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Il progresso tecnico non è un criterio né di moralità né di legalità: i fondamenti delle decisioni politiche sono i valori antropologici e morali

28 Ottobre 1998 - Autore: Alleanza Cattolica

Giovanni Paolo II, Cristianità n. 282 (1998)

 

Discorso ai partecipanti al II Incontro di Politici e Legislatori d’Europa organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia sul tema Diritti umani e diritti della famiglia, del 23-10-1998, nn. 1-2, in L’Osservatore Romano, 24-10-1998. Traduzione dal francese e titolo redazionali.

 

Il progresso tecnico non è un criterio né di moralità né di legalità: i fondamenti delle decisioni politiche sono i valori antropologici e morali

 

I progressi scientifici e tecnici impongono una riflessione morale seria e approfondita, così come legislazioni appropriate, per mettere la scienza al servizio dell’uomo e della società. Infatti, non dispensano nessuno dal porsi gli interrogativi morali fondamentali e dal trovare risposte adeguate per il buon ordine sociale (cfr. Enciclica Veritatis splendor, nn. 2-3).

Mentre s’impegnano a conoscere con chiarezza i diversi aspetti scientifici, quanti hanno il dovere di prendere decisioni politiche e sociali nelle loro nazioni sono chiamati a fondare la propria condotta essenzialmente sui valori antropologici e morali, e non sul progresso tecnico che, di per sé, non è né un criterio di moralità né un criterio di legalità. Nel corso di questo secolo, abbiamo potuto constatare in diverse occasioni in Europa che, quando i valori vengono negati, le decisioni pubbliche prese possono solo opprimere l’uomo e i popoli.

Come nell’Antichità, con Sofocle e con Cicerone, il filosofo contemporaneo Jacques Maritain ricorda che «il bene comune delle persone umane» consiste nella «buona vita della moltitudine» (I diritti dell’uomo e la legge naturale, p. 20). Il punto di partenza di questa filosofia è la persona umana, che «ha una dignità assoluta, poiché è in un rapporto diretto con l’assoluto» (ibid., p. 16). Si sa che alcuni ai nostri giorni vorrebbero giustificare l’opera del politico che «dovrebbe separare nettamente l’ambito della coscienza privata da quello del comportamento pubblico» (Evangelium vitæ, n. 69). Tuttavia, in realtà, il valore di quest’ultima, soprattutto nel quadro della vita democratica, «sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili, nonché l’assunzione del “bene comune” come fine e criterio regolativo della vita politica» (ibid., n. 70).

Giovanni Paolo II

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