All’interno dei discorsi della visita di Papa Francesco a Milano il 25 marzo gli spunti pedagogici sono numerosi, ma culminano nelle parole pronunciate, in parte a braccio, nella cornice gioiosa dello stadio Meazza, davanti a circa 80.000 cresimandi e cresimati dell’arcidiocesi ambrosiana. Come accaduto in mattinata per l’incontro con sacerdoti e religiosi, vengono presentate al Papa alcune domande, quella di un ragazzo, di una coppia di genitori e di una catechista.
Davide, da Cornaredo, chiede semplicemente al Papa chi o cosa lo avesse aiutato a “far crescere l’amicizia con Gesù” quando aveva la sua età (11 anni). La risposta valorizza sorprendentemente non solo i nonni (uno dei leit-motiv del pontificato di Francesco), ma pure la dimensione fondamentale del gioco. “Fa bene, perché quando il gioco è pulito s’impara a rispettare gli altri e a fare squadra insieme, questo ci unisce a Gesù”.
Per i bambini milanesi è il cortile dell’oratorio che, nel suo complesso, avvicina ed educa alla Fede. Il Papa parte dall’esperienza elementare di ogni ragazzo per guidarlo a comprendere che c’è un filo rosso che tiene insieme ogni azione della giornata del cristiano: “la preghiera”. Una preghiera che scaturisce, per Francesco, quasi dalla gratitudine proprio per ciò che si sta vivendo, si nutre di ascolto, di obbedienza, di perdono (“se si litiga è normale, ma poi si chiede scusa e la storia finisce lì”).
La bellezza di una vita buona è quindi via alla salvezza ultraterrena. L’oratorio stesso plasma non solo con le parole, ma soprattutto attraverso il clima che vi si respira. E’ proprio questo, immagazzinato nella memoria, a costituire forse l’impressione più duratura: rimane persino, come una nostalgia che riporta lentamente sulla via di casa, in chi da adolescente si ribella.
Il secondo polo del rapporto educativo è l’adulto. Il Papa prova vero dolore per i separati/divorziati che si contendono i figli per il proprio egoismo, litigando persino davanti a loro. “I nostri figli, anche se non ci rendiamo conto, ci osservano tutto il tempo e intanto apprendono!”. Giovani traumatizzati dai propri genitori faticheranno, poi, ad avere valori di riferimento e a costruire legami solidi.
Francesco sprona, in proposito, a rileggere il cap. IV di Amoris laetitia sui gesti del quotidiano, ma in giornata cita anche il par. 35, nel quale si ricorda: “Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale”. Mette al bando una sterile “denuncia retorica dei mali” per invitare ad uno “sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia”. Esattamente il contrario di una resa senza condizioni alla mentalità contemporanea, come spesso l’esortazione viene presentata da cattivi interpreti.
L’appello contro il bullismo nelle scuole, che si traduce nella richiesta di una promessa specifica all’atto di ricevere la Cresima, s’iscrive anche lui nella logica della testimonianza “bella”. L’arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola, ha giustamente commentato che ragazzi e adulti rispondono agli inviti di Papa Francesco perché vedono in lui “un uomo riuscito”. Una vita riuscita è certamente via pulchritudinis, e l’autentica vox populi lo avverte chiaramente.
Michele Brambilla