Il referendum su qualche punto della scala mobile ovvero la politica della confusione e il gioco delle parti messi in opera da partiti e da sindacati
Comunicato di Alleanza Cattolica
Mentre lo «spreco di Stato» non accenna a diminuire e si rivela sempre più chiaramente causa maggiore del processo inflazionistico, viene al pettine – dopo la tornata elettorale del 12 maggio 1985 – il nodo costituito da un provvedimento governativo – la legge 12 giugno 1984, che ha convertito in legge il decreto-legge 17 aprile 1984, numero 70 – che, anche se risibile dal punto di vista degli effetti quantitativi, è rivelatore dello sforzo della classe politica teso a disorientare nella identificazione dello «spreco di Stato» stesso ed è di non poca efficacia al fine di occultarlo, nonché allo scopo di introdurre cunei dialettici fra le categorie sociali dei lavoratori «autonomi» e di quelli «dipendenti».
Da tale inadeguato e derisorio intervento sul processo inflazionistico – operato attraverso il «raffreddamento» parziale e temporaneo della scala mobile – nasce l’imminente scontro referendario, in cui il Partito Comunista Italiano si è insidiosamente appropriato della risposta giusta – anche se, nella sua semplicità, non articolata – al quesito in campo, cioè del «sì» che respinge il principio della manipolazione irresponsabile della vita economica da parte dell’autorità pubblica. La forza più corposa della Rivoluzione italiana – che è solita alternare oppure sovrapporre manovre ora politiche ora «tribunizie» – si fa occasionale paladino di una rivendicazione che, a breve, è «economistica» e «operaistica», cioè salariale, mentre, in prospettiva, si palesa inequivocabilmente avversa a chi pratica di fatto una politica economica in tesi specifica del Partito Comunista stesso, cioè l’interventismo politico eccessivo, imprudente e manipolatore che caratterizza il capitalismo di Stato.
Così, il gioco delle parti all’interno dell’establishment partitico inquina massicciamente e irrimediabilmente la giusta. reazione dei lavoratori «dipendenti» e giunge in concreto – nonostante il tentativo di «inquinare» in senso anticomunistico la scelta già «inquinata» dai comunisti – a impedire che essa si possa esprimere correttamente e con la necessaria chiarezza. Infatti, votando «no» pare si avalli l’esorbitante interventismo politico in campo economico, espressione non ultima di totalitarismo, e sembra si neghi l’attenzione dovuta al lavoro «dipendente», sia pubblico che privato, che è primo fattore del processo produttivo in cui è inserito e che va protetto nel suo valore di principio e di fatto; ma votando «sì» si appalta in concreto al Partito Comunista la legittima reazione a una politica che, sia in genere che in specie, è caratteristica di questa forza sovversiva, e pare si apprezzi non soltanto la indicizzazione del reddito da lavoro – intesa a proteggerne in qualche modo il valore nelle diverse vicende della vita economica -, ma il suo attuale meccanismo perequatorio, proprio della vigente scala mobile.
Di fronte al dilemma falsato e pervertito, Alleanza Cattolica – mentre crede di dovere privilegiare la opzione referendaria semplicemente derivante da motivazioni politiche anticomunistiche – auspica che – oltre il referendum e le sue manipolazioni precedenti e prevedibilmente seguenti, nonché i ricatti e gli inganni che circondano il merito reale della consultazione – la società, in tutte le sue articolazioni, sappia riprendere in mano il suo destino, deviato e disorientato da una classe politica che non la rappresenta da un punto di vista sostanziale oppure che la rappresenta male da un punto di vista tecnico, anche attraverso la promozione e la valorizzazione di sindacati non organici al potere partitico, ma tesi alla lotta per una giustizia che comporti adeguata considerazione per la professionalità, difesa del salario e del suo potere economico, e diffusione della proprietà, in una prospettiva di solidarietà e di armonia sociali.
31 maggio 1985
Solennità della Visitazione di Maria