a cura di Massimo Martinucci
Il regime socialista del Venezuela affama letteralmente la gente e la Chiesa Cattolica è tra le poche a fare concretamente qualcosa per alleviare le sofferenze di un popolo intero. La situazione del paese peggiora ogni giorno che passa e purtroppo in maniera inversamente proporzionale all’attenzione che a essa dedica la stampa. Contribuisce a colmare questo vuoto mons. Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo cattolico di Mérida.
Eminenza, com’è possibile che un Paese ricco come il Venezuela sia ridotto allo stremo?
Prima dell’avvento del regime chavista, nel comparto agroalimentare eravamo autosufficienti, ma il governo ha distrutto tutta la produzione e ora quasi tutto viene importato dall’estero.
Una delle vostre maggiori risorse è il petrolio. Ci sono compagnie che sfruttano la situazione per arricchirsi?
In Venezuela quello che è ricco è il governo, non il popolo o le imprese private. E per la legge vigente in tutti i Paesi americani di origine ispanica il petrolio è monopolio del governo. In Italia, per esempio, il petrolio è di chi ne trova giacimenti nel sottosuolo, ma in America Latina no: lo può trovare chiunque, ma resta lo stesso proprietà del governo. E gli altissimi prezzi che sono stati imposti hanno distrutto l’iniziativa privata.
Il governo socialcomunista di Caracas è stato scelto attraverso elezioni libere. Com’è potuto accadere in un Paese che è cattolico in ampia maggioranza?
Si parla spesso male del mestiere della politica, dicendo che è una carriera da non intraprendere; ma quando si diserta il campo, poi alla politica arrivano soltanto coloro che vogliono il potere per se stesso.
A suo tempo, il presidente Hugo Rafael Chávez Frías (1954-2013) si presentò come cattolico e quello che adoperava era un linguaggio religioso. In realtà, il “linguaggio religioso” Chávez lo ha rubato. Tant’è che negli ultimi anni, salito al potere l’erede diretto di Chávez, il presidente Nicolás Maduro Moros, il Venezuela è cambiato molto. Si può proporre soltanto ciò che è religioso in apparenza, non davvero nella sostanza. I programmi sociali, per esempio: vengono tutti presentati in un’ottica di tipo religioso, cioè come se si trattasse di opere di missione, hanno tutti nomi che richiamano il Bambino Gesù o il Sacro Cuore, ma si tratta di un inganno: nella pubblicità e nella propaganda il governo è eccellente.
Qual è ora il consenso popolare di cui gode il regime?
All’inizio, i regimi populisti hanno tutti il favore del popolo, ma oggi i sondaggi rivelano che l’80% e persino il 90% della popolazione venezuelana è contraria al governo. La cultura democratica e partecipativa è stata distrutta. Non c’è libertà dei mezzi di comunicazione. La diocesi di cui sono pastore è situata sulla cordigliera delle Ande, le grandi montagne non lontane dal confine con la Colombia: per sapere cosa succeda in Venezuela è meglio sintonizzarsi sulle stazioni televisive colombiane che sulle nostre nazionali da cui non si riesce a sapere nulla.
Mi è stato per esempio chiesto delle granate lanciate sul palazzo del governo a Caracas il 27 giugno scorso: un’operetta buffa! Un’operetta orchestrata dal governo: l’elicottero da cui le granate sarebbero state lanciate non si trova e pure il pilota non si trova, non si sa dove sia, non si sa niente. È impossibile che un elicottero voli su Caracas e nessuno sappia nulla. L’inganno è una delle caratteristiche tipiche di questo governo: in questo gli uomini al governo sono veramente degli artisti.
La stampa italiana è spesso faziosa e si stenta a cogliere la verità della situazione. Si parla soprattutto delle grandi città, ma che succede nel resto del Paese?
Sappiamo bene a chi appartengono i mezzi di comunicazione e quali siano i loro interessi… Fortunatamente oggi esistono altri mezzi di comunicazione oltre alle televisioni ufficiali e le notizie corrono in rete. Le manifestazioni popolari si moltiplicano in tutto il Venezuela: non solo nelle metropoli, ma anche nei villaggi più piccoli. È drammatico vedere piccoli centri urbani di 10 o 20mila persone tutte in piedi per protestare contro l’assoluta mancanza di cibo…
L’episcopato venezuelano è unito, ma spesso i sacerdoti mostrano posizioni variegate…
Credo che il miracolo dell’unità sia una grazia di Dio. Non soltanto l’episcopato è unito, ma anche i sacerdoti, le religiose e i laici. Una pecora che si è smarrita c’è sempre, ma ritengo che in questo momento in Venezuela non ci sia la situazione che si verificò in America Centrale degli anni 1980. Sarebbe terribile. La nostra unità è vera, non è soltanto una percezione.
