Giovanni Cantoni, Cristianità n. 50-51 (1979)
La tornata elettorale del 3 e 4 giugno – i cui risultati sono stati sostanzialmente confermati dalle elezioni europee e dalla consultazione svoltasi in Sardegna – ha elevato un ostacolo di qualche consistenza sulla via del «compromesso storico», per il quale il tentativo di anticipo è stato infausto. La felice reazione del corpo sociale, su cui grava la ipoteca democristiana.
Dopo il “giugno elettorale”
Il «compromesso storico» infortunato!
1. Il «compromesso storico» e il progetto di anticiparlo per ragioni internazionali
È a tutti noto – o, almeno, dovrebbe esserlo – che «compromesso storico» è il nome con cui da qualche anno, precisamente dalla «lezione cilena», cioè dall’autunno del 1973, si indica la politica comunista di conquista del potere in Italia. Di tale politica – di tale prassi – è coerente proiezione ideologica il cosiddetto eurocomunismo, e corrispondente democristiano la politica del «confronto».
Per ragioni internazionali difficilmente decifrabili – ma non per questo meno reali – la politica di «compromesso storico» ha subito, negli ultimi tempi dello scorso anno e nei primi mesi di quello corrente, una innegabile accelerazione, il cui effetto maggiore è stato la indizione della consultazione elettorale del 3 e 4 giugno (1).
Poiché il contenuto principale della politica di «compromesso storico» consiste, per il Partito Comunista, nel conquistare il potere grazie, attraverso e con la Democrazia Cristiana, senza permettere che, eventualmente, vada alla opposizione – evitando così l’innesco del noto processo «alla cilena» con sfascio della setta-apparato da parte dell’elettorato democristiano, con il conseguente scontro frontale del Partito Comunista con il paese reale e, quindi, con l’inevitabile ulteriore svelamento della natura vera del socialcomunismo -, le elezioni anticipate avevano lo scopo di «anticipare» tale conquista, con le modalità desiderate.
2. La «recita» e il suo scenario
Questo, a grandi linee, lo scenario della «recita» in programma: regresso comunista, rafforzamento delle posizioni democristiane attraverso lo scompaginamento della destra e del micro-centrismo; quindi, governo-ponte verso un autunno «caldissimo» per pressioni a tenaglia sindacale e terroristica; dalla seguente emergenza, con la «e» maiuscola, un governo di grande solidarietà nazionale – forse tanto «grande» e tanto «nuova» da rompere anche lo schema dell’«arco costituzionale», almeno in sottocommissione e in periferia! -, includente i comunisti, titolari di ministeri secondari e in funzione di «pompieri» anti-sindacali e anti-terroristici; all’orizzonte, infine, un rimpasto, con l’attribuzione ai comunisti di ministeri di maggiore rilievo, magari in primavera, che secondo alcuni è di natura «rossa»! Naturalmente, senza timori di consultazioni elettorali per almeno cinque anni, ma con il «consenso» organizzato dalla Democrazia Cristiana!
3. Il fallimento del «gioco delle parti» e l’orientamento anticomunista del corpo sociale
Questo autentico «sogno di una notte di mezza estate» (anticipata) ha però trovato, sulla via della sua realizzazione, una difficoltà di qualche rilievo, sicché si può veramente dire, con il proverbio, che «il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi»! Infatti, la tornata elettorale anticipata – le cui tendenze sono state sostanzialmente confermate dalle elezioni europee e dalla consultazione sarda – non ha dato i risultati ipotizzati e desiderati dai potenti, Partito Comunista in testa; anzi, le novità non sono poche, e chi gioca alla «via democratica» e alla conquista del «consenso», non può non tenerne conto anche ufficialmente. Tra le novità non ascrivo certamente la flessione comunista, prevista e prevedibile, e grosso modo compensata dalla esplosione radicale e dal piccolo successo socialista.
La novità vera della consultazione elettorale di giugno è piuttosto costituita dal fallimento della recita pre-elettorale, attraverso la quale il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana speravano, con i soliti arnesi propagandistici e per la ennesima volta, di accreditare in breve, presso il corpo elettorale, il loro antagonismo, con l’auspicata conseguenza di un relativo consolidamento delle posizioni democristiane. In questa prospettiva – che non è altro che la prospettiva del «compromesso storico» -, la sconfitta comunista consiste precisamente nella provata incapacità di questo partito di rendere credibile la sua partner come antagonista. Nello stesso senso, la sconfitta democristiana non sta tanto nel mancato guadagno in termini di voti, quanto nel fallimento del tentativo di monopolizzare quasi completamente il «consenso» anticomunista, portando a termine l’opera di corruzione della destra attraverso la operazione Democrazia Nazionale e distruggendo il Partito Socialdemocratico con sondaggi propagandistici e promozionali, atti a creare nei suoi confronti un atteggiamento di diffidenza e il sospetto di un suo ormai imminente esaurimento.
