Dopo l’elezione alla segreteria di Elly Schlein, molti si stanno interrogando sul futuro del Partito democratico, un pezzo importante della storia politica italiana.
di Marco Invernizzi
Già ho avuto modo di inquadrare il futuro del Pd nel contesto storico della sua evoluzione, perché senza conoscerne la storia poco si riuscirebbe a capire del suo presente e del suo futuro (clicca qui per vedere l’articolo di Tempi).
Il Pd è il partito del “compromesso storico” postumo fra comunisti e cattolici democratici, l’evento che ne ha visto la nascita nel 2007 come conseguenza della caduta del Muro di Berlino nel 1989 e di Tangentopoli negli Anni 90, che hanno visto la trasformazione del Partito Comunista e della Democrazia Cristiana. Perduta la classe operaia, sostituita la questione sociale con quella antropologica e ambientale, il Pd è progressivamente diventato un partito radicale che vorrebbe essere di massa, ma non è mai riuscito a diventarlo, nonostante abbia unito i due partiti di massa della Prima Repubblica.
Sono tanti i motivi di questo fallimento, uno dei quali certamente fa riferimento al fatto che la grande maggioranza dei conservatori italiani non hanno seguito le indicazioni elettorali e politiche dei cattolici democratici, ma hanno dato a vita alle coalizioni politiche di centro-destra, a partire dalle elezioni del 1994. Infatti, la fine dell’Unione sovietica nel 1991 e il passaggio da un sistema elettorale proporzionale a uno maggioritario hanno reso possibile la nascita di una coalizione politica che ha unito tutti i conservatori italiani senza la presenza della maggior parte della classe dirigente democristiana, con le sue incertezze e ambiguità, con la sua linea politica tendente a sinistra ma con i voti di elettori conservatori. E’ questo il passaggio storico che ha reso possibile la nascita di un polo politico conservatore, anche se soltanto vent’anni dopo, a partire dalla nascita di Fratelli d’Italia nel 2012, il termine verrà utilizzato esplicitamente da una forza politica.
Vi è però anche un altro motivo che ha reso possibile il fallimento del progetto del Partito democratico. Il cambio d’epoca rappresentato dalla fine dell’epoca delle ideologie, il successo della rivoluzione culturale e antropologica dopo il Sessantotto, l’emergere di una nuova stagione del processo rivoluzionario segnata dai “nuovi diritti”, tutti miranti a cambiare l’uomo e non semplicemente a modificare la strutture politiche ed economiche della società, hanno portato il Pd a smettere di occuparsi (se non a parole) degli “ultimi”, cioè delle fasce più deboli della società, che hanno cominciato a votare a destra o a non votare, convinte che il Pd non avesse nulla da offrire loro. Quest’ultimo infatti ha cominciato a occuparsi in maniera importante degli interessi di esigue minoranze, lgbtq e ambientaliste, molto ricche e potenti, poco popolari se non in ambienti esclusivi, come lo spettacolo e il giornalismo, la scuola e l’università, ambienti importanti dal punto di vista dei cosiddetti “poteri forti”, ma sostanzialmente estranei ai problemi reali delle persone comuni.
Ora l’elezione di Elly Schlein sembra avere portato a compimento la trasformazione del Pd, con l’elezione alla sua guida di un esponente tipico di quella minoranza, ambientalista, pacifista e bisessuale, senza figli e senza famiglia, completamente e consapevolmente “fluida” anche nel senso di non appartenere a nessuna delle “storie” che sono all’origine della nascita del partito che oggi guida.
Vedremo, non resta che osservare e aspettare.
Una osservazione ulteriore però merita di essere fatta a proposito della presenza dei cattolici democratici dentro il Pd. Essi sono stati e rimangono una minoranza poco importante dentro il partito. Però per decenni hanno contribuito a generare confusione nell’elettorato cattolico, lasciando credere che gli interessi dei poveri e la causa della giustizia venissero difesi dalle politiche del Pd. Ora, negli ultimi anni questo equivoco è diventato palese, nonostante l’opinione ancora favorevole al Pd di alcuni vescovi, di diversi intellettuali e di ambienti che hanno continuato a ricevere benefici economici da un partito che è sempre rimasto molto legato al potere, sia nazionale che locale.
Forse è venuto il momento di porsi, all’interno del mondo cattolico, delle domande ultimamente chiarificatrici. I cattolici oggi sono una minoranza. E’ necessario assumere l’atteggiamento delle minoranze e comprendere che il primo dovere del battezzato è quello di annunciare la Salvezza agli uomini e di costruire degli ambienti e infine una società che favorisca o almeno permetta alla Chiesa di esercitare liberamente il suo compito primario. I cattolici italiani non hanno un partito di riferimento e questo probabilmente è un bene nell’epoca in cui sono diventati una minoranza, che deve “contaminare” possibilmente tutti gli ambienti, anche politici.
Questo, tuttavia, non significa che tutti i partiti siano uguali quando si tratta di andare a votare e che le domande fondamentali circa il bene comune, che è lo scopo della politica, non debbano essere poste a tutti i partiti più significativi.
Vogliamo provare a prendere il Compendio della dottrina sociale della Chiesa e a confrontarne il contenuto con i programmi, le politiche e anche la storia del Pd? Che cosa troveremo di compatibile? Nulla o quasi nulla.
E allora delle due l’una: o la dottrina sociale della Chiesa non è “parte integrante della concezione cristiana della vita”, come, invece, scriveva san Giovanni XXIII nell’enciclica Mater et magistra (ma allora abbiamo qualche problema circa la nostra reale appartenenza alla stessa Chiesa) oppure la presenza di cattolici nel Pd o anche di votanti per il Pd non ha nessun senso.
Lunedì, 6 marzo 2023