Il Brasile si avvia a lunghi passi verso le importanti elezioni presidenziali del settembre di quest’anno. I sondaggi danno in testa il leader progressista Lula, ex presidente dal 2003 al 2010, che stacca di quasi 20 punti l’attuale presidente populista Bolsonaro, il quale, però, lotta e vara una riforma fiscale per tentare di invertire la tendenza
di Stefano Nitoglia
Nel mondo politico brasiliano gli ultimi giorni sono stati frenetici, con divisioni, annunci e cambi rilevanti di nomi delle sigle partitiche.
I concorrenti, al momento, sono molti. Jair Bolsonaro, attuale presidente, il 30 novembre del 2021 si è iscritto al Partido Liberal (PL). Luiz Inácio Lula da Silva, meglio noto come Lula, ex-presidente dal 2003 al 2010, si candiderà per il Partido dos Trabalhadores (PT). Ciro Gomes, ex-governatore dello Stato federale del Ceará, situato nella parte nord-orientale del Paese e affacciato sulla costa atlantica, già ministro delle Finanze e dell’Integrazione Nazionale, si presenterà col Partido Democrático Trabalhista (PDT), partito socialista democratico affiliato all’Internazionale socialista, fondato nel 1979 da Leonel de Moura Brizola. Brizola fu cognato e sodale di João Belchior Marques Goulart, presidente dal 1961 al 1964, anno in cui fu deposto, il 31 marzo, da un golpe militare guidato dal maresciallo Humberto de Alencar Castelo Branco, appoggiato dagli Stati Uniti, che accusò Goulart di essere «al servizio del comunismo internazionale». Sergio Moro, ex giudice federale, iniziatore del movimento giudiziario Lava Jato (Operazione Autolavaggio), una sorta di “mani pulite” locale, già ministro della Giustizia, che con le sue inchieste causò la caduta di Lula, parteciperà con Podemos, un mix tra il nostro Cinque Stelle, il Podemos spagnolo e un po’ di Macron francese. Joâo Doria, governatore dello Stato di San Paolo, vinte le primarie del PSDB, Partido da Social Democracia Brasileira, di centro-sinistra, concorrerà con questo partito. Rodrigo Pacheco, senatore dello Stato di Minas Gerais, che ha il 10,1% della popolazione brasiliana e produce l’8,7% del PIL brasiliano, presidente del Senato, ha lasciato il DEM (Democratas), partito di orientamento liberal-conservatore, per il PSD, Partido Social Democrático, di orientamento centrista: può entrare nella corsa per il Palácio do Planalto, la sede ufficiale della Presidenza della Repubblica del Brasile. Simone Tebet, senatrice del Mato Grosso, è pre-candidata alle primarie per il MDB, Movimento Democrático Brasileiro, partito centrista per eccellenza. Alessandro Vieira, senatore del Sergipe, il meno esteso tra gli stati del Brasile, situato nella parte nordorientale del Paese, sulla costa atlantica, potrebbe essere il candidato di Cidadania, partito che un tempo si chiamava Partido Popular Socialista, ma che nel 2019 ha abbandonato ogni riferimento al socialismo e alla socialdemocrazia, spostandosi verso posizioni social-liberali e centriste. Felipe d’Avila, studioso e docente di scienza politica, è pre candidato del Partido Novo, di orientamento classico liberale e libertario di destra. Luiz Henrique Mandetta, ex-ministro della Salute, si è detto a disposizione del partito Uniâo Brasil, che si colloca a destra, anche se non ne è ancora il candidato ufficiale.
Le ultime proiezioni elettorali, realizzate dall’istituto Ipespeil 25 febbraio scorso, mostrano Lula al primo posto, col 43% delle preferenze, Jair Bolsonaro al secondo, col 26%, Sergio Moro al terzo, con l’8%, seguito da Ciro Gomes (7%) e Joâo Doria (3%), mentre gli altri candidati vengono dati tutti all’1%. Gli indecisi o quelli che non hanno risposto sono dati al 2%. Queste sono le intenzioni di voto “stimolate”, mentre quelle “spontanee” danno Lula al 35%, Bolsonaro al 25%, Moro e Gomes al 4% e gli altri tra lo zero e l’uno per cento. Gli indecisi, o quelli che non hanno risposto, sono dati al 25%.
L’Ipespe presenta anche nove scenari per il secondo turno, comparando quattro candidati. Eccoli.
Scenario 1
Lula (PT) – 54%; Jair Bolsonaro (PL) – 32%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 14%;
Scenario 2
Lula (PT) – 52%; Sergio Moro (Podemos) – 31%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 17%
Scenario 3
Lula (PT) – 51%; Ciro Gomes (PDT) – 25%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 24%
Scenario 4
Lula (PT) – 54%; João Doria (PSDB) – 18%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 29%;
Scenario 5
Ciro Gomes (PDT) – 47%; Jair Bolsonaro (PL) – 35%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 18%
Scenario 6
João Doria (PSDB) – 39%; Jair Bolsonaro (PL) – 36%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 25%
Scenario 7
Sergio Moro (Podemos) – 33%; Jair Bolsonaro (PL) – 32%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 35%
Scenario 8
Lula (PT) – 55%; Eduardo Leite (PSDB) – 17%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 28%
Scenario 9
Jair Bolsonaro (PL) – 39%; Eduardo Leite (PSDB) – 35%; Bianche/nulle/non voto/indecisi – 26%
L’indagine Ipespe è stata realizzata dal 21 al 23 febbraio intervistando per telefono 1.000 persone sopra i 16 anni in tutto il Brasile, con un margine di errore stimato attorno al 3,2% e un “intervallo di confidenza” del 95,5%.
La prevista vittoria -almeno per ora– di Lula preoccupa il grande Paese dell’America Latina, come è testimoniato anche, ma non solo,dal grandissimo numero di richieste di cittadinanza italiana dei discendenti degli immigrati italiani; nel solo Consolato Generale italiano di San Paolo giacciono oltre duecentomila richieste. I brasiliani confidano nel passaporto italiano, valido per tutta la UE, per cercare alternative all’estero nel caso di aumento della crisi che attanaglia quello che fu un Paese ricco, tutt’ora pieno di risorse naturali.
Dal canto suo Bolsonaro, per risollevare le sue sorti, punta su alcune riforme economiche, come quella della modifica della aliquota dell’IPI (Imposta sopra i prodotti industrializzati), pubblicata dal governo federale il 25 febbraio scorso, che riduce del 25% l’imposta per la maggior parte di questi prodotti. La riduzione dell’IPI beneficerà più di 300mila imprese, soprattutto quelle dell’industria di trasformazione, cioè l’insieme di industrie che ottengono le merci finite. L’impatto economico della misura fiscale sarà pari a 19,6 bilioni di real (la moneta brasiliana, il cui rapporto attuale con l’euro è di 5.738 di real per un euro).
Il ministro dell’Economia, Paulo Guedes, ha spiegato che il taglio forfettario del 25% dell’IPI è l’inizio di un processo graduale di riduzione delle tasse. In una conversazione con i giornalisti, ha detto che il proposito iniziale del governo era di abbassare del 50% l’imposta, ma che non lo si è fatto, per ora, per non pregiudicare la Zona Franca di Manaus, che oggi beneficia dell’esenzione dell’imposta. «La riduzione del 25% dell’IPI è la pietra miliare della reindustrializzazione brasiliana, dopo quattro decadi di deindustrializzazione», ha affermato Guedes.
Vedremo quali effetti avrà questa misura fiscale sull’economia brasiliana e sulla campagna elettorale, che si prospetta lunga e combattuta.
Lunedì, 28 febbraio 2022