Alfredo Mantovano, Cristianità n. 88-89 (1982)
I vistosi episodi «musicali» di cui sono stati protagonisti decine di migliaia di giovani spingono a prendere nella dovuta considerazione non soltanto le cattive leggi, che promuovono la degradazione del costume e della qualità morale della vita, ma anche le espressioni della cultura di massa. La musica rock come strumento di corruzione accompagna le «mosse» della Rivoluzione. Dal «satanismo» degli anni 60 alla «rispettabilità» degli anni 80. La responsabilità dell’alta finanza e di quanti, pure a ciò tenuti dalla loro funzione, non denunciano manifestazioni che, sotto nome d’arte, sono portatrici «di violenza e di droga». L’indispensabile impegno individuale anche sul fronte del costume e del comportamento.
Dopo i «concerti» di Torino e di Napoli
I Rolling Stones da «demoni» ad «angeli» della Rivoluzione
Se non fosse stato per altri accadimenti, avrebbero polarizzato l’attenzione in modo esclusivo: comunque, ancora una volta hanno fatto spendere sul proprio conto fiumi di parole e di inchiostro, perciò non si può dire che il loro pur rapido passaggio in Italia sia rimasto inosservato. Si parla, ovviamente, dei Rolling Stones – il complesso di musica rock più conosciuto e più richiesto del mondo, sulla cresta dell’onda da più di vent’anni -, e della tournée che li ha portati sul suolo italico durante il trascorso mese di luglio.
La utilità della riflessione sul «fatto» non deriva certamente da semplice curiosità cronachistica, ma da alcuni elementi di non scarso interesse, che hanno caratterizzato i concerti delle «Pietre Rotolanti». Infatti, coloro che fino a pochi anni fa incarnavano, espressi in musica, il rifiuto totale e la ribellione, sono miracolosamente diventati, questa estate, «pacifici messaggeri di pace» (1), personaggi che «meritano simpatia» (2) e che onorano le città che li ospitano (3). Inoltre, Mick Jagger e i suoi sono stati presentati da un’abile macchina propagandistica non più come «demoni» o «maestà sataniche» (4), ma nella veste nuova di «angeli», sì che, dopo questo rapido maquillage, il loro spettacolo non appare più riservato soltanto a chi smania per novità e cambiamento, anche violenti, ma si apre a tutti: ci si può andare, insomma, con la famiglia al completo, nonni e nipoti inclusi.
E ciò specie quando si legge che «il rock oggi è un affare che riguarda tutta la società e non più solo una parte di essa, quella che una volta era sinonimo di volontà di. cambiamento, ribellione e protesta» (5); il che è confermato autorevolmente da Bill Graham, manager del gruppo, secondo il quale il rock’n’roll oggi «non è più la voce della società alternativa. È la voce della società nel suo insieme» (6).
Come mai questa metamorfosi? Anche gli Stones, come i brigatisti «pentiti», hanno conosciuto la loro «via di Damasco»? E, più in generale, dato che il complesso è stato il vessillo di un intero «movimento» musicale che ha condizionato generazioni, ci si può chiedere se sia ormai venuta meno la carica rivoluzionaria che da sempre ha animato la musica rock: la formula «sesso-droga-rock’n’roll» è da riporre in archivio?
Non si può rispondere in modo esauriente a queste domande senza prima descrivere, sia pure per sommi capi, quello che la musica, di cui i Rolling Stones sono stati e sono tuttora gli esponenti di maggiore rilievo, ha rappresentato negli ultimi due decenni. Non è mia intenzione, in questo momento, fare la storia, pure interessante, del complesso – peraltro, basta riprendere in mano qualsiasi quotidiano dei primi giorni di luglio per soddisfare ogni curiosità in proposito -, quanto cogliere, attraverso i connotati di fondo dei «pezzi» degli Stones, i motivi ispiratori degli atteggiamenti e dei fatti che hanno segnato il cammino della Rivoluzione negli ultimi anni, e non solo all’interno del mondo musicale.
Da ciò, e dagli ostacoli che il processo sovversivo ha poi recentemente incontrato nella sua marcia, si trarranno gli elementi per capire i motivi della diversa maschera con cui i Rolling Stones vengono presentati oggi, e soprattutto per verificare se la loro trasformazione sia apparente o reale.
«Rock’n’roll» e IV Rivoluzione
Come è noto, gli anni 60 sono stati caratterizzati dal graduale ma progressivamente veloce passaggio a una nuova fase dell’attacco a quello che rimane nel mondo, e nel mondo occidentale in particolare, dei valori e delle istituzioni cristiane: questa fase è stata definita «IV Rivoluzione» (7), esito ultimo e coerente delle fasi precedenti, mirante alla distruzione della gerarchia all’interno di ogni singolo uomo, al capovolgimento, cioè, del dominio della ragione sulla volontà, e di questa sulle passioni.
