Giovanni Cantoni, Cristianità n. 285-286 (1999)
Articolo ampiamente anticipato, senza note e con il titolo redazionale La Chiesa comincia a dar fastidio al potere. Nasce la «persecuzione amministrativa», in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, anno XLVII, n. 300, 23-12-1998, p. 6.
Il Caso Giordano o della persecuzione amministrativa
La persecuzione si può definire come una guerra contro inermi, e il termine evoca per i più immediatamente e quasi esclusivamente pratiche di violenza — quali torture, fucilazioni e colpi alla nuca per i singoli, GULag, Lager, campi di rieducazione, fosse comuni e così via per i gruppi —, che sono all’origine del martirio nella sua espressione inconfondibile di effusione del sangue. Non altrettanto presenti sono però altre modalità di persecuzione: anzitutto, a proposito della Chiesa che nasce per essere missionaria, la persecuzione previa, che consiste nell’impedirne l’implantatio, quindi e comunque la missione, producendo come conseguenza l’ etnicizzazione dell’appartenenza religiosa, cioè il collegamento unico di tale appartenenza alla nascita e al sangue, con l’esclusione tematica della conversione, come accade dove l’islam gestisce il potere; e quella amministrativa, che tale missione ostacola in modo non cruento, ma non meno significativo, sì che si può dire produca non morte immediata, ma mortificazione, cioè morte centellinata e, in un certo senso, inferta ratealmente.
L’uso del termine «persecuzione amministrativa» mi è suggerito dagli sviluppi del cosiddetto Caso Giordano, esploso il 20 agosto 1998 con l’accusa a S. Em. il card. Mi- chele Giordano, arcivescovo di Napoli, di concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata all’usura, imputazione trasformata il 17 dicembre in partecipazione diretta a una tale associazione e alla quale — fra settembre e ottobre — si affianca un’inchiesta del la Procura di Napoli per reati fiscali e tributari, che vede l’alto prelato accusato di frode fiscale e falso in bilancio. «La nuova indagine su Giordano, ereditata da Lagonegro ed ora targata Napoli, rischia di suscitare una reazione a catena— scrive Giovanni Marino su la Repubblica del 19 dicembre 1998 —. Lo fanno presente gli investigatori che si domandano: e nelle altre Curie si pagano le tasse, si rispettano fisco e Iva? Napoli è una eccezione oppure è così dappertutto? Una problematica che non sfugge al consulente nominato da Giordano, il professor Ermanno Bocchini. Che difende la Curia — “non è una immobiliare” — ma al contempo sottolinea che “per la prima volta in Italia si pone una questione del genere”. Questione che, non si nasconde il professore, potrebbe investire tutte le Curie. Non ci sono precedenti, in materia. “Credo che si stia scrivendo una pagina inedita di diritto canonico giudiziario, ma credo anche che il buonsenso ci porti a dire che gli uffici arcivescovili non sono immobiliari”, commenta l’esperto» (1).
Dunque, la Chiesa in Italia è sottoposta a una forma di persecuzione, direttamente amministrativa?
Com’è a tutti noto, è in corso nella Repubblica Italiana un Kulturkampf che nega ai cattolici cittadini la possibilità di fruire di un insegnamento non statale, benché di evidente pubblica utilità, non «senza oneri per lo Stato», ma senza oneri aggiuntivi per lo stesso cattolico già onerato in quanto cit- tadino. A causa di questa condi- zione, iniziative scolastiche nate di diritto, ampiamente quando non esclusivamente, per l’istruzione dei poveri in ambiente cattolico, nel corso dei decenni postunitari sono state espropriate — cioè derubate — dei beni su cui potevano fondare in autonomia la propria attività caritativa, perciò sono diventate di fatto riservate ai ricchi, e ora come tali esse vengono denunciate e perciò private del sostegno dovuto agli istituti di pubblica utilità perché non si possano di nuovo aprire di fatto — non certo di principio — ai poveri.
