzera Occidentale, in MARIUS MICHAUD, La contre-révolution dans le Canton de Fribourg (1789-1815). Doctrine, propagande, action, Èditions Universitaires Fribourg Suisse, Friburgo 1978.
(23) Cit. in EMILIO RAFFAELE PAPA, Storia della Svizzera. Dall’ antichità ad oggi. Il mito del federalismo, Bompiani, Milano 1993, p. 148.
(24) Cit. ibidem.