Si tratta, in pratica, del «passaggio dell’attacco anticristiano dalla macrostruttura alla microstruttura, dalla rivoluzione contro il Dio-padrone e lo Stato-padrone alla rivolta contro il Sé-padrone» (8); è un attacco «rivolto non tanto ai temi fondamentali della visione religiosa, ma alla prassi concreta del comportamento cristiano» (9).
Tale rivoluzione culturale – intendendo il termine «cultura» nel senso lato di «modo di vivere» – sembra avere come mèta quella società tribale idealizzata dai «filosofi» strutturalisti – e tutt’altro che dissimile dalla utopica società senza classi sognata dal marxismo come tappa successiva alla «dittatura del proletariato» -, «sintesi illusoria tra l’apice della libertà individuale e del collettivismo accettalo, in cui quest’ultimo finisce per divorare la libertà» (10). Per giungere a questa meta agognata è però necessario eliminare gradualmente tutte le differenze esistenti tra gli individui, differenze che rendono i singoli inassimilabili all’io «collettivo». È quindi indispensabile operare, da un lato per fare scomparire quegli istituti, come la famiglia, e quei valori, come i precetti della morale cristiana, che, presentando carattere di stabilità e di permanenza, ostacolano l’assorbimento nell’unica tribù; e dall’altro per fare assopire quelle facoltà, proprie di ciascun uomo, che impediscono l’adesione al pensiero collettivo, e quindi, anzitutto, la capacità di pensare autonomamente.
Funzionali all’obiettivo di fare del mondo una sola e uniforme tribù in cui nessun uomo sia padrone di sé stesso, appaiono le mille forme nelle quali la IV Rivoluzione si è concretamente manifestata, e che hanno segnato, in Occidente, la storia degli ultimi due decenni. Contro la morale individuale e la famiglia si sono così diffusi e sviluppati i germi del divorzio, dell’aborto, della pornografia, della rivoluzione sessuale (11), della droga (12); contro la capacità di ragionare dell’individuo, agli strumenti appena elencati si aggiungono la corruzione del linguaggio (13), la ricerca di una sempre maggiore «naturalezza» e «spontaneità» nei modi – eufemismi con cui si maschera la soppressione della cortesia, cioè del riconoscimento di distinzioni nei rapporti del singolo con gli altri uomini – e nell’abbigliamento, nonché la rapida diminuzione della riflessione individuale a favore di una dipendenza dalle immagini e dai suoni radio-televisivi (14).
Queste tendenze, che trovano il loro momento sintetico di maggiore ampiezza e risonanza negli avvenimenti che ruotano intorno al «maggio francese» del ‘68, e nelle sue ripercussioni negli altri paesi europei, «lavorano» il corpo sociale già dagli inizi degli anni 60 e poi, sulla scia del ‘68, dilagheranno ovunque negli anni 70. Ora, se gli strumenti di diffusione della IV Rivoluzione sono tanti, emerge subito la efficacia di quello musicale, non foss’altro che per la sua facilità di penetrazione. Un tipo di musica, in particolare, si rivela immediatamente idoneo a trasmettere a largo raggio gli elementi della nuova fase sovversiva, esaltando la «spontaneità delle reazioni primarie, senza il controllo dell’intelligenza né la partecipazione effettiva della volontà» (15): ed è il rock’n’roll.
I «demoni» del «rock»
Il rock’n’roll diventa, in breve, il simbolo della ribellione e della protesta più radicali; ed è qui che la IV Rivoluzione incontra il gruppo che da vent’anni domina la scena del rock mondiale: i Rolling Stones (16). Dopo qualche anno di penombra nei club londinesi, il complesso comincia a emergere nel 1963, per «esplodere» negli anni immediatamente successivi. Già dagli esordi sono presenti i connotati essenziali del gruppo, nei cui brani sono sintetizzati con abilità diabolica molti elementi propri della IV Rivoluzione.
Anzitutto, lo spirito di rivolta contro le istituzioni e il «vecchio vivere»: attingendo ai filoni più frenetici del jazz, del rythm’n blues e del rock’n’roll «di colore», gli Stones, essendo tutti di pelle bianca, lasciano cadere i motivi di oppressione e di liberazione razziali propri dei negri, presenti in tali ritmi, ma mantengono nella loro musica «un’identificazione emotiva, di istinto e non di necessità, una vicinanza immediata con alcuni elementi che nell’originale erano più sottintesi che palesi: il sesso, per esempio, la violenza» (17). Ciò è confermato da Keith Richards, una delle «Pietre Rotolanti», per il quale la sovversività del rock’n’roll dipende dal fatto che i suoi ritmi alterano l’essere e le percezioni del singolo (18); e, da una fonte non sospetta, a proposito della «suggestione che la musica rock può esercitare», si è fatto notare come, attraverso i ritmi del rock’n’roll, «c’è uno stordimento delle proprie capacità razionali, ordinatrici e di controllo che può provocare forme di disinibizione, come qualsiasi sostanza eccitante, droga o alcool che sia. Ci vuole però un clima di partecipazione, la sensazione di condividere sentimenti o ideali comuni, la coscienza del rito collettivo. […] C’è una fissazione libidica della folla sul proprio idolo che funziona, per pochi istanti, come liberazione dalla propria solitudine pubblica. Diventa successivamente melanconia, angoscia, frustrazione, quando la stessa libido non trova più il proprio oggetto e comunque non riesce a trasferirsi rapidamente altrove. Le manie distruttive dei fans del rock sono parzialmente spiegabili in questo scompenso che si crea tra forti sensazioni e silenzio, tra partecipazione e assenza, tra folla e solitudine» (19).