Altro elemento degno di attenzione è costituito dal successo radicale. Tale successo – permesso, se non voluto, dal Partito Comunista per tenere a sinistra le «cellule di sfaldamento» necessariamente prodotte dalla «guerra di posizione» che ha deciso di combattere nel nostro paese – conferma abbondantemente la esistenza di queste «cellule di sfaldamento», in una proporzione che ha reso necessaria la organizzazione del «qualunquismo di sinistra».
Al centro, colpisce favorevolmente la massiccia presenza, tra gli eletti nelle liste democristiane, di uomini che si qualificano come anticomunisti. Lasciando, evidentemente, impregiudicato il problema della loro sincerità, e soprattutto quello del loro potere reale, tale presenza merita di essere valutata, almeno, come sintomo inequivocabile delle tendenze del corpo sociale. Allo stesso titolo, e nella stessa prospettiva, vanno segnalati gli incrementi liberali e socialdemocratico, chiare indicazioni di nostalgia centrista, cioè – in un mondo con una «memoria storica» ridotta pressoché a nulla – quasi medioevale!
A destra spicca la confermata consistenza sociologica dell’area missina, impermeabile all’azione demonazionale (cioè democristiana), anche se tragicamente lavorata da processi di autodemolizione da tempo innescati e di particolare virulenza.
Discorso a parte – per chiudere un panorama felice, esprimendo, naturalmente, un giudizio relativo ai tempi e ai luoghi! – merita la positiva indicazione proveniente dall’incremento notevole delle astensioni, delle schede bianche e di quelle nulle, espressioni sfumate – più o meno passive – di avversione al «gioco delle parti» di quanti, se non ne hanno capito le regole e il meccanismo, almeno ne sospettano la esistenza (2).
4. Ipotesi per l’immediato futuro
Stando così le cose, la politica di «compromesso storico» si può considerare almeno infortunata. Infatti, da un lato ha la possibilità di un passo indietro, attraverso una riedizione del centro-sinistra – magari denominato governo di solidarietà nazionale imperfetto o puro, a seconda del tono che si vuole tenere verso i comunisti! -, con una susseguente fase di ingovernabilità prodotta dai socialisti – in tale caso, ago della bilancia – e nuove indispensabili elezioni a primavera. D’altro lato, si può ipotizzare un ingresso forzoso dei comunisti al governo, ad autunno, sulla base di una emergenza artificialmente creata da coordinate pressioni sindacali e terroristiche.
Quale delle due versioni verrà realizzata? Le indicazioni sullo stato del corpo sociale, che si ricavano dai dati elettorali, rendono più agibile e verisimile la prima ipotesi. Ma, a quale soluzione spingeranno le pressioni internazionali?
5. La ipoteca democristiana sull’Italia
Posto che è certamente sempre più rilevante il condizionamento internazionale della situazione politica nazionale, non si può ugualmente prescindere da una ulteriore e nodale considerazione.
Al centro della vita politica italiana, e in una posizione assolutamente determinante per i suoi futuri sviluppi, sta la Democrazia Cristiana, come principale strumento di inganno comunista ai danni di un corpo sociale che, ancora una volta, ha rivelato un discreto e provvidenziale stato di salute. Fino a quando la setta-apparato democristiano potrà impunemente frodare le aspettative di tanti elettori, organizzando il loro consenso anticomunista e facendolo servire alle manovre comuniste di conquista del potere? La risposta a questo quesito – che dipende ampiamente, se non esclusivamente, dall’atteggiamento dell’autorità ecclesiastica (3) – racchiude in sé il futuro del nostro paese, il futuro di una piccola nazione in mezzo alla quale la Provvidenza ha voluto si insediasse la grande cattedra di Pietro.
Giovanni Cantoni
Note:
(1) Cfr. il mio Il «compromesso storico» anticipato, in Cristianità, anno VII, n. 48, aprile 1979.
(2) Gli strumenti di comunicazione sociale, pure avendo dovuto segnalare il fenomeno, non ne hanno fornito i termini reali. Cfr. 3 giugno 1979. Le cifre del rifiuto, in questo stesso numero di Cristianità.
(3) Cfr. la conclusione del mio «Punti chiari» sulla «politica del confronto», in Cristianità, anno VII, n. 46, febbraio 1979.