
Il tribunale distrettuale di Tokyo accoglie la richiesta del governo giapponese di sciogliere la Family Federation, una comunità religiosa colpevole di nulla ma messa in mezzo dal Partito Comunista e dai suoi alleati
di Marco Respinti
È probabilmente l’atto di ingerenza più grave e sconsiderato compiuto da un governo democratico nei confronti di una comunità religiosa dal secondo dopoguerra a oggi. Ieri, 25 marzo, il Tribunale distrettuale di Tokyo ha accolto in primo grado la richiesta di dissoluzione della Family Federation for World Peace and Unification avanzata mesi fa dal ministero giapponese dell’Istruzione, cultura, sport, scienza e tecnologia a nome dell’intero governo. La decisione impugna la Legge sulle organizzazioni religiose vigente nel Paese del Sol Levante che dà la possibilità di colpire una comunità a fronte di turbamento del bene pubblico e di devianza dai propositi specifici di una organizzazione religiosa. Ma l’unica “turbativa” e l’unica “devianza” della Family Federation è l’anticomunismo: l’avere combattuto con ogni mezzo democratico la sovversione comunista in Giappone e altrove nel mondo, informando il pubblico, formando le coscienze, sostenendo uomini politici non marxisti e promuovendo iniziative a favore della pace.
Tanti meriti, oggettivi
Fino al 1994 la Family Federation si chiamava Chiesa dell’Unificazione. Fondata nel 1954 a Seoul, capitale della Corea del Sud, dal rev. Sun Myung Moon (1920-2012), è un nuovo movimento religioso che ha conosciuto un successo enorme e rapido. Oggi la presiede la vedova, Hak-Ja Han Moon. Diffusa in tantissimi Paesi, è sempre stata un pilastro granitico di politiche anticomuniste, conservatrici e a difesa della famiglia naturale. Negli Stati Uniti fu una delle realtà più vive dell’Amministrazione Reagan, dando vita nel 1982 all’influente quotidiano The Washington Times e poi al mensile (di centinaia di pagine di approfondimento ogni numero) The World & I. Lo stesso ruolo cruciale svolse anche nel 1994, all’epoca della clamorosa vittoria del Partito Repubblicano nelle elezioni di medio termine di quell’anno all’insegna del «Contract with America» capitanato da Newt Gingrich (e imitato nel 2001 dal «Contratto con gli italiani» di Silvio Berlusconi, 1936-2023), che divenne il presidente della Camera dei deputati, ex enfant prodige della cosiddetta «New Right» (da non confondere, per facile ma falsa assonanza, con la «Nouvelle droite» francese).
Nel mondo e nel tempo la Family Federation ha sponsorizzato tanti e tali iniziative di allerta pubblica e controinformazione sulla minaccia sovietica quando ancora esisteva, sulla sovversione castro-sandino-comunista in America Centrale e Meridionale, sulla sicurezza dell’area indo-pacifica in tempi di tracotanza cinese, sull’Africa spogliata dalle potenze comuniste, sull’Asia minacciata dalle ideocrazie rosse e sulle persecuzioni delle religioni, spesso anche proprio dei cristiani pur non essendo una Chiesa cristiana. Ha sempre coltivato la necessità della prospettiva storica (sul periodico Causa International, fondato a New York nel 1980, trovarono spazio persino la denuncia del genocidio anticattolico della Vandea durante la Rivoluzione Francese) e la difesa della famiglia naturale come baluardo di civiltà contro le ubbie sfasciste, woke e genderiste. Così facendo ha calpestato qualche piede importante.
L’oppio dei popoli?
In Giappone, il Partito Comunista è stato particolarmente solerte contro di essa, montando campagne di odio, intessendo reti di falsità, sobillando uomini politici, media e opinione pubblica contro “la setta” che dà fastidio, ma soltanto a chi dà fastidio sul serio. Del resto, “setta” è un termine che dal linguaggio polemico viene spinto nell’ambito religioso, ma che in esso non circola liberamente. Gli studiosi e gli esperti, di qualsiasi opinione politica o fede religiosa, persino agnostici, non lo usano. Non ha infatti confini, definizioni e fondamento. Viene impiegato come una clava per demolire “gli altri” ma, all’atto pratico, non si sa mai come circostanziarlo. Di fatto lo adoperano oggi soltanto i cinesi comunisti, i russi putinisti e quel che resta di una cerchia un tempo vasta di “cacciatori di sette” professionisti, i quali, in Occidente, sono il corrispettivo laicista e tecnocratico del vecchio adagio marxiano secondo cui le religioni sarebbero l’oppio dei popoli. In breve, l’idea che le fedi, tutte, siano per definizione antri oscuri dove si commettono atti turpi, meritevoli dunque indistintamente di annientamento. E infatti i cacciatori cominciano sempre con le “sette”, ma poi colpiscono ogni pulpito. Quando quei “cacciatori”, alleati dei comunisti come in Giappone, riescono a fare presa sui governi, come quello di Tokyo, la libertà e la democrazia iniziano a soccombere.