Come non vedere in ciò, e senza alcuna forzatura, un esempio di tribalismo perfettamente riuscito, a patto che lo «stregone», cioè il «sacerdote» della tribù, non cessi di celebrare il «rito collettivo» dalla piattaforma di un palcoscenico (20)?
Il quadro non sarebbe completo, però, se al rock’n’roll non si aggiungessero gli altri due elementi che hanno reso celebre l’immagine dei Rolling Stones, cioè il sesso e la droga, sempre presenti in modo ossessivo nei loro «pezzi».
Il sesso è simboleggiato dalle disgustose labbra rosse di Mick Jagger, perennemente protese all’infuori, ed esaltato nelle forme più perverse – fino alla omosessualità proclamata – e più sadiche: il titolo di uno dei loro brani più famosi, When the whip comes down, «Quando la frusta si abbatte», è non poco significativo a quest’ultimo riguardo. Né si tratta di qualcosa che rimane sul palco della esibizione: tra gli spettatori, gli strip e gli accoppiamenti diventano una consuetudine durante i concerti degli Stones.
La droga è l’altra componente fissa delle esibizioni del complesso, che sono costantemente accompagnate da «fumate» e da «buchi». D’altra parte, lo «stregone» dà l’esempio: prima di ogni spettacolo Mick Jagger non trascura di prendere la sua dose di cocaina, e poi va a cantare indossando una maglietta con su scritto «coca». Tra i brani più eseguiti è Sister Morphine, di cui ecco alcuni versi significativi:
«Per favore, Sorella Morfina/
Fai che il mio incubo diventi un sogno/
Dolce cugina cocaina/
Appoggia le tue mani fredde sulla mia testa» (21).
Keith Richards, chitarrista del gruppo, preferisce invece l’eroina, tanto che, a partire dal ‘75, ogni sei mesi è costretto a un ricambio completo del sangue; chi non regge né alle «sorelle» né alle «cugine» è l’altro chitarrista, Brian Jones, che viene trovato annegato nella piscina della sua villa, nel Sussex, il 3 giugno 1969, ucciso a 26 anni dalla droga e dall’asma.
Ma un altro elemento fa sì che il ruolo di «stregoni» venga svolto dagli Stones in modo esemplare; si sa che, se si impoverisce il linguaggio, si riduce la capacità di comprensione del mondo, e cioè la capacità di ragionare autonomamente (22); se l’obiettivo è quello della scomparsa del pensiero individuale nel pensiero dell’io «collettivo», funzionale a esso è anche la creazione di un «linguaggio ideologico», cioè di un linguaggio con pochi termini, che abbia il maggior numero possibile di significati (23), e che, quindi, sia totalmente svincolato dalla realtà, la quale in sé esprime un solo significato: quello vero.
Ora, non è difficile notare nei testi e nelle esecuzioni dei Rolling Stones l’assunzione di queste tecniche corrosive del linguaggio: anzitutto, essi fanno largo uso degli hook, che sono ritornelli, frasi ripetute in maniera ossessiva, quattro o cinque volte di seguito, e poi ripresi subito dopo, fino a quando non si inscrivono indelebilmente nella memoria di chi ascolta. Le parole, poi, sono multisenso, volutamente ambigue, e vengono pronunciate in modo confuso e disarticolato. «Tutto è sottinteso. I soli graffiti sonori suggeriscono il risveglio di ogni istinto, e ognuno, da lì in poi, può reagire a modo suo. Jagger impersona chi vuole, e chi vuole può impersonare lui» (24). Conferma lo stesso Jagger: «[…] le persone spesso interpretano le canzoni diversamente da quello che vuoi dire tu. Qualche volta sono consapevole, quando sto scrivendo qualcosa, che un verso può essere interpretato in due modi, e io non voglio dire che tutto è così. È molto divertente per le persone interpretare le cose nella propria maniera» (25).
Tralasciare un ultimo aspetto della musica degli Stones significherebbe, però, perdere di vista l’elemento soggiacente alla intera «produzione» del gruppo. «Della ambiguità, e di quella sessuale in particolare, molti si sono serviti come caratteristica principe. Il fascino di Jagger è che la sua è vissuta di nuovo nell’ambiguità tra i confini del mito e del reale, i suoi contorni sono sfumati, impenetrabili a chiunque. Mick Jagger è tutto e nulla insieme. È tutto quello che la gente vuole e tutto quello che la gente si aspetta da lui. […] Per ogni artista che abbia spinto la propria esperienza fino all’eccesso, il “male” ha da sempre più fascino del “bene”. Gli Stones hanno sempre strizzato l’occhio alla lussuria, alla stregoneria, a Satana, e non certo per esorcizzarli» (26).
