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Il razzismo prima del razzismo

10 Maggio 2019 - Recensione di: Marco Invernizzi

Categoria:Saggi


Autore:Hannah Arendt


Pagine: 78


Prezzo: € 9,50


Anno: 2018


Editore:Castelvecchi, Roma – trad. it dell’edizione originale del 1944


ISBN: 9788832823158


Libreria San Giorgio

Soltanto due ideologie, nell’epoca moderna, sono riuscite a conquistare il consenso sufficiente per proporsi come “mondo nuovo”: il socialcomunismo, che si fonda sulla lotta fra le classi, e il nazionalsocialismo, che si basa sulla lotta fra le razze, auspicando un futuro guidato dagli ariani.

Siccome oggi si sta tornando a parlare e a scrivere, spesso a sproposito, di razzismo, torna utile leggere questo piccolo libro scritto nel 1944 dalla studiosa tedesca di origini ebraiche Hannah Arendt (1906-1975), celebre in particolare per le riflessioni sul totalitarismo.

Il testo descrive il “razzismo” prima del “razzismo di Stato” che conquista il potere in Germania nel 1933 grazie alla vittoria elettorale del partito nazionalsocialista e cerca di conquistare il mondo, avviando la Seconda guerra mondiale (1939-1945).
Nella grande confusione intellettuale che domina l’Ottocento, il «pensiero razziale» è semplicemente una delle tante opinioni correnti diffuse nell’epoca che precede, culmina e prosegue la Rivoluzione Francese (1789-1799).

In questi anni, diversi intellettuali manifestano una particolare attenzione alle differenti “razze” umane, attenzione che assume caratteristiche dialettiche che il cristianesimo aveva superato e debellato nel corso dei secoli precedenti, durante l’epoca della Cristianità. Pertanto un mondo storico implode e si formano diversi “partiti”, corrispondenti non soltanto a ideologie, ma anche a classi. Così i nobili emigrati, costretti a lasciare la Francia, pensano e cercano di organizzarsi come “casta separata” in contrapposizione al Terzo Stato e al mito giacobino della nazione, mentre successivamente il “pensiero razziale” si sviluppa in Germania grazie «ai patrioti prussiani e al romanticismo politico» (p. 27).

La vera trasformazione del “pensiero razziale” nel razzismo moderno avviene con il francese conte Arthur de Gobineau (1816-1882), che nel 1853 pubblica il Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane, tradotto in italiano dalle edizioni di Ar (2016, 2 ed.). De Gobineau «gradualmente, identificò il declino della propria casta con quello della Francia, quindi della civiltà occidentale e infine dell’intera umanità. In questo modo giunse a quella scoperta per cui si guadagnò l’ammirazione di scrittori e biografi posteriori, ovvero che il declino delle civiltà è dovuto alla degenerazione della razza e che questa a sua volta è causata dalla mescolanza del sangue» (p. 46).

Mezzo secolo dopo, il suo pensiero comincerà a essere utilizzato dall’ideologia che sfocerà nel razzismo.

La Arendt racconta appunto la storia di questo “pensiero razziale” che precede il razzismo e il suo testo è un piccolo ma utile contributo per comprendere meglio un tema difficile e delicato. Ne emerge come anzitutto il razzismo sia una ideologia della modernità che si afferma con il venire meno del senso comune cristiano. In secondo luogo, che è un’ideologia che incuba a lungo, sul piano storico, prima di essere assunta dal regime nazionalsocialista tedesco per un progetto di dominio. In terzo e ultimo luogo, che il razzismo è tanto contrario alla ragione e al bene degli uomini quanto è pericoloso per il semplicismo irrazionale che lo connota e che pare affascinare molti dentro un progetto di conquista globale. Proprio per questo il razzismo non va confuso, irresponsabilmente, come purtroppo avviene, con atteggiamenti popolari, peraltro sguaiati e deplorevoli, ma che niente hanno a che fare con l’ideologia del razzismo.

Libro adatto per chi vuole comprendere la genesi dell’ideologia razzista al di fuori degli stereotipi semplicistici molto diffusi

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Info Marco Invernizzi

Marco Invernizzi nasce a Milano nel 1952. Nel 1977 si laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi su Il periodico "Fede e Ragione" nell'ambito della storia del Movimento Cattolico italiano dal 1919 al 1929, relatore il professor Luigi Prosdocimi. Dopo gli studi universitari continua ad approfondire, in modo non puramente intellettualistico - dal 1972 milita in Alleanza Cattolica, della quale è stato responsabile per la Lombardia e per il Veneto fino al 2016 -, le vicende del movimento cattolico in Italia. Ha pubblicato, fra l'altro, Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), Mimep-Docete, 1995; L'Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici, Cristianità, 1993; I cattolici contro l’unità d’Italia? L’Opera dei Congressi (1874-1904), Piemme 2002; Il beato Contardo Ferrini. Il rigore della ricerca, il coraggio della fede (1859-1902), 2 ed. aggiornata e ampliata, Alberti, 2010; Luigi Gedda e il movimento cattolico in Italia, Sugarco 2012; San Giovanni Paolo II. Un’introduzione al suo Magistero, Sugarco, 2014; La famiglia in Italia dal divorzio al gender (con G. Cerrelli), Sugarco, 2017. Scrive regolarmente su Cristianità e su Tempi. Dal 1989 conduce a Radio Maria la trasmissione settimanale La voce del Magistero. Dal 28 maggio 2016 è Reggente nazionale di Alleanza Cattolica.
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