Plinio Corrêa de Oliveira, Cristianità n. 92 (1982)
La tornata elettorale, che si è svolta nella grande nazione iberica il 28 ottobre 1983, ha fornito agli organi di comunicazione sociale – sia «di parte» che «indipendenti» – quasi esclusivamente la occasione per esaltare il successo socialista e per indurre anche il nostro popolo alla sollecita imitazione di una ondata, che ha ormai invaso e conquistato la gran parte dei paesi d’Europa, anche se non mancano rilevanti e significative espressioni di riflusso. Ma le cifre uscite dalle urne non fanno solamente stato della vittoria socialista: dicono molto di più, sia sulla Spagna che, potenzialmente, sulle altre nazioni europee, residui della Cristianità. Rivelano, infatti, che la battaglia politica tende a polarizzarsi, con la conseguente scomparsa o il massiccio ridimensionamento del centro e l’apertura di uno spazio cospicuo alla destra. L’esame delle elezioni spagnole e del loro significato dal punto di vista della psicologia sociale nel commento del prof. Plinio Corrêa de Oliveira, presidente del consiglio nazionale della TFP brasiliana. L’articolo, intitolato A «gallarda» de d. Juan d’Áustria, è comparso sulla Folha de S. Paulo il 4 novembre scorso. La traduzione e il titolo italiano sono redazionali.
Dopo una consultazione che offre importanti indicazioni politiche
Il crollo spettacolare del centrismo e le ipotizzabili difficoltà future del socialismo spagnolo
«Vedere, giudicare, agire» è, secondo san Tommaso, la sequenza della retta condotta umana. Cominciamo, quindi, dal «vedere».
E guardiamo i fatti proprio come sono accaduti, ricavandoli da ABC, il grande, prestigioso … e moderato … quotidiano di Madrid (1).
a. Nella camera precedente, il Partito Socialista Operaio Spagnolo, il PSOE, disponeva di 121 seggi. Nella camera ora eletta ne avrà 201. Quindi, ha guadagnato 80 seggi;
b. numericamente più importante della rappresentanza parlamentare socialista era quella della Unione del Centro Democratico, la UCD, che disponeva di 168 seggi. Nella nuova camera sarà ridotta a 12 seggi. La perdita spettacolare del centrismo è stata, dunque, di 156 seggi;
c. il Partito Comunista nella camera precedente contava su 23 seggi. Ora ne avrà soltanto 5. La perdita di 18 seggi è veramente molto pesante, dato il già scarso elettorato di questo partito;
d. il partito che ha maggiormente progredito è stato l’Alleanza Popolare, l’AP, di destra, che aveva soltanto 9 deputati ed è passato a 106. L’incremento è stato di 97 seggi, cioè di più del mille per cento.
Mi astengo dall’analizzare i suffragi ottenuti da alcune piccole correnti, che non alterano il quadro.
Passiamo al «giudicare»:
a. i voti socialisti danno al PSOE la maggioranza alla camera. Infatti, sul totale di 350 seggi, a esso ne toccano 201. Perciò gli spetta di diritto che il nuovo governo sia scelto nelle sue file. Quando questo articolo uscirà, probabilmente il re Juan Carlos – perfetto centrista, e perciò nascosto ma attivo simpatizzante per il socialismo – sarà in piacevoli trattative con Felipe Gonzáles, il leader del blocco maggioritario;
b. la opposizione di destra, aureolata dalla irradiazione di dinamismo che a essa deriva dal fatto di essere il raggruppamento che ha maggiormente progredito nelle ultime elezioni, potrà creare serie difficoltà alla maggioranza governativa. Ma non vedo come possa regolarmente impedire al PSOE di fare approvare una legislazione ampiamente socialistica.
Insomma, il vantaggio ottenuto dal socialismo con l’aumento del numero dei suoi seggi è minore del danno che gli deriva dal discredito prodotto dal fatto che la destra è cresciuta – in proporzione ai seggi della passata legislatura – più di esso.
E passiamo, infine, all’«agire».
Dalle nostre poltrone di spettatori brasiliani, agire significa tifare. Per noi è una cosa importante, dal momento che il tifo è uno degli atteggiamenti prediletti dallo spirito brasiliano. Ma anche perché il nostro tifo, quanto ad argomenti esteri, condiziona in buona misura i nostri atteggiamenti quanto ad argomenti interni.
Ciò posto, veniamo al nostro tifo: che cosa è più probabile che succeda?