Non deve meravigliare, allora, se i Rolling Stones dichiarano senza mezzi termini, in un loro brano, di provare «Sympathy for the devil»; il testo del «pezzo», composto da Jagger, inizia con queste parole:
«Permettetemi di introdurmi/
Sono un uomo di ricchezza e di gusto/
Sono stato in giro per tanto tempo/
Ho rubato la fede e l’anima di molti» (27).
Il satanismo è esplicito, per lo meno quanto nell’Inno a Satana di Giosué Carducci, o nell’Oulanem di Karl Marx (28).
Questi i trascorsi, tutt’altro che lontani. E ritorniamo ai quesiti che avevo posti all’inizio: quid novi nei Rolling Stones edizione ‘82?
Gli «angeli» del «rock»
È accaduto spesso, nella storia, che la Rivoluzione, giunta a un certo punto della sua marcia, si sia arrestata, dando la impressione di essere morta, o addirittura simulando passi indietro. Ciò si è verificato sempre dopo fasi in cui essa si era spinta troppo oltre rispetto alla situazione in cui era calata: in tali periodi, infatti, i suoi eccessi, insieme a ostacoli contingenti, rischiavano di sollevare reazioni tali da vanificare quanto aveva conquistato. Di fronte a ciò essa allora ha necessariamente dovuto, più di una volta, operare ritirate tattiche, il cui scopo è, da un lato, impedire la reazione, addormentandola con la falsa tranquillità derivante dall’apparente intervallo nell’opera di sovversione, e, dall’altro, al tempo stesso, quello di consolidare le tappe già raggiunte, garantendosi così un terreno solido per i successivi «balzi in avanti» (29).
Il «vento del ‘68» già da qualche anno dà fastidio a molti, e per una serie di buoni motivi: ci si è resi conto, per esempio, che il radicalismo sovversivo, proclamato nelle università alla fine degli anni 60, ha avuto come logici e coerenti sviluppi l’assunzione, da parte di molti «contestatori», della violenza come metodo privilegiato di lotta politica, e quindi la loro confluenza nel terrorismo organizzato. Le simpatie che attira quest’ultimo sono ormai nulle: è il caso di dire che «non paga più»: dopo anni di tensioni e di assassini quotidiani, vi è un desiderio diffuso di tranquillità di vita.
Ma non è tutto; l’ideologia trionfante sulle barricate sessantottesche oggi tace in un angolo: nessuno le dà più credito; la delusione derivante dalle promesse messianiche disattese ha provocato, in larghe fasce giovanili, un ripudio per ogni forma di impegno politico: meglio divertirsi che dedicarsi a qualcosa che ha già conosciuto il fallimento. Il disimpegno e il qualunquismo, uniti al desiderio di «farsi in pace i fatti propri» sono però generali, e interessano ormai gran parte del corpo sociale. Vi è il rischio, poi, che si possa passare dalla indifferenza al rifiuto più o meno esplicito (30).
Posto allora che, almeno per il momento, non si può andare avanti, come fare, da parte delle forze rivoluzionarie, per conservare nelle proprie riserve le mandrie di pigri o di scontenti, impedendo che scelgano altre vie, non controllate? Ci si adatta al gioco: il desiderio diffuso è di pace, di tranquillità e di divertimento? Bene, si prendono in mano ramoscelli di olivo, si accende lo stereo e poi … tutti a ballare, senza pensieri. Perciò, non potendo fare altrimenti, si mette da parte l’ideologia, ma al tempo stesso – ed è questo l’obiettivo – ci si organizza per impedire che ciascuno abbia la possibilità di pensare e di ragionare autonomamente: infatti, la riflessione non riesce agevole in discoteca, o durante una «festa popolare», o ascoltando un «concerto».
Anche il rock, e la musica sovversiva in generale, deve adeguarsi al nuovo corso, pena la emarginazione; e i Rolling Stones, ex «demoni», già incarnazione del male e della rivolta, non si fanno lasciare indietro: eccoli, allora, presentati in veste di «angeli», ispiratori di una grande «festa di pace» (31), e, a tranquillizzare ancora di più, tanto poco rivoluzionari da pranzare al desco dell’avv. Gianni Agnelli (32)! «È del tutto scomparso quel significato di opposizione, di radicale alternativa culturale che gli Stones sembravano rappresentare negli anni passati» (33).
Anche i particolari esterni mirano a rafforzare la nuova immagine dei Rolling: i concerti italiani si sono svolti nel pomeriggio e non – come accadeva prima – di notte, perché «alla luce del sole non scattano i meccanismi di aggressività tipici della notte» (34); dietro il palco delle esibizioni, poi, sono comparsi pannelli dalle tinte tenui e riposanti, come giallo ocra, rosa, fuxia; nei due concerti tenuti a Torino, un servizio d’ordine di ottocento giovani della Federazione Giovanile Comunista Italiana e dell’Associazione Ricreativa Culturale Italiana ha garantito scrupolosamente che non si verificassero scontri o incidenti (35).
