Gesù e Maria sono i più grandi artefici della pace nel mondo, ma anche noi dobbiamo cooperare
di Michele Brambilla
Papa Francesco augura anche lui «buon anno» ai fedeli cattolici di tutto il mondo affacciandosi per l’Angelus del 1 gennaio. Poi esorta: «Iniziamo il nuovo anno affidandolo a Maria Madre di Dio. Il Vangelo della Liturgia di oggi parla di lei, rimandandoci nuovamente all’incanto del presepe. I pastori vanno senza indugio verso la grotta e che cosa trovano? Trovano – dice il testo – “Maria, Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16)».
«Fermiamoci su questa scena», prosegue il Pontefice, «e immaginiamo Maria che, come mamma tenera e premurosa, ha appena adagiatoGesù nella mangiatoia. In quell’adagiare possiamo vedere un dono fatto a noi: la Madonna non tiene il Figlio per sé, ma lo presenta a noi; non lo stringe solo tra le sue braccia, ma lo depone per invitarci a guardarlo, accoglierlo e adorarlo. Ecco la maternità di Maria: il Figlio che è nato lo offre a tutti noi. Sempre dando il Figlio, indicando il Figlio, mai trattenendo come cosa propria il Figlio, no. E così durante tutta la vita di Gesù».
Maria protende verso il mondo il vero Principe della Pace, «e nel posarlo davanti ai nostri occhi, senza dire una parola, ci dona un messaggio stupendo: Dio è vicino, a portata di mano. Non viene con la potenza di chi vuole essere temuto, ma con la fragilità di chi chiede di essere amato; non giudica dall’alto di un trono, ma ci guarda dal basso come fratello, anzi, come figlio. Nasce piccolo e bisognoso perché nessuno debba più vergognarsi di sé stesso: proprio quando facciamo esperienza della nostra debolezza e della nostra fragilità, possiamo sentire Dio ancora più vicino, perché si è presentato a noi così, debole e fragile. È il Dio-bambino che nasce per non escludere nessuno. Per farci diventare tutti fratelli e sorelle».
«Ecco allora: il nuovo anno inizia con Dio che, in braccio alla Madre e adagiato in una mangiatoia, ci incoraggia con tenerezza» anche nelle difficili circostanze odierne, con una pandemia non ancora terminata e conseguenze economico-sociali ingenti all’orizzonte. «E contemplando Maria che adagia Gesù nella mangiatoia, mettendolo a disposizione di tutti, ricordiamo», ammonisce il Papa, «che il mondo cambia e la vita di tutti migliora solo se ci mettiamo a disposizione degli altri, senza aspettare che siano loro a cominciare a farlo. Se diventiamo artigiani di fraternità, potremo ritessere i fili di un mondo lacerato da guerre e violenze». Il cattolico è chiamato a cooperare alla Grazia: i discorsi sulla pace nel mondo rimangono platonici se non si concretizzano nella carità fraterna. La pace quindi è «Dono dall’alto: va implorata da Gesù, perché da soli non siamo in grado di custodirla. Possiamo costruire veramente la pace solo se l’abbiamo nel cuore, solo se la riceviamo dal Principe della pace. Ma la pace è anche impegno nostro: chiede di fare il primo passo, domanda gesti concreti. Si edifica con l’attenzione agli ultimi, con la promozione della giustizia, con il coraggio del perdono, che spegne il fuoco dell’odio. E ha bisogno pure di uno sguardo positivo: che si guardi sempre – nella Chiesa come nella società – non al male che ci divide, ma al bene che può unirci».
Il Santo Padre invita a prendere in mano due testi: il Messaggio per la Giornata della pace 2022, da lui stesso composto, e, salutando i pellegrini di un comune vicino a Sotto il Monte Giovanni XXIII, l’enciclica Pacem in terris del suo santo predecessore.
Sabato, primo gennaio 2022