E i militari?
Le forze armate vivono una situazione confusa perché sono divise. Il vertice è condizionato dai trafficanti di armi, dai narcotrafficanti e dai terroristi, e questo spiega perché non vedono di buon occhio un cambio di regime.
È possibile mantenere non violenta la risposta alla violenza del regime?
Non è facile, ma è ciò che facciamo ogni giorno. Viviamo l’anno della misericordia e del perdono. Ciò che il governo sta seminando è l’odio. Occorre allora mantenere un animo tranquillo, sereno e forte dell’amicizia e della disposizione del buon samaritano per coltivare l’amore fraterno verso tutti, amici e nemici. È una prova ardua, ma bella anche per noi pastori. Papa Francesco ha detto: non lasciatevi rubare la gioia. Credo che questa sia una virtù del popolo latinoamericano: anche in mezzo alle sofferenze il volto è sempre gioioso e sorridente.
Alle manifestazioni di piazza partecipano anche i giovani? E le donne? Anche le religiose?
Sono proprio i giovani e le donne i primi in tutte le manifestazioni, e le donne sono le più decise e determinate. La testimonianza poi delle religiose venezuelane è enorme. La maggioranza di loro è impegnata sul campo, nei quartieri poveri, coì che la gente le sente e le vede molto vicine. Non stanno al sicuro nei conventi, ma per strada in mezzo ai più poveri, nelle città così come in tutto il Paese.
Al popolo venezuelano giunge il sostegno della comunità internazionale?
Oggi il sostegno internazionale è più forte di qualche anno fa, ma è un po’ contraddittorio, perché i Paesi che si dicono amici del popolo venezuelano sono anche quelli che vendono le armi al governo. Quando c’è di mezzo il denaro, si dimentica tutto, soprattutto perché il governo, prima con Chávez e ora con Maduro, ha comperato l’appoggio di alcuni piccoli Paesi caraibici pagandoli in petrolio così che quasi tutto il denaro venezuelano viene da tempo speso per questo scopo. Non dimentichiamo che in seno all’ONU questi piccoli Paesi, per esempio Trinidad e Tobago (200mila persone), hanno peso uguale a quello dei Paesi più grandi (per esempio il Brasile che ha 200 milioni di abitanti). Ciononostante, credo che l’appoggio internazionale sia in aumento. Certamente la Comunità Europea e l’ONU fanno tutto il possibile per noi.
Qual è la posizione della conferenza episcopale latino americana (CELAM)?
Il rapporto che abbiamo con la CELAM è ottimo; io sono anche presidente della Caritas venezuelana. Ma il governo chiude tutte le vie per portare aiuto concreto in medicine o alimenti, e per di più controlla anche la corrispondenza privata e ogni tipo di comunicazione. I miei documenti per l’espatrio sono stati bloccati e solo attraverso la nunziatura ho potuto ottenerli. I giornali e le riviste sono sottoposte a censura.
Si sta formando un ceto dirigente alternativo? E se sì, qual è il ruolo che svolge la Chiesa?
La propaganda ufficiale ha da anni impregnato tutto il tessuto sociale del Paese, ma la Chiesa si è impegnata a formare i giovani nella dottrina sociale cattolica. Penso che i molti fallimenti del nostro governo, soprattutto in tema di diritti umani fondamentali, siano una occasione positiva per questa formazione alternativa. Il Venezuela ha conosciuto quarant’anni di vita democratica prima dell’avvento di questo regime; e quando si perde la libertà, si sente la necessità di ritrovarla.
Esistono movimenti popolari laicali ispirati alla dottrina sociale della Chiesa che possano guidare il cambiamento?
Le manifestazioni di questi ultimi mesi dicono di sì: la credibilità della Chiesa Cattolica e dell’episcopato venezuelano fanno sì che anche persone non vicine alla Chiesa mostrino fiducia, avvicinandovisi. È molto interessante per esempio che a Mérida, città dove si trovano le più varie scuole di pensiero, io stesso partecipi a incontri con docenti universitari, a volte una ventina e pure una trentina (la chiamo “arca di Noè” perché sono rappresentati tutti i tipi di pensiero), che mantengono un buon rapporto con la Chiesa. Soprattutto con i documenti della Chiesa “aparecida”, e ora con il magistero e la testimonianza di Papa Francesco, si è instaurato un rapporto molto bello. Penso che sia una occasione di crescita, forgiata da spiritualità nata nella sofferenza, nella passione e nel cammino della Resurrezione.