di Diego Torre
Il venerabile Nunzio Russo (1841-1906)
1. La formazione
Nunzio Giovanni Battista Russo nasce a Palermo il 30 ottobre 1841, quinto dei nove figli di Giuseppe († 1880) e di Anna Morello († 1879). Nella città natale frequenta le scuole elementari, quindi il Collegio Massimo, tenuto dai padri gesuiti, distinguendosi per l’impegno nello studio e per la condotta di vita. Frequenta anche la Congregazione di San Luigi Gonzaga e s’iscrive all’Oratorio di San Filippo Neri, dove intensifica la pratica della vita cristiana e matura la vocazione sacerdotale. Allo studio filosofico e teologico unisce quello di numerose lingue — greco, latino, caldaico, ebraico, tedesco, francese e inglese — e, non ancora sacerdote, viene chiamato dall’arcivescovo di Palermo, mons. Giovanni Battista Naselli (1786-1870), a insegnare Lettere Classiche nel seminario diocesano. Il 21 settembre 1861 riceve gli ordini minori ed è ordinato sacerdote il 15 aprile 1865.
La sua maturazione avviene in anni decisivi per la Sicilia che, nel 1860, in conseguenza di una riuscita rivolta anti-borbonica e della spedizione garibaldina dei Mille, viene annessa al futuro Regno d’Italia. Il nuovo ordine politico, però, non dà all’isola l’attesa autonomia e segna l’inizio della persecuzione anti-cattolica e della scristianizzazione. Uno dei primi atti del governo dittatoriale garibaldino che subentra alla Casa di Borbone è, significativamente, l’abolizione della censura sulle stampe e sugli spettacoli, atto che, sul piano morale, si traduce in incoraggiamento al libertinaggio. Il giovane Russo reagisce strappando dai muri i proclami rivoluzionari, che gli sembrano pericolosi per le coscienze, e raccogliendo fondi per comprare tutte le pubblicazioni oscene o anti-clericali e bruciarle pubblicamente. Comprende presto, però, la sterilità di tali gesti. La fine del regno borbonico e della protezione statale nei confronti della Chiesa, insieme alla soppressione degli ordini religiosi e all’incameramento dei beni ecclesiastici, richiedono una nuova configurazione della pastorale, che riprenda la tradizione siciliana del sacerdote missionario, adattandola alle nuove esigenze.
2. L’impegno missionario e l’apostolato della buona stampa
Dotato di grande spirito d’iniziativa, di zelo ardente e di energia inesauribile, don Russo decide di dedicare la propria vita alla rievangelizzazione della Sicilia, provata duramente dalla tempesta rivoluzionaria: «Più sento io il bisogno di appiccicare il fuoco da per ogni dove, sperimento in me stesso una spinta la quale non ha altra mira che la Sicilia. […] Di qui a pochi anni dovranno risorgere i templi caduti, rifiorire i gesuiti, i monaci, le vergini, il clero, i fedeli». Egli comprende che la rivoluzione liberale, limitando gli spazi della Chiesa nella vita pubblica, rappresenta un forte passo avanti del processo di secolarizzazione della società isolana. Si propone, pertanto, di custodire la fede del popolo e di suscitare nuovi apostoli, che siano in grado di permeare l’ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico. In questo progetto, accanto alla figura del prete missionario, riserva un grande ruolo alla valorizzazione apostolica della donna, ritenendo che lo slancio femminile sia «forte, più largo, più efficace».
I suoi primi impegni sono nel mondo dell’associazionismo cattolico e verso i poveri. Aderisce all’Associazione San Francesco di Sales per la difesa e la preservazione della fede — fondata nel 1857 a Parigi dallo scrittore d’apologetica e d’ascetica monsignor Louis-Gaston de Ségur (1820-1881) e istituita canonicamente a Palermo nel 1864 —, di cui diventa presto segretario, favorendone la diffusione nell’isola. Fonda tre Congregazioni di Spirito pei Poveri e per gli Operai, allo scopo di assicurare una formazione cristiana ai ceti popolari, minacciati dalla miscredenza. Collabora allo sviluppo dell’Associazione del Boccone del Povero, fondata dal beato Giacomo Cusmano (1834-1888). Nel 1867, in occasione dell’epidemia di colera che colpisce Palermo, si prodiga nell’assistenza ai malati e ai morenti, contraendo il male che lo porta in fin di vita, ma si riprende e può continuare l’attività apostolica. Entra nella Congregazione dei Pii Operai di Maria Santissima del Lume e predica nelle campagne palermitane, mostrando grande sensibilità verso la religiosità popolare, che difende contro la propaganda della borghesia positivista e rafforza con la diffusione dell’Apostolato della Preghiera e della devozione al Sacro Cuore di Gesù e al Papa.
