Da Il Foglio del 25/03/2024
In Italia ci sono tanti poveri. Secondo i dati dell’Istat, nel 2023 vivono in povertà assoluta l’8,5 per cento delle famiglie e il 9,8 per cento degli individui, pari rispettivamente a 2 milioni e 234 mila famiglie per un totale di 5 milioni e 752 mila persone. Il dato è impressionante, il più alto dal 2014, ma “in un quadro di sostanziale stabilità rispetto al 2022” (quando la povertà toccava l’8,3 per cento di famiglie e il 9,7 per cento di individui). La crescita della povertà assoluta è stata costante, con l’eccezione del 2019 (anno di introduzione del Rdc, che ha fatto registrare un calo): i balzi in avanti ci sono stati nel 2017 e, soprattutto, nel 2020 con il Covid e nel 2022 con la crisi energetica e l’inflazione: le spese delle famiglie non sono riuscite a tenere il passo dell’aumento dei prezzi, in particolare dei beni essenziali che costituiscono il paniere della povertà assoluta e che hanno subìto rialzi più consistenti. In questo contesto, però, nel 2023 sono stati limitati i danni dell’erosione del potere d’acquisto. Come segnalato da una rilevazione dell’Istat di poche settimane fa, il potenziamento dell’Assegno unico per i figli e della decontribuzione per i salari più bassi hanno contrastato il rischio di povertà. Non è quindi esattamente come dice l’opposizione, che accusa il governo di aver prodotto il record storico di povertà assoluta, perché il record precedente era stato raggiunto quando i partiti di minoranza erano al governo e con un tasso di crescita della povertà ben superiore. Ciò, però, non vuol dire che il governo possa tirarsi fuori. Due dati indicano la direzione da perseguire: il primo è che la povertà assoluta aumenta tra gli occupati, specialmente i lavoratori dipendenti (mentre diminuisce tra inoccupati e pensionati); il secondo è che la povertà cresce e colpisce di più le famiglie con minori. Vuol dire che bisogna potenziare ulteriormente misure come l’Assegno unico e la decontribuzione, spingendo sul rinnovo dei contratti in modo che i lavoratori recuperino il potere d’acquisto perso durante due anni di forte inflazione.