Insomma, i Rolling Stones edizione ‘82 sono perfettamente funzionali a ciò di cui la Rivoluzione ha bisogno in questo momento (36). La conferma più evidente di ciò sta nel fatto che la organizzazione della tournée italiana è stata assunta quasi interamente da due tra le più importanti giunte comunali socialcomuniste, quelle di Torino e di Napoli, e dalla cura che le stesse giunte e varie associazioni paracomuniste hanno dimostrato per fare in modo che tutto filasse liscio.
A Torino, per esempio – dove, come ho già ricordato, il sindaco Novelli ha consegnato al complesso le chiavi della città, e dove il servizio d’ordine è stato assicurato dalla Federazione Giovanile Comunista Italiana e dall’Associazione Ricreativa Culturale Italiana, mentre polizia e carabinieri, per espressa volontà degli Stones, sono stati costretti a restare fuori dallo stadio comunale -, insieme al biglietto d’ingresso per il «concerto, è stata consegnata una tessera, che dava diritto al possessore a sconti speciali in alberghi, ristoranti e campeggi, oltre che a viaggiare gratis sui mezzi di trasporto urbano: il tutto, ovviamente, a spese del comune.
Non è un caso, poi, che altri, e non disinteressatamente, abbiano collaborato alla buona riuscita del tour; la casa di motociclette Piaggio-Gilera, per esempio, con un contributo di oltre mezzo miliardo, è stata lo sponsor ufficiale del gruppo in Italia. Il presidente della Piaggio è l’ex senatore democristiano Umberto Agnelli, che è anche vice presidente della Fiat (37): è solo una coincidenza o vi un reale interesse ai concerti svoltisi, condiviso da esponenti di rilievo del mondo dell’alta finanza (38)? La stessa Piaggio ha poi sovvenzionato un programma radiofonico in 15 puntate sui Rolling Stones, che è stato trasmesso per tutto il mese di luglio da circa 150 emittenti private del circuito Sper, dipendente dal gruppo editoriale di Carlo Caracciolo e della Mondadori (39); dal canto suo la Repubblica, organo radical-chic appartenente allo stesso gruppo, è stato il quotidiano che ha dedicato nelle sue pagine lo spazio maggiore agli Stones.
A questo punto, con i dati di cronaca che si hanno a disposizione, si può rispondere all’altro quesito, che mi ero posto all’inizio, relativo cioè alla realtà della «conversione» dei Rolling Stones. E qui si deve dire che, se non vi è stata, per i motivi su esposti, la proposizione di nuova violenza o di ulteriore spirito di rivolta, tuttavia i brani eseguiti e l’intero contesto in cui si sono svolti i «concerti» del gruppo mostrano poche differenze sostanziali rispetto al passato.
L’unica diversità è consistita nel già descritto tono di forzata tranquillità. Quanto al resto i «pezzi» eseguiti erano gli stessi del passato, con esclusione solo dei più scandalosi, come Sister Morphine, per esempio; la cornice ha offerto qualche zuffa in meno, ma non certo meno droga in circolazione: secondo la magistratura torinese, in poco più di quarantotto ore, giovani e meno giovani presenti nel capoluogo piemontese per le esibizioni degli Stones avrebbero consumato alcune centinaia di milioni in eroina, cocaina e allucinogeni (40). Né poteva mancare il sesso: accoppiamenti nello stadio, alla luce del sole e ragazze in monokini sono state tutt’altro che rare.
E allora, come spiegare il fatto che tali elementi non abbiano scandalizzato come in passato? La risposta è abbastanza semplice, se ben si riflette: venti o quindici, o anche solo dieci anni fa, drogarsi era ancora qualcosa di contrastante con il modo di pensare e di vivere diffusi, né era poi tanto normale denudarsi o «fare l’amore» pubblicamente; ma adesso che, dopo anni di corruzione a livello individuale, lo «spinello» è usato già alla fine delle scuole elementari e che ci si «buca» senza timidezza sui pianerottoli delle abitazioni o sui gradini delle chiese, adesso che vanno in topless – e non di nascosto, ma sulle spiagge – anche attempate signore, nell’inerzia, se non col plauso, di coloro che maggiormente dovrebbero opporsi a tali fenomeni (41), tutto ciò non fa più specie.
E i concerti dei Rolling Stones, che hanno contribuito in altri tempi a dare l’avvio a tali tendenze, oggi si limitano a riunirle e a confermarle, quasi a conferire a esse il loro prosit. Oggi, come constata anche la stampa più radicaloide, «istituzionalizzata la loro perversione, a vederli [i Rolling Stones] i padri portano i bambini, gli adolescenti si fanno accompagnare dalle giovani nonne» (42).