Ma non è tutto; o, almeno, sembra non sia tutto. Infatti, invece della «vecchia pratica espropriatoria» — «abolizione della proprietà privata», come recita il Manifesto del partito comunista del 1848 (2) —, non più utilizzata dopo gli accadimenti del 1989, diventa dominante come modo di aggressione ai beni privati, alla proprietà privata, quello realizzato attraverso la pressione fiscale, che, invece di eliminare prevalentemente la proprietà esistente, mira a impedirne la formazione: «La Caritas, ad esempio — nota l’avvocato della Curia, il penalista Enrico Tuccillo —, per fare la carità ha bisogno di qualcosa da dare, il passaggio di denaro fa parte della natura dell’ ente» ( 3). E di questa pratica sembra espressione prima quanto accade alla diocesi di Napoli, con un orizzonte applicativo interessante tutta la Chiesa che è in Italia, e con un’intentio nocendi che ha presente anche la Chiesa universale. Infatti — nota Pantaleone Sergi sula Repubblica del 20 dicembre —, «che l’inchiesta fiscale possa allargarsi a tappeto […] nessuno, in ambienti giudiziari, lo esclude. A meno che, e potrebbe anche essere, non ci sia una autonoma iniziativa della Guardia di Finanza che, a livello centrale, potrebbe facilmente essere autorizzata a effettuare “accessi fiscali” in tutte le Diocesi italiane, proprio nell’ipotesi di comportamenti omogenei che potrebbero essere stati dettati dai vari Dipartimenti vaticani» (4).
Passo dall’inquadramento del fatto all’interno di un processo pluridecennale — meglio sarebbe plurisecolare — a ipotesi sulle sue cause prossime, che appaiono piuttosto come occasioni, mentre quelle remote trovano la loro inequivoca previsione evangelica: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (5). Ebbene, anche un osservatore non particolarmente attento degli avvenimenti italiani non può non aver notato la coincidenza fra l’aggressione alla Curia napoletana e prese di posizione del vertice dell’episcopato italiano circa problemi fondamentali — quali, per esempio, la procreazione assistita, la scuola cattolica e le unioni di fatto —, che lo pongono in rotta di collisione con la pratica delle forze politiche al potere. E questa è la regola aurea della persecuzione: se la Chiesa fa la sua parte, se svolge la sua funzione profetica, cioè — ancora — se proclama la verità in pubblico opportune et importune (6), o converte il mondo, e, a vantaggio dei poveri e dei piccoli, si produce una Cristianità (7) — pur effimera, dal momento che il Regno di Dio non è di questo mondo —, oppure viene perseguitata; se non fa la sua parte, non viene perseguitata, ma il vantaggio per i poveri e per i piccoli è nullo, anzi si produce per essi solo tentazione istituzionale e scandalo (8).
Se qualcuno denunciasse la prospettiva da me tracciata come di parte — «Forse che, nel centrodestra non mancano gli anticlericali, cioè gli anticattolici, per non dire i nemici di ogni religione?» —, rispondo che tali personaggi non mancano per certo nello schieramento di centrodestra, ma è in esso pure presente, globalmente lo pervade e fa la differenza un atteggiamento di rispetto che ha garantito, ma non garantisce più, l’«immunità psicologica» delle istituzioni religiose, evocata felicemente sempre da Sergi (9); si tratta dello stesso «buonsenso» cui fa appello il professor Bocchini, nome debole dell’aequitas che dovrebbe integrare lo ius, soprattutto quel summum ius, che si rovescia facilmente in summa iniuria, che è il diritto positivo, senza rimandi o appelli superiori. Comunque, si tratta di un buonsenso che a sinistra nessuno ha mai coltivato o coltiva, se non come machiavellismo o cinismo: qualcuno punta forse a un nuovo Concordato, di profilo ancor più basso di quello a suo tempo firmato dall’on. Bettino Craxi (10)?
Giovanni Cantoni
Note:
(1) GIOVANNI MARINO, Nuove accuse per il Cardinale. «Era complice di usurai», in la Repubblica, 19-12-1998.
(2) KARL MARX [1818-1883] e FRIEDRICH ENGELS [1820-1895], Manifesto del partito comunista, introduzione e trad. it. di Palmiro Togliatti (1893-1964), XIV ed., Editori Riuniti, Roma 1971, p. 78.
(3) Cit. in G. MARINO, «Se abbiamo violato la legge tutte le diocesi sott’inchiesta», in la Repubblica, 20-12-1998.
(4) PANTALEONE SERGI , «Affari, non opere di bene», ibidem.
(5) Gv. 15, 20.
(6) 2 Tim. 4, 2.
(7) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, del 14-3-1997, nn. 2-3, in L’Osservatore Romano, 15-3- 1997.
(8) Cfr. Mt. 18, 6; Mc. 9, 42; e Lc. 17, 2.
(9) P. SERGI, art. cit.
(10) In proposito, segnalo una significativa aggettivazione, tratta da un articolo in tema di parità scolastica, comparso con il titolo È un errore che ci riporta al medioevo in l’Unità, del 2-11-1998, a firma del pensatore marxista, pedagogista e storico dell’educazione, Mario Alighiero Manacorda — autore di un recente Perché non possiamo non dirci comunisti, Editori Riuniti, Roma 1997 —, nel quale si parla dell’«ambiguo e nefasto Concordato craxiano del 1984».