« Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito » (Gv 19,30).
Giovanni è l’unico evangelista che attesta che Gesù ha bevuto. Sappiamo il significato di quella bevanda. Gesù ha sete di noi e noi che cosa gli possiamo dare di nostro, di assolutamente nostro, di solo nostro? Le nostre miserie, le nostre vigliaccherie, i nostri peccati. Gesù li accetta, li beve e si realizza così un meraviglioso scambio. Come gli altri evangelisti anche Giovanni dice che Gesù “spirò”. Usa però, secondo il suo stile, una forma ambigua: « consegnò lo spirito [παρέδωκεν τὸ πνεῦμα]», che vuol dire certamente “spirò”, nel senso di “morì”, ma vuol dire anche “diede lo Spirito”. Noi gli diamo le nostre miserie e lui, in cambio, ci dona lo Spirito Santo. Questo è l’amore. In questo modo l’opera di Gesù è compiuta. Quello che il Padre gli ha chiesto e lo Spirito gli urgeva nel cuore è giunto a compimento. « Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù [cfr. Lc 12,50; Lc 22,15; Mt 16,21-23] perché la sua Passione redentrice è la ragion d’essere della sua Incarnazione: “Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,27). “Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?” (Gv 18,11). E ancora sulla croce, prima che tutto sia compiuto [cfr. Gv 19,30 ], egli dice: “Ho sete” (Gv 19,28) » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 607).