Non si sa infatti quale sia il crimine commesso dalla Family Federation in Giappone, tanto da meritare di essere sciolta nell’acido del livore ideologico. L’hanno accusata di lavaggio del cervello, di circonvenzione dei fedeli, di intolleranza nell’educazione dei giovani, di abusi economici e di “commercio delle indulgenze”, ma sono solo stereotipi consueti contro le “sette”, laddove le “sette” sono qualsiasi cosa i “cacciatori” dicano che una “setta” sia e di tutto ciò non vi è mai una prova che sia una. Vero è anzi il contrario. In Giappone, sul modello di ciò che è già tristemente avvenuto in altri Paesi, sono stati violentati i corpi e le coscienze dei fedeli della Family Federation attraverso quella “deprogrammazione” che ha comportano il rapimento e la segregazione per anni, in appartamenti-prigioni, di certi fedeli da “salvare”. Chi qui scrive ne ha incontrati alcuni, svolgendo in Giappone conferenze sulla libertà religiosa poi all’origine di una pubblicazione sul tema.
Ora, si potrebbe riempire un libro intero di casi e di contestazioni, di rapporti di specialisti e di documenti di esperti che mostrino l’insensatezza e la malizia di questo caso proditorio. Una messe enorme di essi è pubblicata online dal quotidiano specializzato Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights, di cui mi onoro svolgere funzione di direttore responsabile. Eppure nulla ha fermato la trama rossa, e oggi si è giunti al capolinea. La Family Federation ricorrerà in appello, ma l’intero impianto accusatorio è terribile.
Malissimo il governo giapponese
La fase più acuta e recente di un processo che dura da decenni, ordito originariamente e alimentato dal Partito Comunista giapponese e dai suoi alleati (o dalle sue vittime), muove dall’omicidio dell’ex primo ministro Shinzo Abe (1954-2022), l’8 luglio 2022. L’assassino, Tetsuya Yamagami, ha affermato di avere compiuto il crimine per risentimento contro la ex Chiesa dell’Unificazione, colpevole, a suo dire, di avere mandato sul lastrico la madre, spingendola a eccessive donazioni di denaro. Abe è stato il target perché Abe aveva legami di amicizia e collaborazione con la Chiesa.
Ma troppe cose non tornano. L’assassino voleva dapprima colpire la leader del movimento, la vedova Moon, e solo dopo, nell’impossibilità di raggiungere la donna, ha ucciso Abe. Fra la bancarotta di sua madre e l’omicidio passano 20 anni durante i quali molte cose sono state chiarite e sanate, fra cui la restituzione di parte sostanziosa delle donazioni. E comunque sia, forse che il gesto di uno squilibrato contro un uomo innocente trasformi quest’ultimo in colpevole e così pure un’intera Chiesa estranea a tutto, ma accusata di intrattenere rapporti del tutto leciti con lui? Dov’è finito il diritto, dove la logica?
Ma è chiaro che così, in un colpo solo, si sta eliminando adesso una forza sociale e culturale dai meriti impossibili da sottostimare nella lotta contro il comunismo, ieri e ancora oggi, e l’ala del Partito Liberal Democratico facente capo al filo-occidentale Abe.
Per questo lo sdegno nei confronti della richiesta di dissoluzione da parte del governo prima e della decisone di agire in quel senso ora da parte del tribunale di Tokyo è stato enorme anche negli Stati Uniti. A difesa della Family Federation si sono spesi pubblicamente espressi, in tantissime occasioni, l’ex ambasciatore per la libertà religiosa nel mondo Sam Brownback e l’attuale consigliere spirituale della Casa Bianca, Paula White-Cain, secondo cui tutta la vicenda sta minando l’amicizia fra Washignton e Tokyo. Il vicepresidente J.D. Vance ha difeso con parole forti la libertà religiosa in un evento a tema tra i più importanti del mondo, co-sponsorizzato dalla Universal Peace Federation (una organizzazione non governativa legata alla Family Federation) e da The Washington Times nella capitale statunitense a febbraio. E l’ex presidente della Camera Gingrich ha più volte sottolineato che, agendo contro la Family Federation e contro la libertà religiosa di tutti, il governo giapponese si sta comportando malissimo. Non dissimilmente dal governo comunista della Cina totalitaria.
Mercoledì, 26 marzo 2025