Otto giorni dopo, vale la pena di tornare a riflettere sul Convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità” di sabato 17 gennaio.
Il convegno si è tenuto dopo che per oltre un anno e mezzo il popolo della famiglia aveva cominciato a denunciare l’ipotesi che un disegno di legge liberticida che porta il nome del deputato Scalfarotto era stato approvato alla Camera dei deputati e rischiava di diventare legge dello Stato. Se diventasse legge dello Stato questo ddl porterebbe in galera i pubblici sostenitori del matrimonio soltanto fra un uomo e una donna e del diritto del bambino di avere un padre e una madre.
Questo popolo aveva cominciato a esprimere il proprio dissenso con convegni, conferenze, con le veglie delle Sentinelle in Piedi. In questo periodo cominciò a emergere anche la consapevolezza che non era in gioco solo la libertà di affermare la verità sul matrimonio, ma che l’attacco alla famiglia era espressione di una ideologia più complessa e articolata, che metteva in discussione le caratteristiche della natura umana, il fatto che ogni persona nasce maschio o femmina.
Oltre dieci anni fa, nel 2004, la Chiesa coglieva la portata del problema che era emerso in particolare nel corso della Conferenza dell’ONU a Pechino, nel 1995, quando si tentò di fare inserire nelle agende dei governi l’ideologia del gender. Lo faceva con una Lettera ai vescovi della Congregazione per la dottrina della Fede sulla collaborazione fra l’uomo e la donna che è un vero inno alla bellezza della differenza sessuale e un invito a purificare le relazioni fra maschie e femmine attraverso la valorizzazione delle diverse specificità.
Questo testo può essere la base di un corso di formazione che introduca la spiegazione dell’ideologia del gender e comunque rimane una lettura di fondamentale importanza per chi vuole affrontare il tema, oltre che un riconoscimento grato al Magistero della Chiesa per la sua costante capacità di illuminare e guidare i fedeli.
Torniamo ancora al Convegno del 17 gennaio. Esso ha suscitato una reazione carica di odio da parte di tutte le forze culturali e politiche che non amano la famiglia ma vorrebbero metterle accanto altre forme di convivenza. C’era da aspettarselo. La novità rappresentata dal Convegno è stata che era promosso da una istituzione importante come la Regione Lombardia. Non era più la manifestazione coraggiosa di persone generose e intelligenti, ma lasciava presagire uno scontro di poteri. Si ripeteva il Family day, quando la Chiesa italiana decise che il bene comune andava preservato dai Dico (i diritti delle persone stabilmente conviventi), il nome che allora, nel 2007, aveva il tentativo di equiparare il matrimonio fra un uomo e una donna alle convivenze omo o eterosessuali.
Oggi, per una serie di motivi, la Chiesa italiana non ritiene di dover “scendere in campo” nemmeno attraverso il Forum delle associazioni familiari come fece nel 2007. E così, le diverse manifestazioni di popolo che in questi mesi hanno riempito sale e piazze, promosse da tante diverse associazioni e movimenti, mancavano di un “ombrello” che in qualche modo si facesse carico di rappresentare a livello politico e istituzionale il desiderio di proteggere e promuovere la famiglia naturale come cellula fondamentale della società.
Questo “ombrello” si è in un certo modo concretizzato con il Convegno del 17 gennaio e potrebbe estendersi ad altri soggetti istituzionali, come la Regione Veneto oppure presso alcuni Comuni, proprio perché la famiglia ha un rilievo politico oggettivo, che coinvolge inevitabilmente la vita pubblica. In questo senso, un altro testo della Santa Sede di enorme importanza è la Carta dei diritti della famiglia, che risale al lontano 1983 ma mantiene una straordinaria attualità, proprio perché ci ricorda il significato pubblico e politico della famiglia, le cui prerogative vanno rivendicate di fronte alle politiche degli Stati e dei governi.
I nemici della famiglia così si sono scatenati contro il Convegno e contro la Regione che lo proponeva. È interessante, anche con uno sguardo al futuro, osservare come lo abbiano attaccato, prescindendo completamente dal Convegno stesso. Quest’ultimo era dedicato alla famiglia, loro lo hanno trasformato in un convegno che si occupava di “curare i gay”. Sia alla conferenza stampa precedente il Convegno, sia dopo il Convegno stesso, hanno continuato a scrivere sui loro giornali, Repubblica e Corriere intesta, prescindendo completamente dalla realtà. Hanno usato come pretesto il fatto che il Convegno era stato promosso da diverse associazioni, fra cui Obiettivo Chaire, che hanno accusato di praticare la terapia riparativa, un termine clinico usato da diversi psicoterapeuti fra cui l’americano Joseph Nicolosi.
Quest’ultimo è il direttore scientifico della Clinica Psicologica Tommaso d’Aquino, fa parte della Associazione Psicologica Americana e ha fondato con altri il Narth. Tiene conferenze in tutto il mondo da decenni e ha pubblicato diversi libri, alcuni dei quali tradotti in italiano. Come chiunque, può essere criticato e contestato, e non ha certamente bisogno della difesa di chi come me non ha nessuna competenza scientifica sul tema della psicologia, ma almeno i suoi libri tradotti andrebbero letti. Li ricordo per chi volesse, con un po di onestà intellettuale, confrontarsi con lui smettendo di usarlo per imbastire una propaganda ostile e carica di odio contro i sostenitori della famiglia: Omosessualità maschile: un nuovo approccio (2003); Omosessualità: una guida per i genitori (2003); Identità di genere. Manuale di orientamento (2010), tutti pubblicati da Sugarco e Oltre l’omosessualitá. Ascolto terapeutico e trasformazione (San Paolo, 2007). Abbiamo assistito in questi giorni a giornalisti che accusavano di “curare i gay” un’associazione come Obiettivo Chaire che invece accompagna spiritualmente e offre il sostegno dell’amicizia a coloro che provano forme di disagio rispetto alla propria identità sessuale. Forse adesso che le polemiche sembrano attenuarsi (anche se ritorneranno) sarebbe opportuno ritornare con calma sui temi sollevati e riflettere senza pregiudizi ideologici.
Per concludere un breve sguardo al futuro. A livello legislativo incombe il riconoscimento delle unioni civili, che equiparano il matrimonio gay a quello naturale e preparano l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso. Non esiste una maggioranza parlamentare in grado di fermare questa prospettiva, ma esiste una parte consistente della popolazione che è disposta a scendere in piazza per la famiglia. Per questo sarebbe importante ripetere ovunque possibile l’incontro di sabato 17 gennaio, con gli stessi o anche con altri oratori. Si può pensare a Comuni, a centri culturali, a parrocchie. All’indomani del Convegno, un decanato mi ha chiesto un ciclo di incontri sul gender per dare la possibilità ai parrocchiani di capire che cosa sta succedendo. Questa è la strada, costruire una rete per la promozione della famiglia nella società, moltiplicare le occasioni d’incontro, stare uniti su questi principi non cedendo alle lusinghe del protagonismo a tutti i costi. Mostrare a tutti che se domani il Parlamento decidesse di approvare le unioni civili incontrerebbe il dissenso di una parte importante della società.
Molti stanno dando l’esempio in questa direzione. Speriamo e preghiamo la Madonna, Virgo prudentissima.
Marco Invernizzi