Segretario del vescovo di Agrigento, mons. Domenico Turano (1814-1885), dal 1872 al 1874, promuove molteplici iniziative pastorali, sociali e culturali, che prosegue al suo ritorno a Palermo — per motivi di salute —, dove assume l’incarico di direttore diocesano dell’Associazione San Francesco di Sales. Grazie al suo zelo rifioriscono o sono istituite in tutta l’arcidiocesi le missioni popolari, le Pie Unioni delle Figlie di Maria, le congregazioni laicali, le scuole cattoliche e le società operaie.
Don Russo intuisce presto anche l’importanza dei libri e dei giornali, cioè dei mezzi di comunicazione di massa del tempo, per diffondere il pensiero cattolico, per creare e per indirizzare un movimento d’opinione e per promuovere il moderno associazionismo. Egli avverte anche il degrado morale derivante da un giornalismo corrotto e corruttore, che dissemina i più funesti errori, «[…] avvelenando la mente e il cuore degli incauti giovanetti e degli adulti illusi dalle fallaci teorie del liberalismo: illusione alla quale soggiacquero non pochi anche del clero». Collabora al quotidiano L’Ape Iblea, fondato nel 1868, e vi pubblica, il 13 giugno 1869, una lettera aperta a re Vittorio Emanuele II di Savoia (1820-1878) per chiedere l’esenzione dei chierici dalla leva militare: «Noi cattolici, che formiamo la vera Italia, siamo ormai stanchi degli ingiusti sacrifizi che ci si impongono in nome della libertà; siamo stanchi di sacrificare alle tendenze di un pugno di settari quanto abbiamo di più caro al mondo, e di vederci fatti continuo segno di tante leggi violente, di tanti progetti vergognosi, e della più nauseante tirannide, qual’è quella che si vela sotto il nome di libertà». La lettera è ripresa anche da L’Osservatore Romano, ma la risposta dello Stato è molto dura: il giornale viene sequestrato e don Russo subisce tredici giorni di carcere, quindi il domicilio coatto a Monreale (Palermo).
Le intimidazioni poliziesche non fermano lo slancio del sacerdote, che nel 1870 partecipa alla fondazione del giornale Il Fuoco dell’Etna e, dieci anni dopo, riesce finalmente ad aprire una tipografia e a fondare una pubblicazione settimanale religiosa popolare «a modicissimo prezzo», intitolata Letture Domenicali — che avrebbe avuto vita per circa settant’anni —, allo scopo di combattere il laicismo, il liberalismo e la massoneria. La tipografia, che dal 1884 potrà fregiarsi del titolo di «pontificia», diventa il centro editoriale cattolico più importante dell’isola, nonché la sede di molte iniziative nella città di Palermo.
Nel 1882 fonda la Congregazione di Sacerdoti per la Conservazione della Fede, che percorrono città e campagne, predicando ed evangelizzando, quindi l’istituto delle Figlie di San Francesco di Sales, con lo scopo principale di sostenere il clero nell’educazione cristiana e civile della gioventù femminile. Per la sua attività e per il suo attaccamento al Pontefice è insignito, nel 1888, della croce Pro Ecclesia et Pontifice.
3. L’impegno politico
Seguendo le sollecitazioni della Santa Sede, don Russo non si limita soltanto alla difesa della fede e della morale, ma insiste per il coinvolgimento dei cattolici nella vita pubblica. Convinto che solo l’unione delle forze cattoliche possa contrastare la preponderanza dei liberali nelle amministrazioni locali, dovuta al sistema elettorale censitario adottato nel regno, si prodiga per la costituzione del Comitato Cattolico di Santa Rosalia per le Elezioni Amministrative, che presenterà alcuni candidati nelle consultazioni del 1882 e del 1884. Il Comitato riporta parziali successi, ma deve cessare l’attività per le divisioni presenti in campo cattolico fra quanti preferivano appoggiare candidati «regionisti», cattolici o liberali moderati accomunati dalla rivendicazione dell’autonomia siciliana, e quanti ritenevano più opportuno sostenere candidati provenienti esclusivamente dal mondo cattolico.
Uomo di profonda dottrina e di profonda spiritualità, il sacerdote siciliano non è indifferente ai bisogni materiali delle classi più umili. Cogliendo i primi sintomi della questione operaia e del socialismo, nel 1884 crea i Consolati Operai, che seguono la tradizione delle dissolte maestranze e corporazioni di arti e mestieri, il cui tessuto sociale era ancora presente a Palermo. I Consolati si occupano di formazione cristiana, di mutuo soccorso, di collocamento per i soci disoccupati, di assistenza medica ed economica ai malati, di sussidi giornalieri per anziani, per invalidi, per vedove e per orfani, di prestiti ai soci e di suffragi funebri. Il loro statuto viene preso a modello dal conte Stanislao Medolago Albani (1851-1921), direttore della sezione di Economia Sociale Cristiana dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici — il primo organismo unitario nazionale dei cattolici italiani —, che si serve di quell’esperienza per elaborare uno statuto modello per le società operaie cristiane.
