Di Giulio Meotti da Il Foglio del 21/10/2022
Roma. Mentre al Senato italiano tiene banco la proposta Gasparri di dare diritti giuridici al concepito, al Senato francese è stata bocciata la proposta di inserire in Costituzione il diritto di aborto. Il disegno di legge dell’ambientalista Mélanie Vogel ha visto 172 voti contrari contro 139 favorevoli. Anche alcuni membri della maggioranza macroniana hanno votato contro, come il centrista Loïc Hervé. Il filosofo ateo e materialista Michel Onfray questa settimana sul Figaro critica il clima che si respira: “Maternità surrogata, utero in affitto, vendita di bambini, acquisto di ovociti, aborto a nove mesi: siamo entrati in un mondo post cristiano. Un po’ come sant’Agostino, possiamo assistere al crollo di un mondo, quello del giudeo-cristianesimo, senza ancora vedere come sarà quello a venire. Tuttavia, possiamo già dire che il XXI secolo sarà quello della reificazione. Ci muoviamo verso una civiltà in cui il transumanesimo darà un senso al mondo e sarà la via maestra che conduce al postumano”.
Legalizzato nel 1974, il diritto all’aborto in Francia è sancito dalla legge Veil che potrebbe essere modificata o abrogata da un’altra legge. Per questo la richiesta di inserirlo in Costituzione. Ma come spiega sul Figaro Nicolas Bauer dell’European Centre for Law and Justice, soltanto un paese al mondo ha finora inserito il diritto di aborto in costituzione: la Yugoslavia socialista. “E’ un diritto umano decidere liberamente sulla nascita dei propri figli”, recitava l’articolo voluto nel 1974 da Tito.
Questo diritto all’aborto poteva essere esercitato fino a dieci settimane di gravidanza (già nel 1952 la Yugoslavia titina lo aveva depenalizzato). Dopo lo scioglimento della federazione socialista, i paesi che la componevano avrebbero soppresso o modificato quel diritto costituzionale. Un anno prima, nel 1973, la giurisprudenza americana aveva codificato l’aborto nella famosa sentenza Roe vs Wade, che la Corte suprema ha cancellato a giugno con la sentenza Dobbs vs Jackson. La Costituzione socialista del 1974, nota soprattutto per aver proclamato Tito “presidente a vita”, venne presto dimenticata e considerata un punto di riferimento imbarazzante.
Come racconta Renata Salecl ne La tirannia della scelta (Laterza), “nella Yugoslavia socialista della mia infanzia, il ricorso all’aborto era facile”. Forse un po’ troppo. Il tasso di aborto totale in Serbia è stato stimato a 2,76, il doppio del tasso di fertilità totale e tra i più alti in Europa e nel mondo.
Il paese europeo che ha codificato in legge l’aborto quattro anni prima dell’Italia ha deciso dunque che deve restare di competenza del Parlamento, della politica e della società e non può diventare una bandiera costituzionale. Anche considerando che, secondo i dati del Dipartimento di ricerca, studi, valutazione e statistica (Drees), nel 2021 in Francia sono stati registrati 223.300 aborti a fronte di 700 mila nascite. Una gravidanza francese su tre è interrotta.
E’ il diritto alla vita, più che all’aborto, a essere oggi in discussione in Francia. O per dirla con il filosofo Paul Ricoeur, di cui Emmanuel Macron fu assistente all’università, “i tecnici dicono che tutto quello che si può fare è permesso, dato che lo si può fare. No! Ci sono delle cose che non si possono fare. Non tutto è permesso solo perché tutto è possibile. Come trovare il limite, come limitarsi in ciò che si può fare, se non praticando la phronesis?”. L’antica saggezza.