In altri termini, il vizio è «socializzato» e non fa più scandalo; anzi, con questi strumenti si consolida. Di ciò sono pienamente consapevoli gli Stones che, in un brano recente, intitolato Respectable, cantano, tra l’altro:
«Oggi siamo rispettati in società/
Non ti preoccupare di come/
andavano le cose una volta/
Parliamo di eroina con il Presidente/
[…]/
Ora sei un pilastro della società/
Non ti preoccupi più di quello che/
eri una volta/
Sei una ragazza dal mestiere in gran voga/
Sei la regina del porno […]” (43).
«Rock’n’roll» e Contro-Rivoluzione
Come già nel ‘68, questa nuova mossa della Rivoluzione, di cui gli Stones sono, ancora una volta, interpreti e propagandisti, fa le sue prime vittime tra coloro cui si rivolge in modo privilegiato – i giovani -, ma cerca di coinvolgere l’intero corpo sociale.
E, ancora una volta, la microcorruzione, la dissoluzione individuale dei costumi incontra pochi oppositori, soprattutto tra coloro che maggiormente dovrebbero avere a cuore la difesa dei valori morali naturali e cristiani (44). La lezione, certo difficile da apprendere da parte di chi non è disposto neanche ad ascoltare, dal momento che ha le orecchie coperte dalla cuffia del registratore portatile, dovrebbe però insegnare qualcosa a chi odia la Rivoluzione e i suoi effetti. Infatti, si sentono spesso, anche in ambienti fortemente ostili al socialcomunismo, discorsi del tipo: «Io combatto la mia battaglia e resto delle mie idee anche se mi piace il rock’n’roll» (45); e altri simili.
Si dimentica con ciò che la Contro-Rivoluzione, come la Rivoluzione, ha caratteri di radicalità: non si può, cioè, tralasciare di lottare, anzitutto nel proprio animo, contro un aspetto della mentalità sovversiva, ritenendolo irrilevante, quando è proprio tale aspetto quello più pericoloso, poiché agisce nei confronti dei singoli.
Si dimentica, soprattutto, che non si può combattere lo stile di vita rivoluzionario senza incarnare uno stile di vita opposto, che sia integralmente conforme alla verità naturale e rivelata, e che non può esservi tale conformità se mancano – e mancano se si aderisce a una qualunque delle espressioni della IV Rivoluzione – il retto uso di ragione e quella grazia necessaria che Dio elargisce soltanto a coloro che sono puri di cuore (46).
Alfredo Mantovano
Note:
(1) GINO CASTALDO, Siamo i signori del rock: abbiamo fermato il tempo, in la Repubblica, 6-7-1982.
(2) Così si è espresso Umberto Agnelli, presente al concerto di Torino dei Rolling Stones, in una intervista rilasciata alla trasmissione televisiva Sestante, andata in onda sulla rete 2 il 28 luglio 1982.
(3) Prima del concerto dell’11 luglio, il sindaco comunista di Torino, Diego Novelli, ha consegnato ai Rolling Stones, «che onorano con la loro presenza Torino», le chiavi della città (cfr. NATALIA ASPESI, Arrivano gli Stones, ma non fanno paura…, in la Repubblica, 12-7- 1982).
(4) Their Sathanic Maiesties Request era il titolo di un long playing da essi inciso nei dicembre del 1967.
(5) GINO CASTALDO, art. cit.
(6) la Repubblica, 6-7-1982.
(7) PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3a ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977, pp. 189 ss. Sulle prime tre tappe della marcia della Rivoluzione e sulla loro valenza metafisica, cfr. ibid, pp. 70 ss.
(8) LUCA MONTERONE, Di rimbalzo dalla stampa, in AA.VV, Dov’è finito il ‘68? Un bilancio per gli anni 80, Ares, Milano 1979, p. 11.
(9) EMANUELE SAMEK LODOVI, Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, Milano 1979, p. 15.
(10) P. CORRÊA DE OLIVEIRA, op. cit., p. 190.
(11) Per un inquadramento generale del problema e per i necessari approfondimenti, cfr. MASSIMO INTROVIGNE, Le origini della Rivoluzione sessuale, in Cristianità, anno VII, n. 54, ottobre 1979; IDEM, L’inconscio come trama del mondo: Groddeck, ibid., anno VII, n. 55, novembre 1979; IDEM, La gnosi sessuale di Wilhelm Reich, ibid., anno VIII, n. 57, gennaio 1980; IDEM, L’erotismo come culto della morte: Bataille, ibid., anno VIII, n. 67, novembre 1980; IDEM, Metafisica dell’amore e Rivoluzione sessuale, ibid., anno IX, n. 71, marzo 1981.
(12) Sulla rivoluzione della droga cfr. IDEM, La rivoluzione della droga e la «filosofia chimica», ibid., anno VI, n. 36, aprile 1978.
(13) Cfr. E. SAMEK LODOVICI, La corruzione del linguaggio come corruzione della memoria storica, in IDEM, Metamorfosi della gnosi, cit., pp. 105-121.
(14) Sulle tendenze pre-tribali presenti nel mondo attuale, cfr. P. CORRÊA DE OLIVEIRA, op. cit., p. 192.