Don Russo contribuisce al risveglio di quest’organismo in Sicilia — fondato nell’isola nel 1881 —, che ha il suo coronamento nel 1895 con la celebrazione a Palermo del primo raduno regionale dell’Opera dei Congressi. In quell’occasione, però, emergono anche i primi contrasti fra gli «intransigenti» — cui apparteneva il sacerdote siciliano —, ostili alla Rivoluzione italiana, e i «democratici cristiani», che invece giudicavano positivamente il Risorgimento. Egli entra in polemica con i più accesi sostenitori di questa corrente, in particolare con don Luigi Sturzo (1871-1959), con don Romolo Murri (1870-1944) e con quei vescovi nelle cui diocesi si stava diffondendo la «zizzania della Democrazia». Si dichiara quindi contrario alla creazione di un partito d’«ispirazione cristiana», cioè aconfessionale, che agisca in totale indipendenza dalla gerarchia ecclesiastica, perché intuisce che finirebbe per sposare i princìpi della Rivoluzione francese, approdando al relativismo politico e morale. Nel giugno del 1896 rivolge ai cattolici siciliani l’invito a non chiudersi nelle chiese e a scendere in piazza, servendosi delle istituzioni liberali per far valere i propri diritti: «Bisogna organizzare l’azione in piazza, chiamiamola così, perché questa è l’azione voluta dai tempi. E la Grande Opera dei Congressi mira appunto a questo, ad organizzare cioè l’azione cattolica sociale».
L’ultimo periodo della sua vita è segnato da prove dolorose e anche dall’ostilità di uomini di Chiesa. A causa di contrasti di natura economica con la Curia palermitana viene costituita una commissione d’inchiesta sul suo operato, presieduta dal cardinale Michelangelo Celesia (1814-1904), arcivescovo di Palermo, il quale infine lo solleva dall’incarico di direttore dell’Associazione di San Francesco di Sales e decreta lo scioglimento degli istituti da lui fondati, negando anche l’approvazione a un suo catechismo. «Egli — scriverà il canonico Michele Cascavilla (1860-1919), una delle figure di rilievo del clero palermitano, un anno dopo la morte di don Russo — nella calma e serenità dell’uomo giusto, collo sguardo fisso costantemente sulla Croce del Redentore non si perdette d’animo neppure un istante solo: sopportò in pace la prova, alla Croce si strinse, e da eroe cristiano riportò il finale trionfo». Se la Congregazione di Sacerdoti per la Conservazione della Fede non risorgerà più, la Congregazione delle Figlie di San Francesco di Sales rinasce nella diocesi di Cefalù (Palermo) con la denominazione di Figlie della Croce e riceve l’approvazione canonica dell’ordinario del luogo, mons. Gaetano D’Alessandro (1834-1911), il 7 settembre 1893. Inoltre, dopo la morte del cardinale Celesia, il catechismo del sacerdote palermitano viene accolto favorevolmente da molti vescovi siciliani e adottato in tutte le parrocchie dell’isola.
Don Nunzio Russo muore a Palermo il 22 novembre 1906, instancabile fino alla fine, nonostante le precarie condizioni di salute.
Il 1° dicembre 2016, papa Francesco autorizza la promulgazione del decreto con cui don Nunzio Russo viene dichiarato venerabile, primo passo verso la beatificazione.
Diego Torre
26 ottobre 2018
Per approfondire: Mario Torcivia (a cura di), Don Nunzio Russo, teologo ed evangelizzatore. Atti della giornata di studio, Palermo, 21-11-2006, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2007 [comprende Francesco Conigliaro, La riflessione su Dio di Nunzio Russo; Cosimo Scordato, La teologia dell’eucarestia di Nunzio Russo; Francesco Lo Manto, Nunzio Russo e le missioni popolari in Sicilia; Salvatore Vacca, La tipografia pontificia e le «Letture Domenicali»; e Francesco Michele Stabile, La congregazione «De conservanda Fide». L’evangelizzazione dei poveri]; [Mons.] Cataldo Naro (1951-2006) (a cura di), Spiritualità e progetto apostolico di Nunzio Russo, presentazione di Salvatore De Giorgi, Salvatore Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001; Francesco Michele Stabile, Nunzio Russo, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 1997; e Francesca Riccobono, Le «Letture domenicali» e i ceti popolari in Sicilia. 1880-1906, in Nuovi quaderni del Meridione, anno XVIII, n. 71, luglio-settembre 1980, pp. 310-325, e n. 72, ottobre-dicembre 1980, pp. 466-498.