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Il dono pasquale!

3 Aprile 2003 - Autore: Alleanza Cattolica

Mons. Silvano Montevecchi, Cristianità, 316 (2003)

 

Messaggio per la Pasqua 2003, comparso con lo stesso titolo sul settimanale diocesano la Vita Picena, anno XCII, n. 8, Ascoli Piceno 19-4-2003, p. 1.

 

“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”“ (Gv. 20, 19).

Nel racconto giovanneo così si conclude il grande giorno di Pasqua. Molte cose erano accadute. Maria Maddalena di buon mattino era accorsa al sepolcro. Aveva trovato la tomba vuota e aveva ascoltato il timbro inconfondibile della voce del Maestro che la chiamava “Maria!” (Gv. 20, 16). Anche Pietro era accorso al sepolcro vuoto assieme a Giovanni che, osservando, ebbe motivi per avere fiducia (cfr. Gv. 20, 8). Gesù stesso si era misteriosamente associato a due discepoli mentre si allontanavano dalla città (cfr. Lc. 24, 13). Correva notizia che Gesù fosse apparso anche a Simone (cfr. Lc. 24, 34). Giorno dunque di avvenimenti concitati e pregni di speranza.

I seguaci di Gesù si raccontavano queste cose quando Gesù apparve loro per dare la conferma definitiva: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? […] un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho” (Lc. 24, 38-39). Poi Gesù mangia qualcosa con loro. Gli apostoli assistettero così al più sconvolgente avvenimento della storia: la Risurrezione del Signore, vincitore della morte. Quella esperienza è la nostra grande certezza: Cristo è risorto! È veramente risorto! Alleluia.

E Gesù in quell’incontro portò ai discepoli il suo dono, frutto del suo sacrificio: la Pace, la “sua pace”, diversa dal mondo (cfr. Gv. 14, 27) perché nasce dal perdono e conduce alla riconciliazione. I Padri hanno riflettuto molto sul significato della pace cristiana e sant’Agostino ha dato la celebre definizione: la pace è la tranquillità dell’ordine. E noi cristiani dobbiamo riflettere: ordine con chi, con che cosa?

Anzitutto l’ordine verso Dio, nostro Creatore e Redentore. Dio deve essere sempre messo al primo posto, senza anteporre nulla a Lui. È il senso del primo comandamento: “Non avrai altro Dio fuori di me”. Significa la condanna agli idoli. Oggi si dice che gli idoli sono il potere, il denaro e il piacere. Ma se pensiamo bene il primo idolo è il nostro orgoglio: l’amore di sé che può arrivare fino al disprezzo della legge di Dio. Per avere la pace dunque è necessario essere nel rapporto giusto di obbedienza a Dio.

In secondo luogo la pace richiede un ordine gerarchico e fraterno con il prossimo. Penso al rapporto di rispetto dei figli verso i genitori. Penso al rapporto di lealtà verso coloro che hanno responsabilità. Penso al rapporto di amicizia e di collaborazione che deve guidare il nostro comportamento verso il prossimo. Invece assistiamo a tensioni, divisioni, denigrazioni. Non riusciamo più a vedere l’immagine di Dio sul volto del prossimo. E diventiamo diffidenti, sospettosi, incapaci di sincera collaborazione.

Un altro aspetto della pace è l’ordine che noi dobbiamo avere nel nostro cuore. La mancanza di questo ordine si manifesta in situazioni di incertezza, di paura, di ansia. Noi non sappiamo più moderare e mettere ordine nei nostri desideri. Abitiamo male in noi stessi e siamo tentati di evadere in continue esperienze. La pace è l’equilibrio della mente, degli affetti, della istintualità. È frutto di una educazione al controllo di sé, dei sentimenti, alla razionalità oggettiva. Sentiamo il bisogno di queste personalità ricche di autentica umanità, illuminata dalla fede. Una persona scontenta è come una mina vagante.

Non meno importante, per la pace, è il giusto equilibrio con la natura, i suoi ritmi e le sue leggi. Nei grandi ordini monastici la vita era ritmata dall’ordine della natura: preghiera all’alba, al meriggio, al tramonto del sole. La vita dei contadini, a contatto con le leggi delle stagioni, si arricchiva della saggezza della attesa, della fiducia, della sicurezza, dello scandire dei tempi.

La tecnologia ha tentato di far credere che non esiste un ordine naturale, un ritmo delle cose. Ha preteso di imporre un suo ritmo. Oggi ne siamo preoccupati.

Ma saremo capaci di riconciliarci con la natura e vedere in essa un segno di Dio? L’ordine non si impone, si rispetta!

Infine occorre un ordine tra l’uomo e le cose che deve trattare tutti i giorni. Oggi è invalso il sistema dell’usa e getta. Quanto diverso il rapporto dell’artigiano con l’opera che stava trattando! Spesso andiamo alla ricerca di questi manufatti capaci di trasmettere una cultura, un gusto del bello, alieno dal consumismo. L’uomo con il suo lavoro però deve dare forma alle cose, può mettere ordine attorno a sé. Ho provato emozioni forti in montagna visitando poveri villaggi o semplici agglomerati di case: tutto era ordinato, non si trovavano oggetti abbandonati. L’ordine rispecchiava la consapevolezza di quella gente circa la preziosità delle cose, anche le più umili, come il vaso di fiori posto sulla finestra a dare il benvenuto al visitatore o turista di passaggio.

Pace è bene supremo, perché relazionato a tutte le cose: all’universo che ci circonda, al nostro cuore ordinato nei suoi pensieri e sentimenti, ad una comunità fraterna, ad un Padre celeste che ha un amore più grande dei nostri limiti.

Quanto vorrei che questa pace di Gesù fosse nelle famiglie e nelle coscienze di tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà!

+ Silvano Montevecchi

Vescovo di Ascoli Piceno

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