(15) Ibid, p. 104.
(16) Non è questa l’occasione per riflettere sui rapporti tra la corruzione dei singoli e la Rivoluzione; tuttavia è interessante notare come il passato dei Rolling Stones, prima di conoscersi e di fondare il complesso, sia tutt’altro che edificante: si va dalla totale sfrenatezza sessuale di Brian Jones, il quale, nel ‘61, ad appena 18 anni, poteva già vantare, tra l’altro, un buon numero di figli procreati e sparsi qua e là per la Scandinavia, ai gusti «delicati» di Keith Richards, il quale, da adolescente, si divertiva a imprigionare topi in una gabbia, per poi ucciderli dopo lente torture (cfr. CESARE G. ROMANA, Rolling Stones: angeli o demoni?, in il Giornale nuovo, 10-7-1982)
(17) CARLO MASSARINI, Rolling Stones: è solo (solo?) rock’n’roll?, in POPSTER, anno 2, n. 16, luglio-agosto 1978, p. 54. Carta di qualità, ottima fotografia, linguaggio involuto e da «iniziati»: sono i caratteri salienti della rivista da cui ricavo questa citazione; il taglio del periodico in questione è scelto appositamente per convincere che il rock’n’roll è una cosa seria, da affrontare scientificamente.
(18) Cfr. PEPPE VIDETTI e MASSIMO BASSOLI, Mick Jagger, ibid, anno 3, n. 21, febbraio 1979, p. 61.
(19) ROBERTO VILLETTO, I Rolling Stones tra i giovani di Viva l’Italia!, in Avanti!, 20-7-1982.
(20) Peraltro il «rito collettivo» può ben continuare, al di là del «concerto», nella discoteca, in cui lo «stregone-cantante» è sostituito dallo «stregone -disk-jockey», restando identici i messaggi totemici; né cambia l’io «collettivo» – costituito dall’insieme dei singoli che «ballano» -, che si agita ritmicamente obbedendo ai comandi trasmessi dall’impianto stereo.
(21) Cit. in N. ASPESI, I Rolling Stones, vent’anni di musica, eros, droga, follia, in la Repubblica, 10-7-1982.
(22) Cfr. E. SAMEK LODOVICI, op. cit., pp. 109 ss.
(23) «Il linguaggio ideologico, in altri termini, non dice delle cose perchè queste sono vere, ma le dice per ottenere un certo effetto, e con ciò rivela la sua natura strumentale» (ibid., p. 112).
(24) C. MASSARINI, art. cit., p. 56.
(25) P. VIDETTI e M. BASSOLI, art. cit., p. 62. Tornano alla mente le parole scritte da Karl Marx nel suo poema Su Hegel: «Insegno parole aggrovigliate in una confusione diabolica, così ognuno può credere vero ciò che sceglie di pensare», in Marx-Engels Gesamtausgabe, a cura di David Rjazanov, Mosca, Istituto Marx-Engels-Lenin, 1927-1935, cit. in RICHARD WURMBRAND, Mio caro diavolo. Ipotesi demonologiche su Marx e sul marxismo, trad. it., Edizioni Paoline, Roma 1979, p. 37.
(26) C. MASSARINI, art. cit., p. 57.
(27) Ibidem.
(28) Oulanem, anagramma di Manuelo, o Emanuele – nome biblico di Gesù -, è il titolo di un dramma in versi composto da Karl Marx; eccone un brano:
«[…] io ho il potere, con le mie braccia,/
Di schiacciarvi e di stritolarvi (“voi” = l’umanità personificata) /
Con la forza di un uragano,/
Mentre per noi due si apre l’abisso spalancato nelle tenebre. /
Voi scomparirete nei suoi più profondi recessi, /
Dove vi seguirò ridendo, /
Sussurrandovi all’orecchio: /
“Scendete, venite con me, amico mio!”»
(Oulanem, atto I, scena II, cit. in R. WURMBRAND, op.cit., p. 32).
(29) Sulle metamorfosi del processo rivoluzionario, cfr., P. CORRÊA DE OLIVEIRA, op. cit., pp. 79 ss.
(30) Cfr. GIOVANNI CANTONI, «Il «riflusso», il disimpegno e la liquidazione della contestazione, in IDEM, La «lezione» italiana, Cristianità, Piacenza 1980, pp. 159-164.
(31) Sono parole che il deputato Mimmo Pinto, già leader di Lotta Continua e dei «disoccupati organizzati» napoletani, ha pronunciato nel corso della trasmissione televisiva Sestante, del 28 luglio 1982. Secondo quanto informa Panorama (16 agosto 1982 – anno XX, n. 852, 16-8-1982), l’on. Pinto, l’on. Boato – entrambi parlamentari del Partito Radicale, ma attualmente in rotta con esso e in procinto di uscirne, pare, per approdare alle sponde socialiste – e altri, già esponenti di rilievo di Lotta Continua e di altri gruppi della «nuova sinistra», come Adriano Sofri, sono da qualche tempo in costante contatto con il vice segretario del Partito Socialista Italiano, on. Martelli, in vista di un recupero degli ex del ‘68, che sia utile per la nuova strategia socialista. «Le forze della nuova sinistra – ha detto, tra l’altro, Claudio Martelli – possono giocare un ruolo chiaro di vigilanza critica ponendosi accanto a noi nella scommessa di governare i profondi cambiamenti in atto nella società post-industriale» (ibidem). La tappa più vicina di questo «dialogo» tra Partito Socialista Italiano e «nuova sinistra» è un convegno internazionale che si terrà a Milano nel prossimo mese di ottobre sul tema, guarda caso, Il Sessantotto.
