Scritto appositamente per Cristianità, un invito alla vigilanza internazionale dopo la firma — in Guatemala, il 7 agosto 1987 —, da parte del governo sandino-comunista, del Piano di Pace, che impegna il regime di Managua a instaurare «un sistema democratico, rappresentativo e pluralista» (L’Osservatore Romano, 9-8-1987). Il titolo è redazionale.
Un’autorevole messa in guardia
Il buon grano e la zizzania nei campi del Nicaragua
Il Nicaragua ha occupato una parte speciale nel notiziario mondiale fino a quando si è parlato del Piano di Pace in America Centrale e del Piano di Pace alternativo proposto dal governo degli Stati Uniti con il sostegno sia dei repubblicani che dei democratici. Oggi si è tutti concordi nel credere che vi deve essere stata buona volontà al momento di firmare un accordo di tale portata. I mezzi di comunicazione la danno per scontata e trascurano gli accadimenti in America Centrale per dirigere la loro attenzione verso altre parti del mondo. Se vi è qualche informazione da dare a proposito dell’America Centrale, viene pubblicata in una delle ultime pagine e così si toglie a essa ogni importanza.
Nel Piano di Pace che il Nicaragua ha sottoscritto, il governo si impegna a rendere al popolo quanto ha tolto a esso, cioè la libertà in tutte le sue espressioni; ma quando il popolo, in buona fede, intende assicurarsi del fatto che può usare questo legittimo diritto, viene represso dalla polizia sandinista che, equipaggiata con armi elettriche e con cani addestrati, disperde questa pacifica e civile manifestazione e mette in carcere il direttore della Commissione per i Diritti Umani, il dottor Lino Hernandez, e il dottor Alberto Saborio, presidente dell’ordine degli Avvocati (1). Non si tratta di due terroristi, ma di rispettabili cittadini stimati all’interno e all’estero, ma condannati a trenta giorni di carcere per aver esercitato un diritto legittimo e garantito dalla Costituzione.
Il governo del Nicaragua ha oggi il primo posto fra quelli di paesi nei quali vengono maggiormente violati i diritti umani, benché sia firmatario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Io personalmente ho patito violenza nel mio diritto a vivere nella mia patria, dal momento che, pur essendo nato in Nicaragua, per più di un anno non ho potuto fare ritorno nel mio paese, anche se ho fatto appello a tutte le istanze internazionali e anche se la Conferenza Episcopale del Nicaragua ha posto il mio rientro fra i punti da esaminare durante i più di dieci incontri di dialogo.
Analoghe al mio caso, vi sono altre situazioni e sofferenze di persone che devono essere prese in esame per chiedere al governo di Managua chiari segni del fatto che è pronto a correggere gli errori e a rispettare quanto ha firmato.
Diverse domeniche fa, nella santa messa, abbiamo meditato un passo molto significativo del Vangelo di san Matteo, capitolo 13, versetti 24-43, che ci parla dell’uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo, ma, mentre dormiva, un nemico ha seminato zizzania in mezzo al grano. Mi permetto di proporre una libera interpretazione di questo passo e di adattarlo alla realtà del Nicaragua: nel 1979, il popolo del Nicaragua — in tutti i suoi settori sostenuti anche all’estero — ha seminato con grande illusione buon seme, ma purtroppo tutti, fautori della democrazia, cristiani, stampa internazionale, ci siamo addormentati e il nemico ne ha approfittato per seminare zizzania nei campi del Nicaragua. Oggi questa zizzania è cresciuta e intende annientare il grano. La parabola dice che, alla fine, il grano sarà raccolto e riposto nei granai e che la zizzania sarà tagliata e bruciata. Non intendo adattare completamente la parabola di Gesù, ma la verità è che nella nostra situazione il nemico è più aggressivo di quello della parabola e oggi la zizzania non soltanto cresce, ma intende anche annientare il grano, e la cosa più grave è che a livello internazionale si vende la zizzania travestita da grano.
Il Piano di Pace in America Centrale, firmato in Guatemala, offre l’occasione di ritornare a seminare grano in Nicaragua. Molti di buona volontà sono disposti a ritornare e a seminare con grande illusione e speranza i valori democratici, ma hanno bisogno di un minimo di garanzie e della restituzione di quanto ci è stato tolto.
Dopo aver vissuto la prima esperienza, abbiamo il dovere di non addormentarci, di essere vigilanti e di evitare che il nemico frustri gli aneliti di pace e di libertà del nostro popolo. Per questa ragione la stampa internazionale non deve abbandonare le persone che aspirano alla democrazia all’interno del Nicaragua e non deve essere indifferente quando alcuni, come il dottor Lino Hernandez, vogliono far uso di un loro legittimo diritto.
Voglio chiedere al governo del Nicaragua che, entro il 7 novembre 1987 — data della prima verifica della attuazione del Piano di pace —, restituisca a tutti coloro che ne sono stati privati il legittimo diritto a poter vivere nella nostra patria e gli altri legittimi diritti naturali propri della persona. Chiedo il rispetto del legittimo diritto della Chiesa in Nicaragua, la libertà per la radio cattolica, chiusa dal gennaio del 1986, la restituzione della tipografia di proprietà della Chiesa, sequestrata dall’ottobre del 1985, e il permesso di ritornare in Nicaragua a tutti i sacerdoti espulsi.
Quando il Nicaragua avrà dato tali segni, invito i nicaraguensi in esilio a formare un gruppo disposto a tornare per misurare la buona volontà del governo sandinista e a contribuire affinché il bene trionfi sul male. Dio salvi il Nicaragua.
Monsignor Bismarck Carballo
Vicario episcopale dell’Arcidiocesi di Managua
Assistente del cardinale Miguel Obando Bravo
Nota:
(1) Il 15 agosto 1987 la polizia sandinista ha aggredito e disperso, a Managua, i partecipanti a una manifestazione pacifica indetta dalla Coordinacion Democratica — che riunisce i principali partiti d’opposizione — per celebrare il Piano di Pace e per chiedere al governo nicaraguense la sua sollecita applicazione. La polizia ha lanciato sui manifestanti i suoi temuti cani poliziotto e ha fatto ampio uso dei famigerati bastones eléctricos, sfollagente che trasmettono una scossa elettrica a chi ne viene colpito. I promotori della manifestazione — fra i quali il dottor Lino Hernandez, ferito nel corso dell’aggressione poliziesca, e l’avvocato Alberto Saborio — sono stati arrestati insieme a numerosi manifestanti (ndr).