In questo mondo «sazio e disperato» continua a bussare l’eterna gioia del Natale
di Marco Invernizzi
«È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi»: così l’ultimo rapporto del CENSIS, l’istituto di ricerca fondato nel 1964 da Giuseppe De Rita.
Cosa può significare il fatto che la principale istituzione che studia quanto avviene nella società italiana, e ce lo racconta ogni anno con rapporti meticolosi, sostenga che la malinconia sia la caratteristica principale, oggi, dell’italiano medio?
La malinconia è un’espressione della tristezza, dell’antico “umor nero” che, come insegnano i maestri della vita spirituale, è una conseguenza dell’ira. Se non domini l’ira ne rimani vittima e dopo l’ira subentra la tristezza, la malinconia appunto, che induce alla depressione, al chiudersi in sé stessi, a rinunciare a sperare. È questo ciò che sta accadendo agli italiani di oggi?
L’altra parola che viene spesso usata, da tempo in verità, è “crisi”. La “cultura della crisi” è certamente alla base della critica alla modernità da parte della scuola contro-rivoluzionaria. Una modernità che non ha saputo mantenere quasi nulla di quanto aveva promesso. Ma oggi la parola crisi è usata da chiunque.
Crisi di che cosa? Crisi economica, crisi politica, crisi demografica, ma soprattutto una crisi totale e dominante dell’uomo occidentale e cristiano, che ha generato prima il tentativo delle ideologie come soluzioni alla crisi di quest’uomo e, poi, dopo il fallimento delle stesse ideologie, ha prodotto appunto la malinconia, la tristezza rassegnata dell’uomo postmoderno «sazio e disperato», come lo definiva il card. Giacomo Biffi (1928-2015).
Ed eccoci così davanti a un nuovo Natale, nell’epoca della malinconia. L’uomo triste, anche se lucidamente riesce a vedere i mali che dovrebbe evitare e combattere, non riesce a uscire dalla rassegnazione che lo avvolge. Non è capace di pensare in grande, di volere qualcosa che serva anche agli altri, tanta è la depressione che lo avvolge e lo domina. È un uomo disperato, senza speranza.
Ma la speranza non può più venire da un progetto umano, da una ideologia, dal di dentro. Nessuno ha la forza di uscire da sé stesso, se Qualcuno che possiede questa forza non la infonde dentro il cuore.
Questo Qualcuno nasce ogni anno a Natale. È un Bambino speciale, è il Figlio di Dio, ma è anche un uomo come ciascuno di noi. Come spiega Benedetto XVI nella sua biografia di Gesù di Nazareth, Gesù nacque ai margini della cultura del suo tempo, in una povera stalla, riconosciuto dai pastori e mandato a morte dai potenti del suo tempo. Anche oggi Gesù è emarginato dalla cultura dominante, dal “pensiero unico”. Eppure solo Lui è veramente potente, capace di infondere la forza di donarsi al prossimo, come ha fatto di Se stesso fino alla morte di croce.
Solo Gesù Bambino può farci uscire da noi stessi, può farci vincere la malinconia che ci avvolge e restituirci il coraggio di vivere per la gloria di Dio e per costruire un mondo migliore.
Buon Natale!
Lunedì, 19 dicembre 2022