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I Dieci Comandamenti la legge per gli uomini di ogni tempo

10 Giugno 2000 - Autore: Alleanza Cattolica

Giovanni Paolo II, Cristianità n. 299 (2000)

Omelia nella Messa sul Monte Sinai, del 26-2-2000, nn. 3-4, in L’Osservatore Romano, 27-2-2000. Titolo redazionale.

 

L’incontro fra Dio e Mosè su questo Monte [Sinai] racchiude al cuore della nostra religione il mistero dell’obbedienza che rende liberi, che trova il suo compimento nell’obbedienza perfetta di Cristo nell’Incarnazione e sulla Croce (cfr. Fil. 2, 8; Eb. 5, 8-9). Anche noi saremo veramente liberi se impareremo a obbedire come ha fatto Gesù (cfr. Eb. 5, 8).

I Dieci Comandamenti non sono l’imposizione arbitraria di un Signore tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono iscritti nel cuore dell’uomo come Legge morale universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo. Oggi come sempre, le Dieci Parole della legge forniscono l’unica base autentica per la vita degli individui, delle società e delle nazioni; oggi come sempre, esse sono l’unico futuro della famiglia umana. Salvano l’uomo dalla forza distruttiva dell’egoismo, dell’odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l’amore di sé sino all’esclusione di Dio, l’avidità di potere e di piacere che sovverte l’ordine della giustizia e degrada la nostra dignità umana e quella del nostro prossimo. Se ci allontaneremo da questi falsi idoli e seguiremo il Dio che rende libero il suo popolo e resta sempre con lui, allora emergeremo come Mosè, dopo quaranta giorni sulla montagna, “risplendenti di gloria” (san Gregorio di Nissa, Vita di Mosè, II, 230), accesi della luce di Dio!

Osservare i Comandamenti significa essere fedeli a Dio, ma significa anche essere fedeli a noi stessi, alla nostra autentica natura e alle nostre più profonde aspirazioni. Il vento che ancora oggi soffia dal Sinai ci ricorda che Dio desidera essere onorato nelle sue creature e nella loro crescita: Gloria Dei, homo vivens. […] Suggerisce che in Dio possiamo trovare il punto del nostro incontro: in Dio, l’Onnipotente e Misericordioso, Creatore dell’universo e Signore della Storia, che alla fine della nostra esistenza terrena ci giudicherà con giustizia perfetta.

 

La lettura del Vangelo […] suggerisce che il Sinai trova il suo compimento in un’altra montagna, il Monte della Trasfigurazione, dove Gesù appare ai suoi Apostoli risplendente della gloria di Dio. Mosè ed Elia stanno con Lui per testimoniare che la pienezza della rivelazione di Dio si trova nel Cristo glorificato.

Sul Monte della Trasfigurazione, Dio parla da una nube, come ha fatto sul Sinai. Tuttavia, ora Egli dice: “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!” (Mc. 9, 7). Ci ordina di ascoltare Suo Figlio perché “nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt. 11, 27). In tal modo, impariamo che il vero nome di Dio è PADRE! Il nome che supera tutti gli altri nomi: ABBA! (cfr. Gal. 4, 6). In Gesù apprendiamo che il nostro vero nome è FIGLIO, FIGLIA! Impariamo che il Dio dell’Esodo e dell’Alleanza rende libero il suo Popolo perché è costituito da figli e figlie, creati non per la schiavitù, ma per “la libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm. 8, 21).

Perciò, quando san Paolo scrive che noi “mediante il corpo di Cristo” siamo “stati messi a morte quanto alla legge” (Rm. 7, 4), non intende dire che la Legge del Sinai sia passata. Vuol significare che i Dieci Comandamenti ora si fanno udire attraverso la voce del Figlio prediletto. La persona resa libera da Gesù Cristo è consapevole di essere legata non esternamente da una moltitudine di prescrizioni, ma interiormente dall’amore che si è profondamente radicato nel suo cuore. I Dieci Comandamenti sono la legge della libertà: non la libertà di seguire le nostre cieche passioni, ma la libertà di amare, di scegliere ciò che è bene in ogni situazione, anche quando farlo è un peso. Non obbediamo a una legge impersonale; ciò che è richiesto è di arrendersi amorevolmente al Padre mediante Cristo Gesù nello Spirito Santo (cfr. Rm. 6, 14; Gal. 5, 18). Rivelando se stesso sul Monte e consegnando la sua Legge, Dio ha rivelato l’uomo all’uomo. Il Sinai sta al centro della verità sull’uomo e sul suo destino.

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Lo stemma di Alleanza Cattolica è costituito da un’aquila nera con un cuore rosso sormontato dalla croce. L’aquila è l’animale simbolico dell’apostolo san Giovanni e testimonia la volontà di essere figli di Maria, come l’Apostolo prediletto che ha riposato sul Cuore di Gesù. Circa il cuore, dice Pio XII che “è […] nostro vivissimo desiderio che quanti si gloriano del nome di cristiani e intrepidamente combattono per stabilire il regno di Cristo nel mondo, stimino l’omaggio di devozione al Cuore di Gesù come vessillo di unità, di salvezza e di pace”. Circa la croce sul cuore, cfr. il Cantico dei Cantici (8, 6): “ponimi come sigillo sul tuo cuore”.

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