Da Avvenire del 06/04/2023
La recente disposizione del prefetto di Milano sulla registrazione anagrafica dei bambini nati all’estero con maternità surrogata ha riaperto la discussione su questo spinoso tema bioetico.Il primo aspetto è la denominazione, che ultimamente va sotto il nome di gestazione per altri (Gpa). Si tratta di un termine apparentemente neutro perché descrive una parte della procedura, ma è ovvio che si tratta di gestazione per altri quando si parla di maternità surrogata. La definizione nasconde le problematiche antropologiche e morali, riassumibili in due profili: a) la commercializzazione del corpo di donne appartenenti a ceti sociali deprivati; b) il diritto del nascituro a vivere almeno con la madre che lo ha partorito, se non con entrambi i genitori naturali. All’interno di questo secondo tema bisogna aggiungere anche il diritto del bambino a non essere egli stesso commercializzato.I sostenitori della surrogazione partono dall’assunto che esista un diritto al figlio. Argomento fortemente contestabile (sulle persone non si possono avere diritti) col quale però si cerca di ren-dere accettabile la procedura della maternità surrogata, in diversi modi: innanzitutto con l’eufemizzazione del linguaggio (Gpa, che ha un vago senso di altruismo); poi con l’affermazione che donne implicate nella gravidanza del figlio su commissione riceverebbero solo un rimborso per le spese mediche; infine, ricorrendo alla logica di mercato, per la quale le persone sono libere di vendere qualcosa che appartiene loro, come il corpo e il tempo per la gravidanza.Quanto alla prima motivazione, va detto chiaramente che la maternità surrogata è un business, dove non c’è nulla di gratuito. I pochissimi casi di sorelle o parenti stretti che si prestano per un congiunto non cambiano il quadro generale. La motivazione delle spese mediche è semplicemente una copertura per occultare i pagamenti a persone bisognose di Paesi poveri o a persone marginali di Paesi ricchi. Basti pensare che negli Usa il sangue si “dona” a pagamento, e lo donano principalmente le persone che hanno estremo bisogno di quel poco denaro che ricevono. Nello stesso modo, sono le donne con gravi problemi a prestarsi alla gravidanza a pagamento. Così si risponde anche alla presunta libertà del mercato. La donna è davvero libera? Se non avesse bisogno non farebbe la madre surrogata, come non la farebbero le mie studentesse dell’università.Tutti questi argomenti mostrano che tra acquirenti e donna che si presta alla maternità non c’è vera uguaglianza. A questo proposito sarebbe istruttivo leggere i contratti che le madri surrogate debbono sottoscrivere per comprendere la loro riduzione a uno stato simile alla schiavitù. Un esempio: se per qualunque motivo la coppia ordinante non vuole più il bambino, la donna gravida è costretta ad abortire anche contro la propria volontà. Emerge con chiarezza il tema dello sfruttamento di una condizione di debolezza di uno dei soggetti implicati nel processo.Esiste però un secondo tema, forse ancora più importante, e si chiama corruzione dei valori. Il tema ha due profili. Il primo è relativo ai diritti del bambino che nascerà, degradato a semplice prodotto: non ha diritto ai suoi genitori, non può essere allattato né ricevere il calore del seno materno, se la madre che lo porta non si alimenta secondo le regole del contratto o beve alcol e c’è il sospetto che il bambino possa essere stato “danneggiato” può scattare la richiesta di aborto perché il prodotto potrebbe avere un difetto. Il secondo profilo riguarda il valore della genitorialità. Al centro della norma dell’amore genitoriale c’è l’idea che i figli sono inalienabili; è impensabile metterli in vendita, o comprarli. Acquisire un bambino attraverso la maternità surrogata significa gettare una grave ombra sulla genitorialità in quanto tale. Proviamo a pensare se non verrebbe macchiata l’esperienza di amare i propri figli se ne comprassimo alcuni sfruttando il bisogno di una donna. Il desiderio di avere figli, anche da parte di coppie dello stesso sesso, è comprensibile, ma non può trasformarsi in una ruspa che travolge ogni valore morale. Corrompere i diritti del bambino e il valore della genitorialità è un danno per l’intera società, ed è per questa ragione che la politica deve tutelare questi princìpi fondamentali.