Giovanni Paolo II, Cristianità n. 205-206 (1992)
Lettera Convenistis, dilecti a tutto il Clero della Cecoslovacchia in occasione della celebrazioni del 1100° anniversario della morte di San Metodio, del 19-3-1985, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 1, pp. 976-978. Titolo redazionale.
Scrive il biografo che San Metodio “in tutti i suoi viaggi andava incontro a molti rischi (suscitati) dal diavolo; predoni nei deserti, onde burrascose in mare, incidenti mortali nei corsi d’acqua” (Vita Methodii, XIV, 1). Ma in tutti questi avvenimenti egli, abbandonato ogni turbamento, poneva in Dio la propria preoccupazione (Cfr. ibid. XV, 1), e così, attraverso contrasti e sofferenze, “condusse al termine la sua corsa, conservò la fede, attendendo il premio della giustizia” (Ibid. XVII, 1). Il giorno della morte fu ben gioioso per lui, che sentì le consolanti parole del Divin Maestro: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto: prendi parte alla gioia del tuo Padrone” (Matth. 25, 23).
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a) Il primo insegnamento che proviene dall’apostolo della Moravia è il coraggio dell’accettazione della storia e dell’umiltà di fronte ai misteri della Provvidenza divina. San Metodio fu coinvolto e alla fine travolto da avvenimenti che egli mai avrebbe potuto prevedere, nei quali entravano forze politiche e sociali, ambizioni umane, avversioni di carattere religioso. Certamente ebbe sofferenze e amarezze indicibili; ma non si turbò e non cedette alla depressione e allo smarrimento. In effetti, non si riesce mai a comprendere pienamente il motivo degli avvenimenti che si susseguono sulla faccia della terra, e che formano la storia dell’umanità: ma non è tanto questione di capire, bensì di amare. Soltanto nella luce trascendente della Visione beatifica comprenderemo l’armonia della storia umana e delle singole esistenze. Ora è tempo di amare; è tempo di chiedersi continuamente: “Che cosa vuole l’Altissimo da me mediante questo avvenimento?”. Bisogna continuare intrepidi il cammino della evangelizzazione e della testimonianza, anche se le situazioni storiche del momento lo rendono arduo, difficile, talvolta amaro, però sempre meritorio. Infatti, come scriveva San Paolo, “noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno” (Rom. 8, 28). Gli uomini passano, gli avvenimenti cambiano, le epoche mutano e nessuno ci può separare dall’amore di Cristo e dall’amore che in Cristo portiamo a tutti i nostri fratelli.
Non bisogna cedere mai allo sconforto, convinti che attraverso gli avvenimenti della storia si realizza il progetto della Provvidenza: “Quando i cristiani di oggigiorno dicono la Preghiera domenicale — scriveva il filosofo Jacques Maritain — essi desiderano, vogliono che il Regno di Dio venga, insieme alla risurrezione dei morti, al di là della storia. Ed essi desiderano, vogliono — sulla terra, in questo mondo, nella storia — l’incessante marcia in avanti verso il Regno di Dio. Il Regno nel suo pieno compimento verrà soltanto dopo la fine del tempo; ma il cammino verso il Regno, in ogni tappa della storia, è una cosa che può e deve realizzarsi sulla terra, in questo mondo, nella storia. E per questo cammino verso il Regno i cristiani non devono solamente pregare, ma anche lavorare e sforzarsi instancabilmente” (Pour une philosophie de l’histoire, c. IV, VI, 9).
Giovanni Paolo II