Un passato che non passerà fino a che la sinistra non deciderà di ammettere che il comunismo è stato un gigantesco, tragico errore
di Marco Invernizzi
La lettera agli studenti del ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, che invitava a ricordare l’importanza del giorno in cui, il 9 novembre di 33 anni fa, gli abitanti di Berlino est poterono liberamente spostarsi nella parte occidentale della città, ha provocato reazioni tali da farci tornare per un attimo nel clima ideologico della Guerra fredda.
Ma soltanto per un attimo. Poi la realtà ha ripreso il sopravvento. Tuttavia, abbiamo scoperto che esistono ancora uomini e donne di sinistra che faticano ad accettare che il comunismo ha generato mostri, uccidendo almeno cento milioni di innocenti, dando vita a società occupate dai rispettivi Stati, privando della libertà religiosa e politica intere nazioni, costringendole a vivere nella miseria in seguito all’abolizione della proprietà privata. Molti esponenti del Partito Democratico, così come l’Associazione Nazionale dei Partigiani (Anpi) hanno reagito in maniera scomposta, anziché prendere atto del fatto che le scelte politiche ed esistenziali legate al comunismo praticate in gioventù (e anche nella maturità) erano profondamente contrarie alla dignità della persona e al bene dei popoli. Pazienza, chi non ha mai sbagliato nella vita? L’importante è riconoscere i propri errori e aiutare il prossimo a non commettere gli sbagli che noi abbiamo già commesso.
Ho conosciuto un uomo che mi ha mostrato che un radicale cambiamento è possibile. Era stato il segretario di Palmiro Togliatti (1893-1964), il grande capo del Partito Comunista Italiano, quello che egli ricostruì, dopo il ventennio fascista, tornando in Italia dalla Russia, dove era stato accanto a Stalin per tanti anni. Massimo Caprara (1922-2009), così si chiamava, capì progressivamente il male intrinseco dell’ideologia comunista e la abbandonò. Non solo, ma cercò di convincere chi poteva del pericolo rappresentato dall’ideologia comunista e dal partito che la incarnava. Addirittura, dopo la caduta del Muro di Berlino, mi propose di andare a fare conferenze nelle regioni rosse sul mistero di Fatima, perché solo quel mistero poteva aiutare i comunisti a comprendere che cosa era successo e così aiutare a cambiare la loro vita, che avevano generosamente affidata a un partito “sbagliato”, ma nel quale avevano sinceramente creduto.
Oggi questo partito non c’è più, ma i conti con la storia e con i danni che il partito comunista e la sua ideologia hanno prodotto su generazioni di italiani non sono ancora stati fatti. E fintanto che questo non accadrà, il Muro di Berlino non sarà veramente stato abbattuto.
Il PCI fu il primo a capire, appena tre giorni dopo il 9 novembre 1989, come la caduta del Muro di Berlino rappresentasse una svolta storica di enorme importanza. Il suo segretario di allora, Achille Occhetto, convocò un congresso straordinario e drammatico per cambiare nome e orientamento ideologico al partito, la cosiddetta “svolta della Bolognina” dal nome della sede storica del partito a Bologna, dove il 3 febbraio 1991 il PCI scomparve, o meglio si sciolse nel Partito Democratico della Sinistra, da cui è nato l’attuale Partito Democratico.
Ma i conti con le idee comuniste, con le vittime in Italia e soprattutto nel mondo, il cosiddetto costo umano del comunismo, ancora rimangono in sospeso. Nessuno vuole riprendersi nessuna rivincita, non è questo il punto, ma un profondo esame di coscienza sulla storia del comunismo è necessario, perché come sappiamo la storia è importante, ma ancora più importante è la sua interpretazione, perché quest’ultima orienta la politica ed è fondamentale affinché i cittadini si riconoscano in una identità comune e condivisa.
Lunedì, 14 novembre 2022