Di Monica Ricci Sargentini da Il Corriere della Sera del 12/06/2022
È ancora negli occhi di tutti l’orrore dell’attacco del 5 giugno alla Chiesa di San Francesco a Owo, nel sud della Nigeria. Si parla di oltre 50 morti per mano dei temibili pastori fulani, in gran parte musulmani, un fatto inusuale in questa zona del Paese. Crescono, dunque, gli attacchi contro le comunità cristiane tanto da far parlare alcune organizzazioni per i diritti umani di “genocidio”. È il caso, ad esempio, dell’International Christian Concern (Icc), con sede negli Stati Uniti, che in un recente rapporto pubblicato ad aprile ha riferito che la maggior parte degli attacchi contro i cristiani in Nigeria vengono effettuati da militanti fulani, seguiti dal gruppo jihadista Boko Haram e dalla loro propaggine, la Provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico (Iswap).
Secondo il rapporto annuale di Open Doors, presentano a gennaio, la Nigeria è il Paese dove vengono uccisi più cristiani al mondo, ben 4.650 l’anno scorso contro i 3.530 del 2020, cioè il 78% dei fedeli ammazzati in tutto il mondo.
Con una popolazione di oltre 200 milioni quasi equamente divisa tra cristiani e musulmani (secondo recenti stime, il 48,8 per cento della popolazione nigeriana aderisce all’Islam – soprattutto sunnita – mentre il Cristianesimo è praticato dal 49,3 per cento della popolazione), la Nigeria è sostanzialmente spaccata in due anche a livello territoriale per quanto riguarda le religioni: i cristiani affrontano la persecuzione nel nord a maggioranza musulmana – dove la sharia è stata imposta in diversi Stati – e nella cosiddetta “cintura di mezzo” del Paese, dove il nord musulmano incontra il sud cristiano. Boko Haram opera nel nord-est del Paese sin dal 2002, sebbene l’insurrezione vera e propria sia iniziata nel 2009, mentre i pastori fulani, nomadi mandriani provenienti dal Medio Oriente, attaccano di frequente le comunità contadine cristiane in tutto il Paese.
Una persecuzione che fa capo alla contesa politica, secondo Emmanuele Di Leo, presidente della Steadfast Foundation, una onlus che lavora da quasi dieci anni nel Paese africano.
“Per far capire ben il cuore del problema – scrive in un post – bisogna andare indietro di qualche tempo. Siano nel 2014-2015 e la presidenza nigeriana di Goodluck Jonathan, che è il secondo capo di Stato cristiano, è al suo ultimo anno. Per arrestare il suo forte successo la controparte era disposta a tutto, non a caso proprio in quel periodo Boko Haram intensifica i suoi attacchi”.
La strategia è chiara, spiega ancora Di Leo, “creare terrore per indurre la popolazione a scegliere un nuovo presidente di religione musulmana”. A Jonathan nel 2015 succede Muhammadu Bhuari, di etnia Fulani, che è ancora in carica perché al secondo mandato.
“La data delle prossime elezioni sarà il 2023 – scrive Di Leo -, prevedo quindi che i prossimi mesi saranno molto duri per i cristiani della Nigeria”.