
Il celebre Altare di Isenheim non si conclude con la macabra Crocifissione, ma si presta a contemplare nella sua interezza il Mistero di Cristo
di Michele Brambilla
L’abate del monastero di Isenheim, in Alsazia, affidò nel 1512 a Mathis Gothart Nithart, meglio noto come Mathias Grünewald (1480-1528), un grande polittico, scolpito e dorato nella sua parte centrale e dipinto in quelle laterali. Il pittore dipinse le ante esterne, tanto che il polittico, capolavoro assoluto del tardogotico, è più celebre da chiuso che da aperto.
Proprio all’esterno, infatti, si trovano la Crocifissione e la Deposizione dalla Croce che rendono il polittico famoso in tutto il mondo, con il dito di san Giovanni Battista che si protende verso un Signore che si contorce sulle braccia della croce. L’obiettivo di Grünewald era rassicurare i degenti dell’ospedale gestito dai monaci sulla compartecipazione di Gesù ai loro dolori e ravvivare in essi la speranza della Risurrezione.
Il polittico, come detto, ha più di una sfaccettatura e nei suoi pannelli ripercorre tutta la vita di Cristo, dall’Annunciazione alla Risurrezione. Gli storici dell’arte pongono l’accento sugli episodi della vita adulta di Gesù, ma non sfugga l’incantevole tenerezza con cui il pittore ritrae la Madonna con il Bambino, o la perfezione degli edifici gotici che contrassegnano alcuni episodi dell’Infanzia di Cristo. Nithart sembra calcare la mano sugli aspetti abbruttenti della morte all’esterno per preparare ancora di più l’occhio del fedele alla meravigliosa sorpresa che si cela all’interno.
Se prendiamo infatti ad esempio la Risurrezione, essa è un trionfo della luce e del colore. Il volto di Gesù, frontale come nelle icone bizantine, quasi si perde nella marea luminosa che traspare dal suo corpo glorioso. Cristo non porta il tradizionale stendardo della vittoria, ma mostra le sue piaghe: sono esse l’autentica attestazione della vittoria pasquale. Non inganni l’enorme pietra rosseggiante che fa da sfondo: la tomba è a pavimento, seminascosta dal soldato che, tramortito, vi giace accanto. I soldati sono tre: due di essi si gettano a terra, accecati dalla luce, e voltano le spalle di fronte al grande Mistero.
A Dio, infatti, è piaciuto donare abbastanza luce per credere e mantenere un po’ di ombra per far sì che la conversione dell’uomo sia pienamente libera. Il sudario di Gesù unisce il Risorto alla tomba da cui è uscito: la gioia pasquale non elide la croce, ma permette di interpretarla in senso compiuto.
Contemplare il capolavoro di Grünewald alle soglie della Quaresima (che cominci di mercoledì o di domenica) permette, quindi, di cogliere il filo conduttore del tempo liturgico che sta per iniziare, ma anche di illuminare la vita terrena di ogni singolo essere umano con la luce dell’Eternità promessa e già realizzata pienamente in Cristo.
Sabato, primo marzo 2025