Come abbiamo visto, ciò che di più importante è sostanzialmente successo è stata la disgregazione del centro. Esso si è spaccato in due parti. Una è slittata verso la sinistra, e l’altra verso la destra. Del centro, un tempo onnipotente, è rimasto solamente un pugnetto di cenere mortuaria. Il significato del fatto non si esaurisce nei limiti di una semplice ridistribuzione di seggi nel parlamento. Esso significa un cambiamento nel più profondo della psicologia spagnola. Questa, quando è centrista pende verso Sancio Panza; quando è di sinistra verso Don Chisciotte – che altro è stata la Pasionaria, se non un tristo Don Chisciotte di sinistra? -, oppure verso Lepanto, simboleggiato da don Giovanni d’Austria, l’eroico vincitore di questa celebre battaglia navale – e che non equiparo assolutamente, né mai è stato equiparato dal fior fiore della destra spagnola, a Francisco Franco Bahamonde.
Ora, gli spagnoli che dal centro sono passati alla sinistra oppure alla destra non erano propriamente devoti a Sancio Panza. Stanchi di tensioni, quando nel 1977 e nel 1979 hanno votato a favore del centro, essi volevano semplicemente una distensione. E sostanzialmente continuano a volerla. Ma, avendo verificato che Adolfo Suárez (fino al 1981) e Leopoldo Calvo-Sotelo (da allora a oggi) imponevano loro, come atmosfera della distensione, la pace di Sancio Panza nel regno di Sancio Panza, non hanno gradito.
E sono andati a cercare la distensione altrove. Secondo simpatie istintive, alcuni sono andati verso la sinistra e altri verso la destra. Ma continuano a costituire un unico blocco psicologico, tanto all’interno del PSOE come dell’AP, legato, al di sotto delle frontiere di partito, da invisibili ma solidi vincoli di temperamento. Se i centristi che sono fuggiti da Sancio Panza verso il PSOE saranno disturbati da un programma chiaramente socialista, si riverseranno dal PSOE
Verso l’AP. Così come, se questa ultima fosse al potere e volesse realizzare un programma molto di destra, i centristi presenti in essa si riverserebbero verso il PSOE.
Ora, accade che sarà il PSOE a essere al potere. A esso tocca realizzare il programma. Sono suoi gli ex centristi che si possono rovesciare verso l’AP. E se esso non realizzerà il suo programma, allo scopo di conservare la adesione dei neofiti desiderosi di distensione, pare che lo attenda inevitabilmente un’altra sventura. Infatti, comincerà a essere lapidato dalla sua frustrata maggioranza donchisciottesca.
Si comprende, quindi, perché la vignetta di ABC – che viene riprodotta in prima pagina – presenti il partito di maggioranza così stanco e perplesso.
Per quelli di destra restano le gioie della opposizione, il piacere spagnolo piccante di essere «alla opposizione». Si coglie nell’aria che i «filo-distensionisti» del centro, che si sono orientati verso l’AP, avevano a bruciare in loro, in fondo alle ansie di distensione, rinnovati piaceri per la corrida, per le nacchere. Ho letto una volta che, quando don Giovanni d’Austria vinse i turchi a Lepanto, ringraziò la Vergine Ausiliatrice, ma danzò anche una gagliarda (2). Vi sono persone che hanno nostalgie della gagliarda di don Giovanni d’Austria. Questi ex centristi daranno meno lavoro alla destra che i distensionisti della sinistra al PSOE.
Ma a questo punto affiora un altro problema. Si è fatto di tutto per inoculare nella Spagna del dopo-Yalta lo spirito ottimistico, pragmatistico, deideologizzato, supinamente borghese e privo di bagliori cavallereschi, che si è sparso nel mondo. Questo spirito, che ha avuto il suo grigio apogeo nell’era di Truman, ha portato al naufragio dell’anticomunismo nel mondo, e ha messo in ginocchio un Occidente tremante e svirilizzato, di fronte a una Russia feroce, con il knut in pugno. La Spagna, la fiamma di coraggio della Cristianità, sembra essersi resa conto che questo spirito sfigurava la sua identità, la deturpava, la deviava dalla sua missione. Ha rifiutato il centro, fulcro di questa ideologia senza fede e senza fibra. E si rivolge ancora una volta incantata a contemplare, negli spazi dorati della memoria nazionale, don Giovanni d’Austria, il cavaliere di Lepanto, che danza eternamente la sua gagliarda davanti a un mare pieno di cadaveri dei vinti. Questa scintilla di cavalleria troverà nel mondo altri spazi nei quali propagare la sua fiamma brillante e nobile?
Problema delicato, affascinante … per alcuni irritante. Sarà, forse, per un’altra occasione.
Plinio Corrêa de Oliveira
Note:
(1) Cfr. ABC, 30-10-1982.
(2) Movimentata e vivace danza in ritmo ternario, di probabile origine italiana, diffusa soprattutto nel Cinquecento (ndr).