(32) Cfr. il Giornale nuovo, 13-7-1982.
(33) la Repubblica, 6-7-1982.
(34) Così John Gaydon, uno dei manager al seguito degli Stones, in Panorama, anno XX, n. 847/848, 19-7-1982.
(35) Cfr. la Repubblica, 13-7-1982.
(36) La osservazione del «fatto» prescinde dalla indagine, di natura soggettiva, se gli Stones abbiano avuto o meno consapevolezza dell’uso cui sono stati destinati; tra i motivi che li hanno spinti a mutare abito può ben esserci anche quello «di cassetta»: se avessero mantenuto la vecchia veste, probabilmente avrebbero avuto minori incassi e più fastidi. Interessa però notare, obiettivamente, la loro funzionalità alle attuali esigenze della Rivoluzione.
(37) Sarebbe interessante conoscere per intero il contributo che la famiglia Agnelli, e le varie fondazioni che i suoi componenti finanziano o cui partecipano, hanno fornito alla IV Rivoluzione. Comunque, per avere una idea di come la pensa in proposito Gianni Agnelli, è molto utile lo studio di MAURIZIO BLONDET, Gli antenati insospettati della contestazione, in AA. VV., Dov’è finito il ‘68? Un bilancio per gli anni 80, cit., in particolare pp. 70 ss. Quanto a Susanna Agnelli, parlamentare europeo per il Partito Repubblicano Italiano, giova ricordare che il suo nome è legato, tra l’altro, oltre che a un attivo appoggio alla campagna per liberalizzare l’aborto, anche alla presentazione, nel 1978, di un progetto di legge per la legalizzazione della sterilizzazione volontaria.
(38) Sempre a titolo di cronaca, giova ricordare che il quartier generale degli affari dei Rolling Stones si trova nella city londinese, e precisamente in Old Bond Street: qui ha sede l’ufficio del barone Rupert Loewestein, banchiere che, oltre a occuparsi delle finanze degli Stones, cura anche quelle della famiglia Rothschild (cfr. Panorama, anno XX, n. 847-848, cit.).
(39) Cfr. ibidem.
(40) Cfr. il Giornale nuovo, 14-7-1982.
(41) «Un bel seno al sole non è certo una cosa stonata»: così il democristiano Ferdinando Capecchi, presidente dell’azienda di soggiorno di Jesolo, ha commentato la iniziativa del comune di Jesolo di riservare ufficialmente ai nudisti una zona del litorale da esso dipendente (cfr. la Repubblica, 19-8- 1982): quanti, nel suo partito, la pensano come lui?
(42) N. ASPESI, art. cit.
(43) POPSTER, anno 3, n. 20, gennaio 1979, p. 73.
(44) Nel mondo cattolico, una sola voce si è levata con coraggio e tempestività nella critica al tour italiano dei Rolling Stones: quella del cardinale Corrado Ursi, il quale, nel corso di una omelia pronunciata all’inizio di luglio, ha opportunamente e sinteticamente sentenziato che «la manifestazione […], contrabbandata per manifestazione d’arte, è portatrice di violenza e di droga» (la Repubblica, 14-7-1982). Com’era ovvio, la sortita dell’arcivescovo di Napoli gli ha attirato prontamente gli strali sarcastici della stampa radical-comunista, per la quale, evidentemente, un Pastore di anime non ha neanche il diritto di mettere in guardia il proprio gregge dai pericoli che lo minacciano. Meno ovvia, ma non tale da destare meraviglia, la critica che le parole del cardinale Ursi hanno incontrato tra i redattori del «quotidiano di ispirazione cattolica» Avvenire: questi – cfr. MASSIMO BERNARDINI, La parabola dei Rolling, in Avvenire, 7-7-1982; e MARCO BONATTI, Cultura o smaccato business?, ibidem -, se da un lato si sono prudentemente astenuti dall’entrare in valutazioni di merito relative alla musica degli Stones, dall’altro hanno biasimato esplicitamente, riportandole tra virgolette, espressioni analoghe a quelle usate dal cardinale, presentandole come esempio di superficialità di analisi, se non proprio di sprovvedutezza. È il caso di dire, da parte dell’arcivescovo di Napoli: «dagli amici mi guardi Iddio»!
(45) Quando addirittura non si sostiene che le «vie della tradizione» passano anche per la discoteca, se non proprio per il rock’n’roll!
(46) cfr. Mt. 5, 8.